2009-12-01 15:00:14

In vigore il Trattato di Lisbona: le istituzioni Ue parlano di “nuova era”


Lisbona celebra questa sera con fuochi d'artificio e una breve cerimonia ufficiale alla Torre di Belem l'entrata in vigore del Trattato dell'Unione Europea cui ha dato il suo nome, approvato due anni fa al termine dell'ultimo semestre di Presidenza europea del Portogallo. In programma discorsi dei presidenti della Commissione e dell'Europarlamento, José Manuel Barroso e Jerzy Buzek, e del nuovo presidente permanente del Consiglio europeo, il belga Herman Van Rumpuy. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

 
L’Unione Europea riforma le istituzioni e il loro funzionamento. Con l'entrata in vigore del nuovo Trattato, il Parlamento Ue - unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini - rafforzerà molto i suoi poteri: acquisirà un potere determinante ad esempio su agricoltura, immigrazione, bilancio e fondi strutturali che fino ad oggi sono stati fuori dal suo campo di competenza. E ci sono poi le nuove figure di riferimento: un presidente in carica per due anni e mezzo e non più per sei mesi, e un ministro degli Esteri che dovrebbe rappresentare l’UE sulla scena internazionale. Viene inoltre ridimensionato il diritto di veto di un singolo Paese nell’ambito del Consiglio europeo, il tavolo dei capi di Stato e di governo: non più voto all’unanimità (davvero difficile a 27) ma a maggioranza qualificata, praticamente per tutte le proposte normative ad eccezione di quelle riguardanti la politica estera e di sicurezza (Pesc-Pesd) e le questioni fiscali. Domani anche la Carta dei diritti fondamentali dei cittadini acquisirà la forza di un Trattato e la Corte di giustizia (da distinguere dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che fa capo al Consiglio d’Europa organismo a 47 Paesi distinto dall’UE) sarà chiamata a giudicare sul rispetto dei suoi principi da parte degli Stati membri. Vale per tutti, tranne Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca, i quali, ricorrendo alla clausola di 'opt-out', hanno chiesto di non aderire a questa parte del nuovo Trattato. Ma c’è anche un’opzione per chi piuttosto vuole maggiore integrazione: un gruppo ristretto di Paesi potrà decidere di formare un'avanguardia e procedere più rapidamente degli altri. Se questo avverrà nel campo della Difesa, ad esempio per la formazione di un esercito 'europeo', si chiamerà 'cooperazione strutturata'. Se invece interesserà altri settori prenderà il nome di 'cooperazione rafforzata' e dovrà coinvolgere almeno nove Paesi. Diciamo che l'attesa è durata ben otto anni: partito nel 2001 tra grandi aspettative, il lavoro della Convenzione sul futuro dell'Europa aveva portato a un Trattato costituzionale affossato nel 2005 dai referendum in Francia e Olanda. Sulle sue ceneri è nato Lisbona, meno ambizioso nella forma ma con contenuti innovativi che superano i precedenti Trattati.

Per riflettere su quale sarà da oggi in poi l’Europa dei 27, Giancarlo La Vella ha intervistato il prof. Vincenzo Buonomo, docente di Diritto Internazionale alla Pontificia Università Lateranense:RealAudioMP3

R. – Certamente è un’Europa che cercherà di rafforzare la sua capacità operativa e non soltanto in termini di efficienza, ma anche in termini di risultati concreti, che possono riguardare un po’ tutti i cittadini. E’ un’Europa che ha ancora bisogno di tanti passaggi, per poter veramente essere un sistema integrato. Non siamo di fronte ad un’Europa federale, così come ci aveva prospettato la Costituzione firmata a Roma nel 2004, ma siamo di fronte ad un processo intergovernativo che è maggiormente integrato. Alcuni elementi sono di immediata recezione e penso alla figura del presidente del Consiglio europeo, che durerà in carica per due anni e mezzo e, quindi non un cambio ogni sei mesi; penso alla figura dell’Alto Rappresentante per la politica estera comune, anche se questo aspetto rimane ancora saldamente nelle mani degli Stati membri, perché non c’è una devoluzione completa di competenze all’Unione per questo settore.

 
D. – Proprio su questo aspetto sono tante ancora le materie importanti che rimangono di competenza dei singoli Stati. Perché non si è voluto cedere su questo punto?

 
R. – Io credo che gli Stati, con molto realismo, abbiano preso atto che siamo ancora lontani dall’idea di una Federazione di Stati europei. Ognuno mantiene saldamente il proprio ambito di sovranità e, quindi, di decisione. Le procedure rimangono quelle proprio di co-decisione o di armonizzazione delle legislazioni. Per alcuni aspetti ci sono dei passi in avanti e penso, per esempio, a tutta la questione del bilancio della comunità, al ruolo che potrà avere il Parlamento. Rimane, però, l’amarezza di fronte al limitato riferimento ad aspetti cosiddetti fondativi dell’integrazione europea e penso, ad esempio, alla dimensione più direttamente religiosa e quindi ai diritti legati alla libertà religiosa.

 
D. – Il nuovo ruolo più decisivo del Parlamento europeo fa intravedere anche una considerazione maggiore per il singolo cittadino?

 
R. – Il Parlamento europeo continua ad essere una grande cassa di risonanza in cui si esprimono valutazioni e istanze che provengono da realtà diverse presenti in Europa. Bisognerebbe in ogni caso che il Parlamento potesse veramente reagire come corpo unitario dei popoli unitari e portare cioè nell’ambito delle competenze dell’Unione anche quegli aspetti che interessano in genere tutti i cittadini europei e non soltanto una parte di essi.

 
D. – Sarà da oggi in poi un’Europa che parlerà ad una voce sola con i grandi del mondo?

 
R. – Certamente per quanto riguarda la risposta al famoso quesito “Chi è l’Europa?”, credo che la risposta sia ancora da costruire e proprio in ragione del funzionamento che l’Unione avrà.

 
D. – Prof. Buonomo, c’è una considerazione particolare per le prerogative fondamentali della persona?

 
R. – Il Trattato di Lisbona incorpora quella che è la Carta d’inizio dei diritti fondamentali del cittadino europeo e questo, però, con luci ed ombre che sono intorno a quelle disposizioni. Penso, per esempio, a tutte le questioni riguardanti le interpretazioni dei diritti e di alcuni diritti particolari come quelli riguardanti la famiglia o riguardanti le cosiddette situazioni sensibili.







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