2009-11-12 15:14:57

Modernizzare il Paese su basi democratiche: il discorso di Medvedev alla nazione


“Il declino economico causato dalla crisi globale è stato più profondo in Russia che nella maggioranza degli altri Paesi”: è uno dei passaggi iniziali del discorso alla nazione, il secondo dalla sua elezione, del presidente russo, Dmitri Medvedev. Questi ha lanciato un forte appello al cambiamento davanti alle camere riunite nella sala di San Giorgio, la più grande e la più solenne del Cremlino, alla presenza anche del premier Vladimir Putin e del Patriarca ortodosso, Kirill. Il servizio di Fausta Speranza RealAudioMP3

Modernizzare il Paese “da capo a piedi” su basi democratiche: è l’appello del capo del Cremlino: la necessità di un cambiamento è “cresciuta negli ultimi mesi”. Aggiunge che libertà significa responsabilità e che “ogni tentativo di destabilizzare lo Stato con slogan democratici e dividere la società sarà stoppato”. Chiede invece espressamente una nuova società “intelligente e responsabile”. Non più un’economia fondata sulle materie prime - dice - ma proiettata sulle tecnologie. Una nuova economia piuttosto che una “società arcaica in cui i leader pensano e decidono per tutti”. Annuncia che lo Stato aiuterà solo le società efficienti, mentre le altre dovrebbero lasciare il mercato. Precisa che le grandi società statali devono essere abolite o trasformate in Spa. Chiede una semplificazione del regime dei visti per gli stranieri. E c’è poi una promessa di stampo politico: cancellare il requisito della raccolta firme per la registrazione dei partiti alle elezioni. Un requisito accusato più volte da alcuni di essere motivo di brogli. Sul piano militare, Medvedev chiede tra l’altro per le Forze armate oltre 30 missili balistici, 5 complessi missilistici Iskander, 300 blindati, 30 elicotteri, 28 aerei, 11 satelliti, 3 sommergibili nucleari e una nave da Guerra. In nome dell’efficienza infine chiede anche di esaminare l'ipotesi di ridurre il numero di fusi orari in Russia (attualmente undici).

 
Appello di Hillary Clinton per la liberazione di Aung San Suu Kyi
“Riteniamo che la sua detenzione per così tanti anni sia senza fondamento e basata solo sulla considerazione che lei è la leader dell'opposizione”. Sono parole del segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che ha rinnovato il suo appello per la liberazione di Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione birmana. Lo ha fatto parlando da Manila, dove la Clinton si trova per parlare di lotta ai fondamentalisti islamici, attivi nel sud delle Filippine. Malgrado anni di preparazione e assistenza militare da parte degli Stati Uniti, i soldati filippini faticano ad arginare i ribelli, che recentemente hanno intensificato gli attacchi.

Afghanistan: impegno Usa non a tempo indeterminato
Ristabilire in “tempi ragionevoli” il controllo dell’Afghanistan. È il messaggio che il presidente americano, Barack Obama, invia ai vertici di Kabul, al termine del Consiglio di guerra. Obama ha lanciato un chiaro avvertimento per responsabilizzare maggiormente il presidente afghano, Hamid Karzai: “Il governo di Kabul deve avere ben chiaro che l'impegno militare americano non sarà illimitato”. Secondo quanto riporta la stampa Usa, Obama non ha ancora deciso se inviare delle truppe di rinforzo nel Paese. Il Washington Post rivela che l'ambasciatore americano a Kabul, Karl Eikenberry, avrebbe espresso al presidente il suo dissenso circa l'aumento del contingente, almeno fino a quando il nuovo governo guidato da Karzai non dimostrerà di voler combattere seriamente la corruzione e il malaffare pubblico, fattori che secondo il diplomatico Usa continuano a fare nuova linfa alla guerriglia talebana.

Ucciso un diplomatico iraniano in Pakistan
Continua senza sosta la spirale di violenza in Pakistan. Colpito oggi un iraniano, ma non sembra si tratti di una vittima dei talebani. Il servizio di Chiara Pileri: RealAudioMP3

Ucciso da un uomo armato di pistola un dipendente del consolato iraniano di Peshawar, nel nordovest del Pakistan. L’uomo era il responsabile delle pubbliche relazioni della rappresentanza diplomatica di Teheran nella capitale della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp). Nella stessa città, l'anno scorso un altro diplomatico iraniano è stato rapito e di lui non si hanno ancora notizie. Nei giorni scorsi, sono stati diversi gli attentati a Peshawar, ai confini con l'Afghanistan, e tutti attribuiti ai talebani. L'omicidio di stamattina, secondo fonti locali, dovrebbe invece essere inquadrato nell'ambito della lotta fra la maggioranza sunnita e la minoranza sciita, quest'ultima maggioranza in Iran. In Pakistan, secondo le informazioni dell'intelligence iraniana, ci sarebbe anche il vertice del commando che il 18 ottobre scorso a Sistan, in Iran, ha ucciso 15 Pasdaran (Guardie della rivoluzione), tra i quali sei comandanti, e 27 altre persone. All'indomani dell'attentato, il governo pakistano ha duramente condannato l'accaduto, impegnandosi ad aiutare Teheran ad assicurare alla giustizia i responsabili.

 
Macedonia-Kosovo: Skopje apre ambasciata a Pristina
Il governo macedone ha deciso di aprire l'ambasciata a Pristina. Stojan Karajanov, che ora guida l'Ufficio di collegamento nella capitale del Kosovo, è stato nominato ambasciatore. La decisione di nominare un ambasciatore a Pristina è stata comunicata dal vicepremier, Abdulakim Ademi. Questa disposizione del governo è avvenuta una settimana dopo la visita del ministro kosovaro degli affari esteri, Skeder Hieseni, nella capitale di Skopje. Sono passate più di due settimane da quando Kosovo e Macedonia hanno istaurato rapporti diplomatici, seguiti alla demarcazione dei confini. La Macedonia, assieme al Montenegro, ha riconosciuto il Kosovo il 10 ottobre dell'anno scorso.

Nepal: attivisti manifestano contro il presidente Ram Baran Yadav
Un migliaio di manifestanti maoisti hanno circondato gli uffici governativi per protestare contro il presidente nepalese, Ram Baran Yadav. Dinanzi al distretto amministrativo di Kathmandu, ex ministri, esponenti ed attivisti arrivati da tutto il Nepal sono impegnati in un “gherao”, ovvero la protesta con cui si circonda il luogo della manifestazione per impedire l'entrata di altre persone. Il leader del partito maoista del Nepal, ex primo ministro Puhpa Kamal Dahal, detto Prachanda, guida una serie di dimostrazioni contro il presidente, accusato di agire contro gli interessi del Paese. Quando i maoisti erano ancora al governo, Yadav ha confermato la nomina del capo dell'esercito che Dahal aveva deciso di rimuovere. La polizia ha schierato centinaia di uomini in tenuta antisommossa. Dal leader del partito maoista arrivano comunque parole di distensione: spera che il problema si risolva nel giro di una settimana, così che il Nepal possa tornare alla normalità della sua giovane vita repubblicana. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 316

 
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