Lettera dei vescovi della Patagonia a Ban Ki-moon per il vertice sul clima
E’ indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki–moon, la lettera
che i vescovi della Chiesa cattolica della Patagonia (Cile e Argentina) hanno scritto
in occasione del Vertice di Copenaghen sui cambiamenti climatici. “Consapevoli dell'enorme
responsabilità delle decisioni delle autorità politiche di tutti i Paesi riguardo
la pace sociale, lo sviluppo dei popoli, il presente e il futuro della storia, i cambiamenti
climatici, l'energia, l'ambiente, e in particolare l'acqua”, i vescovi si dicono “felici
di vivere in Patagonia, terra rigogliosa benedetta da Dio”, che vogliono “proteggere,
curare e rispettare”. Manifestano poi la loro preoccupazione per le minacce alla Patagonia
che potrebbero danneggiare seriamente e in maniera irreversibile la natura e la vita
umana di questa "riserva di vita" del pianeta. Quindi i vescovi - riferisce l'agenzia
Fides - chiedono che “nell'ordine del giorno del Vertice ONU di Copenaghen, si aggiunga
il tema dell'Acqua nelle discussioni” e così possa avere una notevole importanza nei
Trattati post-Kyoto (2012), perché l’acqua dolce è un elemento vitale e fonte di vita,
che non può essere sostituito. Inoltre essa è un dono di Dio, come tutta la vita,
e fonte di vita (terra, aria, acqua, luce) e quindi “è un diritto umano, è patrimonio
comune dell'umanità e non può essere privatizzato e neanche mercificato”. Propongono
quindi l’elaborazione a breve termine di un Piano Mondiale dell'Acqua; la promozione
in tutti i paesi della gestione delle risorse idriche con la partecipazione del settore
pubblico, del settore privato, di comunità locali e istituzioni. L’ONU infine deve
farsi promotore della cultura della Vita, secondo il tema proposto da Benedetto XVI
per la prossima Giornata mondiale per la Pace del 1° gennaio 2010: "Se vuoi coltivare
la pace, custodisci il creato". “La Patagonia – concludono i vescovi - vuole aiutare
ad accrescere la consapevolezza in modo che l'acqua non diventi il simbolo e il mezzo
di nuove colonizzazioni e schiavitù nel secolo XXI”. (R.P.)