2009-12-10 15:20:11

Mons. Migliore sul vertice di Copenaghen: soluzioni tempestive contro il degrado


E’ giunto al quarto giorno di lavori il vertice Onu sui cambiamenti climatici, che si sta svolgendo a Copenaghen. All'indomani dello scontro fra Paesi avanzati e in via di sviluppo, il governo danese ha annunciato che presenterà una proposta di compromesso. La proposta sarà la prima a livello ufficiale posta sul tavolo della discussione. Il servizio di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

I tempi stringono, a Copenaghen, per raggiungere un accordo, o almeno una piattaforma su cui pianificare le azioni dei Paesi industrializzati ed in via di sviluppo. Le 192 delegazioni sono al lavoro, in attesa della seconda fase, quella ministeriale, che partirà sabato. E le trattative in corso hanno prodotto un primo risultato: ci sarebbe, infatti, un accordo tra i grandi Paesi in via di sviluppo che in un documento – ancora non ufficiale - riaffermano la propria fedeltà al Protocollo di Kyoto, che resta "lo strumento legale" con cui si chiede ai Paesi industrializzati la riduzione del 40% delle emissioni dei gas serra da qui al 2020 rispetto al 1990. La presa di posizione giunge in un momento piuttosto teso. Solo ieri, infatti, la Cina – il più grande ed importante tra i Paesi emergenti - aveva incalzato la Casa Bianca affinché aumentasse gli obiettivi di riduzione dell'anidride carbonica. Per il momento Washington ha annunciato un taglio del 17% di Co2 al 2020. Un livello insufficiente – ed è il parere anche dell’Unione Europea – per raggiungere l'obiettivo del 30% nello stesso anno. Per Pechino il taglio per i Paesi industrializzati dovrebbe essere invece del 25-40 per cento al 2020; solo in quel caso si impegnerebbe a ridurre della metà i gas serra al 2050. Una posizione dura, quella del gigante asiatico, che risulta una novità per la grande platea. Eppure già negli anni scorsi la Cina aveva ribadito il proprio impegno sul fronte dei cambiamenti climatici. Francesco Sisci, corrispondente a Pechino per il quotidiano La Stampa:

R. – C’era una politica che era iniziata a cambiare negli ultimi quattro o cinque anni con una maggiore attenzione all’inquinamento e tra questo c’era poi proprio l’impegno tra Cina e Italia che, secondo Pechino, è il modello di cooperazione ambientale in Cina fra tutti i Paesi al mondo.

 
D. – La presenza di Pechino a Copenaghen influenzerà alla fine in maniera concreta il Vertice o quello di questi giorni sono solo parole?

 
R. – Ci sarà un impatto molto forte, perché la Cina è oggi il maggiore inquinatore mondiale ed è anche la maggiore economia emergente. Questo potrà avere un impatto sia sui Paesi in via di sviluppo che in qualche modo dovranno cercare di allinearsi con la Cina, sia sui Paesi sviluppati che non possono permettersi di farsi lasciare indietro sul rispetto ambientale da parte della Cina.
 Il vertice Onu sui cambiamenti climatici di Copenaghen si sta dimostrando un utile tavolo di confronto internazionale, ma ripropone antiche contrapposizioni tra Paesi ricchi ed in via di sviluppo. Qual è il ruolo della Santa Sede? Salvatore Sabatino ha girato la domanda a mons. Celestino Migliore, osservatore permanente vaticano presso le Nazioni Unite, a New York, a capo della delegazione della Santa Sede al vertice di Copenaghen. Ascoltiamo:RealAudioMP3

R. – Negli ambiti del negoziato, il contributo della Santa Sede va nel senso di promuovere e appoggiare misure che si inseriscano nel principio della responsabilità comune ma differenziata, e delle rispettive capacità dei Paesi nel far fronte alle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. In dettaglio, non si tratta solamente di stabilire dei limiti alle emissioni di anidride carbonica, ma anche di garantire il mantenimento: regolare le emissioni di gas serra, per quanto sia importante, non può però lasciare nell’ombra altri tipi di inquinamento, forse ancora più dannoso. I fondi stanziati per l’adattamento e la mitigazione nei Paesi in via di sviluppo dovrebbero coprire progetti a corta ma anche a lunga scadenza, ed occorre metterli al riparo da ogni corruzione.

 
D. – Qual è il messaggio che lei personalmente porterà a Copenaghen?

 
R. – Un messaggio positivo e di speranza. I cambiamenti climatici non sono un problema a parte, ma rientrano nel quadro più ampio della salvaguardia del Creato, e l’ambiente, come dono di Dio, ha un valore proprio in quanto coltivato e curato – come ci dice la Bibbia. D’altra parte, la degradazione dell’ecosistema e l’impatto dei cambiamenti climatici sono sotto i nostri occhi: dobbiamo trovare soluzioni tempestive ed efficaci. E per essere credibili e meritare la fiducia della gente, occorre affinare il rapporto tra scienza e politica, tra verità e politica. E’ indispensabile coniugare cura dell’ambiente con formazione dello sviluppo; le soluzioni devono correre sui binari della giustizia e della solidarietà, dando corpo al principio di una responsabilità comune e mettendo gli impegni finanziari – ci saranno ingenti fondi che saranno stanziati – al riparo dalla corruzione.

 
D. – Benedetto XVI ha ribadito alla vigilia del Vertice di Copenaghen un appello alla responsabilità per cambiare lo stato delle cose. Come commentare quelle parole?

 
R. – Il Papa si è messo sul terreno delle motivazioni che devono incentivare e degli ideali che devono dare audacia e costanza a chi è chiamato a creare un accordo su impegni, traguardi, scadenze, cifre da stanziare, modalità di intervento … Parlando di Creazione, e non semplicemente di ambiente, ha posto la questione nella giusta prospettiva e ha ricordato a tutti che l’ambiente è un dono di Dio. Dunque, non si tratta solo di difenderlo ma di salvaguardarlo così come Dio ci ha invitato a fare. E poi, Benedetto XVI ha evidenziato il rapporto mutuo tra ambiente e sviluppo: non c’è l’uno senza l’altro. Chi deve prendere decisioni ha a disposizione non solo dati, cifre, tecnologie, pianificazioni e interessi nazionali e corporativi, ma soprattutto criteri della giustizia e della solidarietà.







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