2009-11-22 14:32:54

Le reazioni degli artisti dopo l'incontro con Benedetto XVI: dal Papa una carezza al mondo della cultura. Il parere di mons. Gianfranco Ravasi


Hanno fatto il giro del mondo, e suscitato molta eco, le parole con le quali ieri mattina Benedetto XVI si è rivolto a oltre 250 artisti di caratura internazionale, sotto le splendide volte affrescate della Capella Sistina. Soprattutto i diretti interessati hanno manifestato apprezzamento per il desiderio del Papa di rinsaldare l'amicizia fra la Chiesa e l'arte e per aver riconosciuto all'arte e agli artisti la dote di saper parlare al cuore dell'umanità con il linguaggio della bellezza e della speranza. Fabio Colagrande ha sentito alcuni dei protagonisti dell'avvenimento, subito dopo la conclusione dell'incontro con il Papa:RealAudioMP3

“Siate consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, siate annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”: questo l’appello lanciato da Benedetto XVI ai 280 artisti provenienti da tutto il mondo. Giuseppe Tornatore è il regista premiato con l’Oscar per il suo “Nuovo Cinema Paradiso”:

 
R. - L’incontro ma soprattutto il discorso del Santo Padre sono sembrati una carezza fatta alla cultura in tempo di schiaffi”.

 
D. - Testimoni di speranza gli artisti lo possono essere anche oggi?

 
R. - Lo possono essere. Lo possono essere le parole, le riflessioni del Santo Padre. Ce lo confermano e ci danno anche più forza per continuare nel nostro lavoro.

 
Tra gli intellettuali del cinema e del teatro italiano, anche il regista Ugo Gregoretti, che così riassume l’emozione dell’incontro con il Papa:

 
R. - L’avvenimento è in sé magnifico. La Cappella Sistina, poi, è la prima volta che vi entro dalla porta principale. Si respira una sedimentazione di civiltà e cultura che è emozionante.

 
D. - C’era un appello agli artisti di diventare “testimoni di speranza”, cioè l’arte come un linguaggio che aiuta il mondo a sperare. Un po’ lo condivide come regista, come uomo d’arte?

 
R. - Sì che lo condivido. Condivido anche un minimo di scetticismo sull’effettiva capacità pratica, concreta dell’arte di influenzare. Indubbiamente, però, è sempre una specie di argine, di difesa nei confronti dell’assalto quotidiano della non-arte. Diceva García Lorca: “La cultura costa ma l’incultura è assai più costosa”.

 
Sulle attese degli artisti dopo questo incontro con il Papa, ascoltiamo il regista polacco Kristof Zanussi:

 
R. - Questa è la nostra aspettativa: un po’ più di azione da parte della Chiesa per fare un passo verso il mondo dello spettacolo, degli artisti. Perché si sa che gli artisti, da parte loro, non faranno mai un passo.

 
D. - A quale tipo di iniziative pensa per coinvolgere di più gli artisti?

 
R. - Più dialogo, più apertura, più conoscenza.

 
D. - Dunque, il fatto che oggi il Papa abbia ribadito questa proposta di collaborazione è un buon segno…

 
R. - Sì, sicuramente, le parole sono state bellissime.

 
D. - Lei crede che forse la Chiesa dovrebbe anche lasciare più libero il mondo dell’arte, non imporre dei canoni troppo rigidi?

 
R. - No, credo che i canoni rigidi siano necessari. L’arte di oggi è in decadenza perché non c’è nessun limite. Non credo che la Chiesa limiti la libertà, però ci vuole l’ispirazione, perché l’arte - anche l’arte sacra - è spesso di una qualità bassissima perché non è veramente ispirata dalla dimensione spirituale.

 
Molti i musicisti presenti nella Cappella Sistina, tra i quali alcuni storici rappresentanti della canzone italiana, come i Pooh, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti e Claudio Baglioni:

 
“Io avevo già incontrato Papa Benedetto XVI in occasione del raduno mondiale dei giovani a Loreto e c’era stato già un piccolo discorso sul ruolo responsabile degli artisti nei confronti del mondo, quindi sulla ricerca della bellezza. Bellezza in quanto interiorità, apprezzamento di tutto quello che abbiamo già sotto gli occhi. Mi sembra che oggi ci sia stata di nuovo questa chiamata per tante persone, quasi una 'chiamata al ruolo', a svolgere in maniera personale e forte questo mestiere di artisti. Gli artisti, d’altronde, possono fare dei sogni verticali e ritrasmetterli poi in orizzontale a tutti gli altri”.

 
Un po’ d’imbarazzo a ritrovarsi accanto a colleghi più seriosi lo esprime l’attore Giacomo Poretti del trio comico italiano Aldo, Giovanni e Giacomo:

 
R. - Restituire il sorriso alle persone o ridere con loro ti porta la gioia nel cuore e credo quindi che la gioia del cuore attraverso la risata sia molto imparentata con la bellezza, col concetto di bellezza di cui parlava Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Vuol dire che anche noi, nonostante ci sentiamo i parenti poveri dell’arte, abbiamo questo compito di restituire e riportare dalle tenebre, come ha detto lui, un po’ di luce e un po’ di speranza.

 
D. - I tuoi due colleghi d’arte cosa pensano di questa tua presenza qui?

 
R. - Non so, ve lo racconterò la settimana prossima, perché già c'erano state delle perplessità. Bisogna che li reincontri lunedì e martedì.

 
D. - Hanno fatto battute cattive?

 
R. - (sorride) Sì, hanno fatto delle battute cattive, hanno detto: “Si saranno sbagliati”… E io invece gli ho detto: “Invece con voi non si sono sbagliati, vi hanno lasciato a casa”.

 
L'organizzatore principale dell'incontro di ieri fra Benedetto XVI e gli artisti è stato il Pontificio Consiglio della Cultura. Fabio Colagrande ha chiesto un'impressione al massimo responsabile del dicastero, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi:RealAudioMP3

R. - Da un lato, possiamo dire che questo incontro ha avuto il valore di riproporre ancora un tema che l’arte contemporanea stava ininterrottamente emarginando, cioè il tema della bellezza, ritrovandola non semplicemente come estetismo ma come la possibilità di avere una ricreazione della grandezza, del respiro, della speranza dell’umanità. Dall’altra parte, di ritrovare ancora una sorta di sororità, di parentela tra arte e fede: perché, anche se sono andate su strade differenti tra loro - e qualche volta si sono anche perse nei vicoli, nelle ramificazioni - volenti o nolenti hanno entrambe la stessa meta da raggiungere. Sia la fede che l’arte non vogliono rappresentare il visibile ma vogliono cercare l’eterno e l’infinito, che si cela nello stampo freddo della parola, dell’immagine e del suono. Per questo, se entrambe ritornano ancora a questa vocazione, probabilmente troveranno un grande futuro glorioso.

 
D. - Eccellenza, a quando il prossimo incontro?

 
R. - Il Papa ha finito con quella famosa espressione, quell’appello che Paolo VI aveva pronunciato 45 anni fa: “Arrivederci”. Naturalmente sarà compito mio, adesso, ricostruire la continuità. Penso in particolare ad una continuità in due dimensioni: far recuperare ancora la ricchezza della tradizione culturale, della tradizione artistica alle giovani generazioni che tante volte hanno l’occhio e l’orecchio sporcato da immagini brutte e da suoni devastanti. Ritrovare ancora questo glorioso passato e dall’altra parte riuscire a ricordare che dal Novecento in avanti si è avuta una nuova grammatica, sia dell’arte, sia della poesia stessa sia della musica. Questa nuova grammatica chissà, forse tra un secolo, potrebbe creare un nuovo Mozart - com’è accaduto - o un Palestrina, com’è accaduto quando Palestrina ha abbandonato il gregoriano e ha cominciato a fare la polifonia, un nuovo genere sconcertante che ha prodotto dei capolavori.







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