Messa del cardinale Vallini al carcere romano di Regina Coeli: il Natale sia un momento
di rinascita anche per i detenuti
“Vi porto il saluto e gli auguri del Santo Padre”: così, il cardinale vicario della
diocesi di Roma, Agostino Vallini, ha aperto la celebrazione eucaristica in preparazione
al Santo Natale, che si è tenuta questa mattina nel carcere di Regina Coeli. Alla
Messa erano presenti volontari, guardie carcerarie e un centinaio di detenuti della
casa circondariale. Il servizio di Marina Tomarro:
"Nel deserto
della vita è possibile aprire una nuova strada. Anche io ho passato momenti difficili
e la mia forza è stata sempre la Parola di Dio. Che sia anche per voi così". Con questo
messaggio di speranza, il cardinale Vallini ha salutato i detenuti presenti alla Messa
in preparazione al Natale. Ma cosa vuol dire vivere questo giorno di festa in carcere?
Padre Vittorio Trani, cappellano del carcere Regina Coeli:
“Se
dovessi fare una sintesi di come si vive il Natale in carcere, direi che è il giorno
più pesante. Ma non perché il Natale sia pesante, ma per quello che rappresenta: è
un giorno di grossa difficoltà, per loro, perché sono lontani dai parenti, dai figlioli,
dalla famiglie … Non ho visto mai piangere se non a Natale, molti detenuti. E’ un
giorno che, in genere, si prepara bene, si cerca di viverlo al meglio e proprio questa
condivisione porta anche a pensare che cos’è il Natale in sé e alle cose a cui si
rinuncia rimanendo in carcere, stando lontano dalla famiglia”. Molto
sentita è stata la partecipazione dei detenuti a questa celebrazione. Il commento
del cardinale Agostino Vallini:
“Il
padre Vittorio Trani mi ha spiegato il senso della rotonda di Regina Coeli, dove transita
un mondo pieno di angoscia, di dolore, di fragilità, di peccato, ma anche un mondo
dove avviene la ricostruzione. Questo è il luogo della preghiera: Regina Coeli non
ha una cappella e i detenuti, la domenica, si ritrovano qui a celebrare e – vorrei
dire – a ricominciare la loro vita, ad avere la fiducia di ricominciare. Perché dove
il Signore entra, lì si può ricominciare. Naturalmente, anche noi che siamo fuori
dobbiamo far qualcosa per aiutare questi uomini a ricominciare. Penso quanto sarebbe
importante far crescere il senso di solidarietà, per esempio offrendo lavoro a queste
persone. Il carcere non è la soluzione a tante devianze; è una soluzione d’emergenza.
Ma la soluzione vera, forse, è quella di ridare occasioni di dignità a questi uomini”. E
dopo la celebrazione, il porporato, rispondendo alle domande dei giornalisti presenti,
ha ricordato la dolorosa vicenda di Stefano Cucchi:
“Certamente,
tanta vicinanza, tanta sofferenza. Un vescovo non può non essere accanto a chiunque
soffra proprio nel nome del Signore. Le vie misteriose della vita, che sono molto
più grandi di noi, possono però essere illuminanti per tutti. Speriamo che certe vicende
non si ripetano”.