2009-11-21 15:18:01

L'Onu: tragedia umanitaria nel Nord Ovest del Congo


Una tragedia spaventosa si sta consumando nel Nord Ovest della Repubblica Democratica del Congo, stando ad una denuncia dell'Onu di cui riferisce la Bbc. Nelle ultime due settimane, a causa di scontri tra etnie rivali per il diritto alla pesca in alcune aree, ci sono stati almeno un centinaio di morti, mentre una massa disperata di profughi cerca di abbandonare le zone del conflitto. Finora, sono state contate oltre 50mila persone, molti bimbi senza più genitori, così come le donne incinte. E l'esodo continua senza sosta. L'Onu ha inviato sul posto un gruppo di caschi blu, ma si tratta di un numero esiguo, perché la stragrande maggioranza delle forze Onu in Congo è impegnata nel Nord Est, area ricchissima di materie prime, sconvolta da violenze etnico-politiche da molti anni. La situazione è degenerata quando le etnie Lobala e Boba, che popolano quella regione, hanno rotto un patto sulla suddivisione delle rispettive aree di pesca, che reggeva da decenni. Da allora, una deriva di violenze spietate che, stando agli osservatori, non accennano a diminuire. Sarebbero, peraltro, i Lobala ad avere la meglio: mentre i villaggi bruciano, la gente viene trucidata, e chi può fugge. Senza più nulla, senza sapere dove.

Onu: violazione dei diritti umani in Iran
“Violazioni gravi e ripetute” dei diritti umani in Iran sono state denunciate dall'Assemblea Generale dell'Onu. La terza commissione dell'Assemblea ha approvato una risoluzione di condanna con il voto favorevole di 74 Paesi (tra cui l'Italia), 48 contrari e 59 astenuti. Il documento, promosso dalla delegazione canadese al Palazzo di Vetro, “esprime profonda preoccupazione per una serie di continue e ricorrenti violazioni dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran”. In particolare, inoltre, viene denunciato “l'aumento del numero di esecuzioni dopo le elezioni presidenziali del 12 giugno 2009”, a seguito delle quali si sono registrate anche “ulteriori limitazioni della libertà d'espressione”. L'anno scorso, la Commissione aveva egualmente condannato l'Iran per la violazione dei diritti umani con 70 voti a favore, 51 contro e 60 astensioni.

Iran: questione nucleare
L'Iran non ha dato alcuna risposta "positiva" alla proposta di accordo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) in merito all'arricchimento dell'uranio all'estero. Il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia più la Germania) esprime tutta la sua delusione, in una dichiarazione congiunta, letta ai giornalisti a Bruxelles al termine di un incontro tra i direttori politici del gruppo. Si sottolinea che Teheran non ha infatti implementato "i tre accordi sottoscritti all'incontro di Ginevra del primo ottobre scorso". Il primo riguarda il nuovo sito nucleare di Qom: nonostante l'Iran abbia consentito all’Aiea di valutare il sito per l’arricchimento dell’uranio, il gruppo 5+1 ritiene che “l'Iran avrebbe dovuto dichiararne l'esistenza molto prima e che pertanto non abbia rispettato gli obblighi di salvaguardia”. La costruzione del nuovo sito di arricchimento, inoltre, contraddice diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu. In secondo luogo, il gruppo 5+1 contesta all'Iran “di non essersi impegnato per un'intensificazione del dialogo e in particolare di non avere accettato un nuovo incontro prima della fine di ottobre per discutere della questione nucleare”. In terzo luogo, “l'Iran non ha risposto positivamente alla proposta di accordo dell'Aiea per la fornitura di energia nucleare per il reattore nucleare di Teheran”. Nonostante la delusione e il forte richiamo a Teheran, il gruppo 5+1 per ora non parla di sanzioni.

Pakistan
Militanti islamici hanno lanciato razzi su una base delle forze di sicurezza pachistane nel Waziristan settentrionale, al confine con l'Afghanistan, causando la morte di quattro militari, fra cui un ufficiale. L'attacco ha suscitato una reazione dell'esercito che ha bombardato le basi dei talebani nelle colline attorno a Razmak, causando a loro volta la morte di sei estremisti fra cui un loro comandante. L'esercito ha lanciato, da alcune settimane, un’offensiva nel Waziristan del Sud annunciando di avere conquistato numerose posizioni strategiche alla frontiera pachistano-afghana.

Israele - Cisgiordania
Israele ha rilasciato, nella notte, cinque ufficiali dei servizi di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) arrestati ieri nel corso di un doppio blitz militare nei dintorni di Salfit, in Cisgiordania. Lo riferiscono oggi fonti della stessa Anp, mentre l'agenzia Maan dà contemporaneamente notizia del fermo di altri tre agenti dell'intelligence palestinese (di rango più basso), bloccati insieme con due civili dalle forze israeliane durante un raid compiuto alle prime luci dell'alba a Jayyus. Il fermo dei primi cinque (tra i quali figurava un comandante locale, il colonnello Muhammad Abdel Hameed) aveva fatto alzare ulteriormente le tensioni fra Israele e l'Anp, che l'aveva interpretato come un tentativo israeliano di indebolirla nel contesto del clima di recriminazioni reciproche che fanno da sfondo allo stallo del processo negoziale. Il rilascio, a quanto è trapelato, sembra sia stato reso possibile dall'intervento di rappresentanti diplomatici americani e sulla base di un accordo secondo cui i servizi di sicurezza dell'Anp si sarebbero impegnati a non fare del male a un presunto informatore palestinese dell'intelligence israeliana sul quale pare che i cinque stessero indagando. Non è chiaro al momento se i successivi fermi di Jayyus possano essere legati alla medesima vicenda. Anche su questi, comunque, risultano essere state avviate trattative sottobanco.

Yemen
L'ingegnere giapponese rapito domenica nello Yemen da membri di una tribù è stato successivamente sequestrato da uomini armati di Al Qaeda, che l'hanno portato in una località sconosciuta. Secondo una delle fonti, che ha voluto conservare l'anonimato l'ostaggio è stato sequestrato da elementi di Al Qaeda nella notte tra ieri e oggi e scortato in una località segreta nella regione di Maarib, ad est di Sanaa. L'ingegnere giapponese lavora ad un progetto del governo yemenita nella città di Arhab, circa 60 chilometri a nordest di Sanaa.

Presidenziali in Romania
Elezioni presidenziali, domani, in Romania, tre anni dopo l'ingresso nell'Ue del primo gennaio 2007. Circa 18,3 milioni di romeni sono chiamati a eleggere, scegliendo tra 12 candidati, il nuovo capo dello Stato per i prossimi cinque anni. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

 
Clima di instabilità politica e recessione economica. La prima scommessa sarà porre fine alla crisi politica del Paese, guidato da circa due mesi da un governo di minoranza dei democratico-liberali, sfiduciato dal Parlamento lo scorso ottobre. Dopo nove anni di crescita economica continua, nel 2009 la recessione ha portato la disoccupazione al 7,1% e una contrazione economica stimata all'8% per fine anno. Il governo di Bucarest ha concordato un prestito di circa 20 miliardi di Euro con il Fondo monetario internazionale (Fmi), Commissione europea, Banca mondiale e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). Ma restano problemi di fondo: la corruzione e la mancanza di riforme strutturali. Secondo la classifica 2009 di "Transparency International", presentata nei giorni scorsi, la Romania è il più corrotto degli Stati Ue, principalmente a causa della crisi del sistema giudiziario. Il presidente uscente Traian Basescu, che corre ora per un secondo mandato, aveva vinto le elezioni del 2004 usando come cavallo di battaglia la lotta al “sistema scellerato”, come definiva la corruzione. Alcuni ritengono che in questi anni sia rimasto egli stesso vittima della corruzione. Qualcuno denuncia campagne denigratorie nei suoi confronti da parte di gruppi di media privati: a dare fastidio sarebbero state le scelte di Basescu di condannare il comunismo e di aprire gli archivi della Securitate, l'ex polizia politica del regime. In ogni caso, a sfidarlo ci sono il socialdemocratico Mircea Geoana e il candidato liberale Crin Antonescu.

 
Ungheria
Gli ambasciatori di nove Paesi occidentali a Budapest hanno messo in guardia il governo ungherese contro la corruzione, ammonendolo a far rispettare meglio gli interessi di investitori stranieri nel Paese, stigmatizzando una carenza di "trasparenza" negli ultimi tempi. In una lettera congiunta, le ambasciate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Norvegia e Giappone, richiamano l'attenzione sulla dilagante corruzione e su atteggiamenti a loro dire “poco trasparenti” nei servizi pubblici, nel settore radiotelevisivo e nella costruzione di autostrade in Ungheria. Il premier Gordon Bajnai ha invitato per lunedì gli ambasciatori per un “chiarimento amichevole”. Gli investitori stranieri denunciano la corruzione negli appalti pubblici in Ungheria. Nella recente classifica di "Transparency International", l'Ungheria risulta al 46.mo posto, fra i Paesi mediamente corrotti. L'allarmante fenomeno ha costretto il governo tecnico di Gordon Bajnai a lanciare recentemente un ufficio anticorruzione e premi per chi denuncia i casi.

Elezioni in Albania: contestazioni
Decine di migliaia di sostenitori del Partito socialista albanese si sono radunati davanti all'ufficio del capo del governo, a Tirana, per chiedere un riconteggio dei voti delle elezioni del 28 giugno vinte dal premier Sali Berisha. Il leader socialista Edi Rama accusa il Partito democratico di Berisha di avere attuato una colossale truffa elettorale. "Le elezioni manipolate impediscono il cammino verso l'integrazione", ha dichiarato Rama. Berisha ha detto più volte che un riconteggio sarebbe illegale e che il fatto stesso che la Ue abbia accettato la candidatura di adesione dell'Albania dimostra che la consultazione è stata riconosciuta come valida.

Nagorno-Karabakh
L'Azerbaigian considera "decisivi" i colloqui di domani con l'Armenia sul conflitto per la regione del Nagorno-Karabakh, nel Caucaso meridionale, e ritiene di avere diritto ad usare la forza militare se i negoziati non produrranno risultati. Lo ha dichiarato ad una tv locale il leader azero, Ilham Aliyev. Aliev ha fatto riferimento anche al recente miglioramento dei rapporti tra Armenia e Turchia, affermando tuttavia che “senza una soluzione del problema del Nagorno-Karabakh le relazioni turco-armene non potranno essere normalizzate”. Il Nagorno-Karabakh, dagli anni '90, è sotto il controllo militare armeno, in seguito ad una lunga disputa tra le due Repubbliche caucasiche ex sovietiche. Anche la mediazione messa in atto dal cosiddetto Gruppo di Minsk (Russia, Usa e Francia) non ha prodotto finora risultati concreti.

Russia
Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha criticato apertamente "Russia Unita", il partito di governo al quale lui stesso appartiene, che a suo avviso non garantirebbe appieno le regole democratiche e sarebbe ancora vittima di intrighi e metodi nel vecchio stile sovietico. “Bisogna modernizzare il partito, renderlo più flessibile, più aperto. Bisogna imparare a vincere”, ha detto Medvedev parlando oggi a San Pietroburgo all'apertura dell'11.mo congresso di Russia Unita. Il pensiero va alle ultime elezioni locali, svoltesi l'11 ottobre scorso in molte regioni della Federazione russa, nelle quali la larga vittoria di "Russia Unita" è stata messa in dubbio con accuse di irregolarità e brogli. “Bisogna imparare a vincere con una competizione aperta”, ha detto Medvedev, secondo il quale “alcune sezioni regionali sia di Russia Unita che dei partiti di opposizione mostrano a volte segni di arretratezza, facendo scivolare l'attività politica in intrighi di apparato, e le elezioni - che devono essere l'espressione della volontà popolare, competizione di idee e programmi - si trasformano invece in vicende nelle quali le procedure democratiche si mischiano a quelle amministrative”. Medvedev ha poi aggiunto: “Bisogna liberarsi dei fannulloni. La democrazia in fin dei conti esiste non per i partiti, che siano di governo o di opposizione, ma per i cittadini, affinchè il popolo possa esercitare il suo diritto al potere nella Federazione russa, con il partito che deve essere solo strumento. Importante, utile, ma solo strumento”. “Russia Unita - ha osservato Medvedev - potrà ottenere dei cambiamenti in meglio nel Paese solo nel caso che cambi il partito stesso”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 325

 
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