2009-11-21 15:20:55

I vescovi europei rilanciano la cooperazione con l’Ue per difendere la libertà religiosa


Intensificare il dialogo con l’Unione Europea per affrontare le sfide del prossimo decennio. E' tutto rivolto al rapporto con le istituzioni comunitarie il comunicato finale dei lavori dell’assemblea plenaria della Commissione dei vescovi europei presso la Comunità europea (Comece), che si sono chiusi ieri a Bruxelles. La nota, citata dal Sir, è stata presentata alla stampa dal presidente della Comece, mons. Adrianus Van Luyn, che ha espresso la soddisfazione dei vescovi per la “priorità riconosciuta alla libertà religiosa” dal Consiglio dell’Unione, che il 16 novembre scorso ha adottato una risoluzione nella quale riconosce la libertà religiosa come parte integrante dei diritti della persona umana. Molta fiducia viene poi riservata al Trattato di Lisbona e in particolare l’articolo 17 della Carta che prevede un “dialogo aperto, trasparente e regolare” tra istituzioni dell’Ue e le Chiese. “Finora è esistita una tradizione di relazioni e cooperazione con le istituzioni, basata sulla buona volontà da entrambe le parti. Ora vi sarà una base legale”, ha spiegato il segretario della Comece, padre Piotr Mazurkiewicz, anch’esso presente alla conferenza stampa, che ha così sintetizzato gli aspetti positivi di quest’articolo: “Garantisce il rispetto delle Chiese a livello nazionale nei loro rapporti con i reciproci Stati, ne rispetta l’identità e ne riconosce la peculiarità, senza assimilarle a lobby o a Ong”. “Ora – ha aggiunto – il dialogo potrà allargarsi a molti altri ambiti rispetto a quelli affrontati fino ad ora, alla luce della dottrina sociale della Chiesa”. I vescovi hanno quindi annunciato l’imminente pubblicazione di un documento che “vuole riflettere sulla promozione della libertà religiosa nelle politiche dell’Ue”. Infatti, ha ricordato mons. Jarecki, vescovo ausiliare di Varsavia e vice presidente della Comece, “esistono ancora moltissimi casi di discriminazione in tutte le regioni del mondo, in particolare in India, Cina, Sudan e Iraq”. La risoluzione dell’Ue, invece, “riconosce il diritto a praticare la propria religione anche quando questa non appartiene tradizionalmente al territorio in cui si vive”. “Gli Stati – ha concluso – hanno il dovere di proteggere le persone che appartengono alle minoranze religiose e le leggi devono garantire i diritti legati alla libertà religiosa. Solo se si riconosce questo diritto esiste una democrazia matura”. (M.G.)







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