Attentati a Mosul: cristiani iracheni sempre più abbandonati
La comunità cristiana irachena continua a rimanere sotto attacco. Dopo il drammatico
attentato che ieri ha distrutto a Mosul la Chiesa di Sant'Efrem e danneggiato la Casa
madre delle suore domenicane di Santa Caterina, crescono la paura tra i cristiani
rimasti nel Paese e lo smarrimento di fronte al disinteresse della comunità internazionale.
Stefano Leszczynski ha intervistato il procuratore caldeo a Roma, il corepiscopo
Philippe Najim:
R. – Tutti
i cristiani iracheni, oggi, si chiedono perché siano lasciati soli, perché nessuno
pensi a loro. Poi, però, vengono rivolte loro grandi critiche quando i cristiani lasciano
il Paese e chiedono di migrare in Europa, in America, in Australia o in qualsiasi
altro Paese. Qui il cristiano non si sente più protetto da nessuno. La Chiesa locale
si indebolisce giorno dopo giorno perché vive in uno Stato che non riesce a garantire
né la propria sicurezza né quella del suo popolo. Questo popolo ha fatto il suo dovere
quando ha eletto il governo, quando ha dimostrato grande fede in un futuro migliore
e quando ha dimostrato grande fiducia in questo nuovo Stato, che è stato creato in
Iraq. Mi meraviglio della Comunità internazionale e di tutte le autorità coinvolte
ed interessate che stanno a guardare questa Chiesa che sta morendo giorno dopo giorno,
che versa il proprio sangue e che viene colpita proprio nei suoi luoghi sacri, in
quei luoghi dove viene adorato il Dio unico ed onnipotente per tutta la popolazione
irachena. Nessuno alza un dito!
D. – Quanti sono
i cristiani che rimangono nel Paese e come vivono questa situazione nel quotidiano?
R.
– Veramente una cifra esatta nessuno la può dare vista l’attuale situazione in Iraq.
Ma sono migliaia e migliaia i fedeli che sono scappati dall’Iraq e questo succede
ogni giorno. Io parlo anche come procuratore apostolico per i caldei in Europa: oggi
abbiamo 100 mila fedeli caldei, soltanto della Chiesa caldea, sparsi in tutte le nazioni
europee. La Chiesa non ha più la capacità neanche di provvedere ad un lavoro pastorale.
Non c'è neanche un numero di sacerdoti in grado di assistere questi fedeli sparsi
in tutta Europa. Non sappiamo veramente quale futuro ci aspetti. I cristiani caldei
oggi vivono una situazione veramente molto difficile sia in Iraq sia fuori dall’Iraq.
Ci sentiamo soli, ci sentiamo veramente abbandonati.