In vigore il Trattato di Lisbona: le istituzioni Ue parlano di “nuova era”
Lisbona celebra questa sera con fuochi d'artificio e una breve cerimonia ufficiale
alla Torre di Belem l'entrata in vigore del Trattato dell'Unione Europea cui ha dato
il suo nome, approvato due anni fa al termine dell'ultimo semestre di Presidenza europea
del Portogallo. In programma discorsi dei presidenti della Commissione e dell'Europarlamento,
José Manuel Barroso e Jerzy Buzek, e del nuovo presidente permanente del Consiglio
europeo, il belga Herman Van Rumpuy. Il servizio di Fausta Speranza:
L’Unione
Europea riforma le istituzioni e il loro funzionamento. Con l'entrata in vigore del
nuovo Trattato, il Parlamento Ue - unica istituzione europea eletta direttamente dai
cittadini - rafforzerà molto i suoi poteri: acquisirà un potere determinante ad esempio
su agricoltura, immigrazione, bilancio e fondi strutturali che fino ad oggi sono stati
fuori dal suo campo di competenza. E ci sono poi le nuove figure di riferimento: un
presidente in carica per due anni e mezzo e non più per sei mesi, e un ministro degli
Esteri che dovrebbe rappresentare l’UE sulla scena internazionale. Viene inoltre ridimensionato
il diritto di veto di un singolo Paese nell’ambito del Consiglio europeo, il tavolo
dei capi di Stato e di governo: non più voto all’unanimità (davvero difficile a 27)
ma a maggioranza qualificata, praticamente per tutte le proposte normative ad eccezione
di quelle riguardanti la politica estera e di sicurezza (Pesc-Pesd) e le questioni
fiscali. Domani anche la Carta dei diritti fondamentali dei cittadini acquisirà la
forza di un Trattato e la Corte di giustizia (da distinguere dalla Corte Europea dei
diritti dell’uomo che fa capo al Consiglio d’Europa organismo a 47 Paesi distinto
dall’UE) sarà chiamata a giudicare sul rispetto dei suoi principi da parte degli Stati
membri. Vale per tutti, tranne Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca, i quali,
ricorrendo alla clausola di 'opt-out', hanno chiesto di non aderire a questa parte
del nuovo Trattato. Ma c’è anche un’opzione per chi piuttosto vuole maggiore integrazione:
un gruppo ristretto di Paesi potrà decidere di formare un'avanguardia e procedere
più rapidamente degli altri. Se questo avverrà nel campo della Difesa, ad esempio
per la formazione di un esercito 'europeo', si chiamerà 'cooperazione strutturata'.
Se invece interesserà altri settori prenderà il nome di 'cooperazione rafforzata'
e dovrà coinvolgere almeno nove Paesi. Diciamo che l'attesa è durata ben otto anni:
partito nel 2001 tra grandi aspettative, il lavoro della Convenzione sul futuro dell'Europa
aveva portato a un Trattato costituzionale affossato nel 2005 dai referendum in Francia
e Olanda. Sulle sue ceneri è nato Lisbona, meno ambizioso nella forma ma con contenuti
innovativi che superano i precedenti Trattati.
Per riflettere su quale
sarà da oggi in poi l’Europa dei 27, Giancarlo La Vella ha intervistato il
prof. Vincenzo Buonomo, docente di Diritto Internazionale alla Pontificia Università
Lateranense:
R. – Certamente
è un’Europa che cercherà di rafforzare la sua capacità operativa e non soltanto in
termini di efficienza, ma anche in termini di risultati concreti, che possono riguardare
un po’ tutti i cittadini. E’ un’Europa che ha ancora bisogno di tanti passaggi, per
poter veramente essere un sistema integrato. Non siamo di fronte ad un’Europa federale,
così come ci aveva prospettato la Costituzione firmata a Roma nel 2004, ma siamo di
fronte ad un processo intergovernativo che è maggiormente integrato. Alcuni elementi
sono di immediata recezione e penso alla figura del presidente del Consiglio europeo,
che durerà in carica per due anni e mezzo e, quindi non un cambio ogni sei mesi; penso
alla figura dell’Alto Rappresentante per la politica estera comune, anche se questo
aspetto rimane ancora saldamente nelle mani degli Stati membri, perché non c’è una
devoluzione completa di competenze all’Unione per questo settore.
D.
– Proprio su questo aspetto sono tante ancora le materie importanti che rimangono
di competenza dei singoli Stati. Perché non si è voluto cedere su questo punto?
R.
– Io credo che gli Stati, con molto realismo, abbiano preso atto che siamo ancora
lontani dall’idea di una Federazione di Stati europei. Ognuno mantiene saldamente
il proprio ambito di sovranità e, quindi, di decisione. Le procedure rimangono quelle
proprio di co-decisione o di armonizzazione delle legislazioni. Per alcuni aspetti
ci sono dei passi in avanti e penso, per esempio, a tutta la questione del bilancio
della comunità, al ruolo che potrà avere il Parlamento. Rimane, però, l’amarezza di
fronte al limitato riferimento ad aspetti cosiddetti fondativi dell’integrazione europea
e penso, ad esempio, alla dimensione più direttamente religiosa e quindi ai diritti
legati alla libertà religiosa.
D. – Il nuovo ruolo
più decisivo del Parlamento europeo fa intravedere anche una considerazione maggiore
per il singolo cittadino?
R. – Il Parlamento europeo
continua ad essere una grande cassa di risonanza in cui si esprimono valutazioni e
istanze che provengono da realtà diverse presenti in Europa. Bisognerebbe in ogni
caso che il Parlamento potesse veramente reagire come corpo unitario dei popoli unitari
e portare cioè nell’ambito delle competenze dell’Unione anche quegli aspetti che interessano
in genere tutti i cittadini europei e non soltanto una parte di essi.
D.
– Sarà da oggi in poi un’Europa che parlerà ad una voce sola con i grandi del mondo?
R.
– Certamente per quanto riguarda la risposta al famoso quesito “Chi è l’Europa?”,
credo che la risposta sia ancora da costruire e proprio in ragione del funzionamento
che l’Unione avrà.
D. – Prof. Buonomo, c’è una considerazione
particolare per le prerogative fondamentali della persona?
R.
– Il Trattato di Lisbona incorpora quella che è la Carta d’inizio dei diritti fondamentali
del cittadino europeo e questo, però, con luci ed ombre che sono intorno a quelle
disposizioni. Penso, per esempio, a tutte le questioni riguardanti le interpretazioni
dei diritti e di alcuni diritti particolari come quelli riguardanti la famiglia o
riguardanti le cosiddette situazioni sensibili.