2009-12-06 14:24:45

Messa del cardinale Vallini al carcere romano di Regina Coeli: il Natale sia un momento di rinascita anche per i detenuti


“Vi porto il saluto e gli auguri del Santo Padre”: così, il cardinale vicario della diocesi di Roma, Agostino Vallini, ha aperto la celebrazione eucaristica in preparazione al Santo Natale, che si è tenuta questa mattina nel carcere di Regina Coeli. Alla Messa erano presenti volontari, guardie carcerarie e un centinaio di detenuti della casa circondariale. Il servizio di Marina Tomarro:RealAudioMP3

"Nel deserto della vita è possibile aprire una nuova strada. Anche io ho passato momenti difficili e la mia forza è stata sempre la Parola di Dio. Che sia anche per voi così". Con questo messaggio di speranza, il cardinale Vallini ha salutato i detenuti presenti alla Messa in preparazione al Natale. Ma cosa vuol dire vivere questo giorno di festa in carcere? Padre Vittorio Trani, cappellano del carcere Regina Coeli:

 
“Se dovessi fare una sintesi di come si vive il Natale in carcere, direi che è il giorno più pesante. Ma non perché il Natale sia pesante, ma per quello che rappresenta: è un giorno di grossa difficoltà, per loro, perché sono lontani dai parenti, dai figlioli, dalla famiglie … Non ho visto mai piangere se non a Natale, molti detenuti. E’ un giorno che, in genere, si prepara bene, si cerca di viverlo al meglio e proprio questa condivisione porta anche a pensare che cos’è il Natale in sé e alle cose a cui si rinuncia rimanendo in carcere, stando lontano dalla famiglia”.
 
Molto sentita è stata la partecipazione dei detenuti a questa celebrazione. Il commento del cardinale Agostino Vallini:

 
“Il padre Vittorio Trani mi ha spiegato il senso della rotonda di Regina Coeli, dove transita un mondo pieno di angoscia, di dolore, di fragilità, di peccato, ma anche un mondo dove avviene la ricostruzione. Questo è il luogo della preghiera: Regina Coeli non ha una cappella e i detenuti, la domenica, si ritrovano qui a celebrare e – vorrei dire – a ricominciare la loro vita, ad avere la fiducia di ricominciare. Perché dove il Signore entra, lì si può ricominciare. Naturalmente, anche noi che siamo fuori dobbiamo far qualcosa per aiutare questi uomini a ricominciare. Penso quanto sarebbe importante far crescere il senso di solidarietà, per esempio offrendo lavoro a queste persone. Il carcere non è la soluzione a tante devianze; è una soluzione d’emergenza. Ma la soluzione vera, forse, è quella di ridare occasioni di dignità a questi uomini”.
 
E dopo la celebrazione, il porporato, rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, ha ricordato la dolorosa vicenda di Stefano Cucchi:

 
“Certamente, tanta vicinanza, tanta sofferenza. Un vescovo non può non essere accanto a chiunque soffra proprio nel nome del Signore. Le vie misteriose della vita, che sono molto più grandi di noi, possono però essere illuminanti per tutti. Speriamo che certe vicende non si ripetano”.







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