2009-11-26 15:27:10

Giornata di studio per i 20 anni della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa


Stamane la conferenza stampa di presentazione e nel pomeriggio la giornata di studio: sono le iniziative per ricordare il ventennale di attività della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. In apertura dell’incontro pomeridiano, che si svolgerà a Palazzo San Pio X, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone rivolgerà un saluto ai partecipanti. A presiedere i lavori l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. E mons. Ravasi ha preso parte naturalmente anche alla presentazione stamane in Sala Stampa vaticana, insieme con il prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione stessa. Il servizio di Fausta Speranza: RealAudioMP3

Tirare le somme di 20 anni di lavoro e guardare al futuro. E’ l’obiettivo in tema di patrimonio artistico e culturale che – ricorda mons. Ravasi – è “uno scrigno immenso” nel mondo. Serve la tutela di quello che abbiamo ma serve di incoraggiare a quanto ancora l’arte può esprimere. Mons. Gianfranco Ravasi:

 
“I Beni Culturali non sono soltanto delle pietre preziose, ma richiedono anche una fruizione continua, una tutela continua sul futuro. Soprattutto, però, di loro natura dovrebbero continuamente sbocciare”.

Con un obiettivo preciso:

“Cercare di far sì che questo patrimonio non muoia, una parte continui ad essere vivente, perché lo è di sua natura, e soprattutto possa dialogare con la modernità, ma una modernità che abbia la stimmate, il segno del bene culturale e non semplicemente del prodotto”.

Un appuntamento concreto c’è: si tratta dell’annunciata partecipazione della Santa Sede alla 54.ma Biennale di arte contemporanea di Venezia nel 2012, con un padiglione curato dalla stessa Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Mons. Ravasi sottolinea l’importanza di avere il coraggio di linguaggi nuovi, nel rispetto delle finalità:

“L’artista si esprime con la sua nuova grammatica. Il sacro continua ad aggiornarsi, continua ad esprimersi in forme culturali e musicali differenti. Certamente deve essere consapevole della finalità. Cosa, questa, che è molto più difficile ora, perché siamo in una società secolarizzata, perché tante volte l’artista non viene sufficientemente istruito in maniera nobile. E poi a volte non c’è dialogo sulle finalità. Per esempio l’architetto a volte non dialoga all’interno delle altre arti. Molti architetti che hanno costruito dei templi mirabili non accettano di dialogare come facevano per esempio Borromini o il Bernini al loro tempo. Gli architetti devono sapere ad esempio che all’interno del culto cattolico devono esserci le immagini, deve esserci un altare, un battistero, devono esserci dei segni che sono anche dei segni visibili e dei simboli. Ecco allora la necessità di far sì che l’artista, con la sua propria grammatica, e l’architetto si incontrino, che il popolo, l’assemblea e il liturgista insieme rincorrano la finalità che dovrà essere espressa col nuovo linguaggio”.

 
Non si può non ricordare il lavoro svolto dalla Commissione in questi anni. Commissione voluta da Giovanni Paolo II nel 1988 e operativa dal 1989. Ma bisogna anche ricordare che questa intuizione di Giovanni Paolo II si inserisce in un continuum di sensibilità che lega diversi Papi recenti fino a Papa Benedetto XVI. Il prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa:
 
“Il confronto fra la Chiesa e gli artisti ha vissuto in questi ultimi decenni momenti di nuovo ed intenso slancio. Non a caso ha coinciso con il grande rinnovamento teologico e liturgico iniziato nel secondo dopoguerra e culminato nel Concilio Vaticano II. Uno slancio favorito con consapevolezza e lungimiranza dagli ultimi Pontefici, da Pio XII fino al recentissimo ed emozionante incontro di Benedetto XVI con gli artisti, avvenuto lo scorso 21 novembre sotto il severo sguardo del Cristo giudice michelangiolesco in Cappella Sistina. Ricordiamo poi che Paolo VI, uomo di grande sensibilità e conoscitore approfondito di arte e musica, che sentiva personalmente e profondamente la necessità di un continuo confronto con gli artisti, riprese il dialogo interrotto. Successivamente Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, approfondì nella sua Lettera agli artisti il tema del dialogo tra l’arte e il sacro. Ancora una volta un Pontefice romano tornava a proporre agli artisti grandi temi di Dio, dell’uomo, della bellezza. Non c'era nella Lettera nessuna commemorazione di antichi fasti, nessuna dotta citazione di munifiche committenze, ma solo il riconoscimento di incomprensioni e la ricerca - da amico ad amico - di rinnovare un rapporto di affetto e di fiducia. Si tratta per la Chiesa di non aver più paura di questa amicizia. Ed è questo lo sforzo che sta compiendo oggi la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, facendo propri gli insegnamenti di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.

 
Resta il lavoro di conservazione e tutela, che presenta diverse problematiche anche per il mutare di alcune concezioni. Basti pensare alla tutela prevista recentemente dall’Unesco anche di beni immateriali, che rappresenta una conquista culturale, però non senza rischi, come sottolinea mons. Ravasi:

“Pensiamo, ad esempio, al Carnevale di Rio de Janeiro che viene considerato come un bene culturale, ma penso anche a tante espressioni altissime del folklore come il kumbamela (il pellegrinaggio) indù è sicuramente espressione anch’esso di un bene culturale da tutelare e da custodire. Si è andati sempre avanti in questa linea, qualche volta, forse, anche esagerando o cadendo in aspetti che sono del tutto marginali e secondari”.







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