India: prime verità sulle violenze contro le minoranze religiose
Sta suscitando grande clamore in tutta l’India la pubblicazione sul Rapporto della
Commissione Liberhan sui fatti di Ayodhya, località nello stato di Uttar Pradesh:
dopo una lunga indagine, il documento getta piena luce sulla violenza bruta e generalizzata
di gruppi estremisti indù che, il 6 dicembre 1992, portò alla distruzione di una moschea
e a un violento attacco contro la comunità musulmana, con migliaia di vittime. In
particolare Il Rapporto sottolinea con chiarezza il ruolo del Baratiya Janata Party,
il partito nazionalista indù attualmente all’opposizione nel governo federale, nonché
quello delle organizzazioni fiancheggiatrici come il Vishwa Hindu Parishad (Vhp, Consiglio
mondiale indù), il Bairang Dal e il Rss, che pianificarono meticolosamente la distruzione
della moschea e i massacri. “Il Rapporto squarcia il velo dell’impunità e indica precise
responsabilità politiche che non possono essere ignorate oggi”, commenta in un colloquio
con l’agenzia Fides padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale dell’India.
“Oggi alcuni esponenti dei gruppi fondamentalisti indù – che continuano a terrorizzare
le minoranze religiose come cristiani e musulmani - si nascondono dicendo che sono
fatti antichi, di ormai 17 anni fa. Ma questa è una piaga che si è riaperta, è una
questione che non può essere seppellita con leggerezza”. Il Rapporto afferma che dietro
le violenze c’era un desiderio di potere: “La volontà di acquisire maggior potere
politico ha motivato lo scoppio dei disordini a sfondo religioso” sulle quali il BJP
ha costruito la sua fortuna politica. Padre Babu si chiede: “E’ possibile allora che,
in un Paese democratico, dove vige lo stato di diritto, fatti tanto gravi possano
accadere nella totale impunità?” Il “Sangh Parivar” (movimento che raccoglie diverse
organizzazioni implicate) “è chiamato alla resa dei conti di fronte all’opinione pubblica.
La sua ideologia violenta vuole polarizzare la nazione sulla base del credo religioso.
Noi tutti, cittadini indiani, in quanto nazione, non possiamo tollerare tale pericolo
per l’unità e l’integrità nazionale”, afferma padre Babu. Il dibattito in India è
rovente e proseguirà, ma “un fatto è certo: siamo in un momento cruciale della storia
dell’India contemporanea”, sottolinea il portavoce. Di recente, anche per quanto riguarda
il massacro compiuto contro i cristiani in Orissa nel 2008, il Primo Ministro dello
Stato, Naveen Patnaik, ha riconosciuto in modo ufficiale il coinvolgimento diretto
delle organizzazioni radicali indù. La Chiesa cattolica spera che queste pubbliche
ammissioni possano condurre ad emarginare i movimenti nazionalisti ed estremisti indù
dalla società e dalla politica indiana.