Al Policlinico Gemelli, presentata l'Associazione italiana ginecologi e ostetrici
cattolici. Intervista con il prof. Giuseppe Noia
In occasione del convegno “La difesa della vita nascente”, a 30 anni dall’apertura
del Day Hospital ostetrico del Policlinico Gemelli, è stata presentata oggi, nell’ateneo
romano, la nuova Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Coordinatore
dei lavori odierni e presidente della nuova associazione è il prof. Giuseppe Noia,
responsabile del Centro diagnosi e terapia fetale del Gemelli, che al microfono di
Gabriella Ceraso, fa il punto della situazione sulla difesa della vita nascente
alla luce dell’esperienza del Policlinico romano:
R. - Il valore
vita viene minacciato in tutte le sue varie forme. Non è una valutazione come cattolico,
ma è un fatto osservazionale. Noi abbiamo lavorato in questi 30 anni cercando di dimostrare
con i fatti, che una buona scienza ha bisogno di una buona etica, e che una buona
etica fonda il concetto di servizio alla persona umana. Questo è quello che ci ha
guidati per informare correttamente le persone. Spesso è in nome di un’informazione
non rigorosa che si fanno delle scelte devastanti a livello personale e indirettamente
anche sociale.
D. - In questo contesto nasce l’Associazione
italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Qual è la missione lo specifico?
R.
- L’Associazione nasce come costituzione il 25 marzo, la festa dell’annunciazione
di Gesù concepito. Sul piano laico è un'Associazione di medici di ispirazione cattolica
che però vogliono proporre un linguaggio che è basato su dati scientifici, su fondamenti
filosofici, giuridici, antropologici per aprire degli spazi di riflessione sulla dignità
della persona umana, che possono essere accettabili da credenti e da non credenti.
D.
- A tenere banco in questo periodo, proprio a proposito di difesa della vita, è il
dibattito sulla RU486. Qual è il vostro pensiero a riguardo?
R.
- Il nostro pensiero nasce da un’osservazione scientifica che l’embrione è un protagonista
sin da subito, interagisce in maniera relazionata con la propria madre. Questa sua
relazione gli conferisce quel rispetto al quale ogni persona umana ha diritto. Tali
concetti dovrebbero essere più conosciuti, per lo meno più sostenuti e se uno li vuole
controbattere, con argomentazioni che siano però scientificamente valide.
D.
- Professore, è facile perdere di vista la dimensione etica, trasformarsi in manipolatori,
in vista anche di una pressione sociale che può gravare sul medico?
R.
- Sicuramente, la pressione sociale c’è, ma questo non toglie il fatto che noi abbiamo
pronunciato un giuramento che oggi non viene più considerato, quello di Ippocrate.
Io non vedo la differenza che c’è quando noi ci strappiamo le vesti dinanzi a tante
aggressioni alla vita - come la pedofilia, come le violenze sulle donne - e il valore
della vita nascente solo perché non viene visto, non viene considerato. Questo tipo
di cultura che è una cultura di morte, si sta suicidando, mentre la cultura della
vita, offre sempre degli investimenti nella persona umana.