Somalia: grave crisi umanitaria nella città di Beledweyne
A Beledweyne, città a nord-ovest di Mogadiscio quasi al confine con l’Etiopia, l’amministrazione
locale è cambiata ben tre volte dallo scorso settembre aggravando ogni volta le condizioni
di vita della popolazione costretta ad adeguarsi alle direttive del nuovo gruppo al
potere. Al confine tra zone di influenza degli ‘shebab’ e delle forze governative,
Beledweyne - scrive Irin, rete informativa dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento
umanitario - è solo un indicativo esempio dell’emergenza umanitaria vissuta dall’intera
Somalia che si fa più grave con il passare del tempo e con l’accumularsi dei problemi.
A Beledweyne, - riferisce l'agenzia Misna - gli sfollati che vivono in campi allestiti
all’esterno della città sono circa 15.000 e, sottolinea Irin, sono proprio loro a
pagare le peggiori conseguenze di questo costante clima di insicurezza. “Questa gente
– scrive la rete informativa dell’Onu citando testimonianze locali – è stata costretta
a fuggire diverse volte, gli aiuti che ricevono non sono sufficienti e per sopravvivere
si affidano a sporadici lavori in città”. A confermare le difficoltà dovute al continuo
cambiamento di amministrazioni, controllate ora da un gruppo ora da un altro, è il
Programma Alimentare Mondiale (Pam) secondo cui in tutta la Somalia sono oltre un
milione e mezzo gli sfollati e circa tre milioni e 600 mila le persone che hanno bisogno
di assistenza alimentare. Aiuti che a volte difficilmente si riesce a garantire a
causa dell’insicurezza generale, come avvenuto ieri nella città meridionale di Buale
dove 12 operatori stranieri del Pam sono stati costretti a trasferirsi nel timore
di possibili scontri tra fazioni rivali. (R.P.)