Mons. Migliore sul vertice di Copenaghen: soluzioni tempestive contro il degrado
E’ giunto al quarto giorno di lavori il vertice Onu sui cambiamenti climatici, che
si sta svolgendo a Copenaghen. All'indomani dello scontro fra Paesi avanzati e in
via di sviluppo, il governo danese ha annunciato che presenterà una proposta di compromesso.
La proposta sarà la prima a livello ufficiale posta sul tavolo della discussione.
Il servizio di Salvatore Sabatino:
I tempi stringono,
a Copenaghen, per raggiungere un accordo, o almeno una piattaforma su cui pianificare
le azioni dei Paesi industrializzati ed in via di sviluppo. Le 192 delegazioni sono
al lavoro, in attesa della seconda fase, quella ministeriale, che partirà sabato.
E le trattative in corso hanno prodotto un primo risultato: ci sarebbe, infatti, un
accordo tra i grandi Paesi in via di sviluppo che in un documento – ancora
non ufficiale - riaffermano la propria fedeltà al Protocollo di Kyoto, che resta "lo
strumento legale" con cui si chiede ai Paesi industrializzati la riduzione del 40%
delle emissioni dei gas serra da qui al 2020 rispetto al 1990. La presa di posizione
giunge in un momento piuttosto teso. Solo ieri, infatti, la Cina – il più grande ed
importante tra i Paesi emergenti - aveva incalzato la Casa Bianca affinché
aumentasse gli obiettivi di riduzione dell'anidride carbonica. Per il momento Washington
ha annunciato un taglio del 17% di Co2 al 2020. Un livello insufficiente – ed è il
parere anche dell’Unione Europea – per raggiungere l'obiettivo del 30% nello stesso
anno. Per Pechino il taglio per i Paesi industrializzati dovrebbe essere invece del
25-40 per cento al 2020; solo in quel caso si impegnerebbe a ridurre della metà i
gas serra al 2050. Una posizione dura, quella del gigante asiatico, che risulta
una novità per la grande platea. Eppure già negli anni scorsi la Cina aveva ribadito
il proprio impegno sul fronte dei cambiamenti climatici. Francesco Sisci,
corrispondente a Pechino per il quotidiano La Stampa:
R. – C’era una
politica che era iniziata a cambiare negli ultimi quattro o cinque anni con una maggiore
attenzione all’inquinamento e tra questo c’era poi proprio l’impegno tra Cina e Italia
che, secondo Pechino, è il modello di cooperazione ambientale in Cina fra tutti i
Paesi al mondo.
D. – La presenza di Pechino a Copenaghen
influenzerà alla fine in maniera concreta il Vertice o quello di questi giorni sono
solo parole?
R. – Ci sarà un impatto molto forte,
perché la Cina è oggi il maggiore inquinatore mondiale ed è anche la maggiore economia
emergente. Questo potrà avere un impatto sia sui Paesi in via di sviluppo che in qualche
modo dovranno cercare di allinearsi con la Cina, sia sui Paesi sviluppati che non
possono permettersi di farsi lasciare indietro sul rispetto ambientale da parte della
Cina. Il vertice Onu sui cambiamenti climatici di Copenaghen
si sta dimostrando un utile tavolo di confronto internazionale, ma ripropone antiche
contrapposizioni tra Paesi ricchi ed in via di sviluppo. Qual è il ruolo della Santa
Sede? Salvatore Sabatino ha girato la domanda a mons. Celestino Migliore,
osservatore permanente vaticano presso le Nazioni Unite, a New York, a capo della
delegazione della Santa Sede al vertice di Copenaghen. Ascoltiamo:
R. – Negli
ambiti del negoziato, il contributo della Santa Sede va nel senso di promuovere e
appoggiare misure che si inseriscano nel principio della responsabilità comune ma
differenziata, e delle rispettive capacità dei Paesi nel far fronte alle misure di
mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. In dettaglio, non si tratta solamente
di stabilire dei limiti alle emissioni di anidride carbonica, ma anche di garantire
il mantenimento: regolare le emissioni di gas serra, per quanto sia importante, non
può però lasciare nell’ombra altri tipi di inquinamento, forse ancora più dannoso.
I fondi stanziati per l’adattamento e la mitigazione nei Paesi in via di sviluppo
dovrebbero coprire progetti a corta ma anche a lunga scadenza, ed occorre metterli
al riparo da ogni corruzione.
D. – Qual è il messaggio
che lei personalmente porterà a Copenaghen?
R. –
Un messaggio positivo e di speranza. I cambiamenti climatici non sono un problema
a parte, ma rientrano nel quadro più ampio della salvaguardia del Creato, e l’ambiente,
come dono di Dio, ha un valore proprio in quanto coltivato e curato – come ci dice
la Bibbia. D’altra parte, la degradazione dell’ecosistema e l’impatto dei cambiamenti
climatici sono sotto i nostri occhi: dobbiamo trovare soluzioni tempestive ed efficaci.
E per essere credibili e meritare la fiducia della gente, occorre affinare il rapporto
tra scienza e politica, tra verità e politica. E’ indispensabile coniugare cura dell’ambiente
con formazione dello sviluppo; le soluzioni devono correre sui binari della giustizia
e della solidarietà, dando corpo al principio di una responsabilità comune e mettendo
gli impegni finanziari – ci saranno ingenti fondi che saranno stanziati – al riparo
dalla corruzione.
D. – Benedetto XVI ha ribadito
alla vigilia del Vertice di Copenaghen un appello alla responsabilità per cambiare
lo stato delle cose. Come commentare quelle parole?
R.
– Il Papa si è messo sul terreno delle motivazioni che devono incentivare e degli
ideali che devono dare audacia e costanza a chi è chiamato a creare un accordo su
impegni, traguardi, scadenze, cifre da stanziare, modalità di intervento … Parlando
di Creazione, e non semplicemente di ambiente, ha posto la questione nella giusta
prospettiva e ha ricordato a tutti che l’ambiente è un dono di Dio. Dunque, non si
tratta solo di difenderlo ma di salvaguardarlo così come Dio ci ha invitato a fare.
E poi, Benedetto XVI ha evidenziato il rapporto mutuo tra ambiente e sviluppo: non
c’è l’uno senza l’altro. Chi deve prendere decisioni ha a disposizione non solo dati,
cifre, tecnologie, pianificazioni e interessi nazionali e corporativi, ma soprattutto
criteri della giustizia e della solidarietà.