Il presidente americano, Barack Obama, chiederà ai Paesi membri della Nato di mettere
a disposizione altri 4 mila uomini per l’Afghanistan. Dagli Stati Uniti sarebbe pronto
il nuovo piano che prevede l’invio di altri 30 mila soldati. A diffondere l’indiscrezione
è il Times di Londra, che cita fonti militari. Da parte sua, la Casa Bianca precisa
invece che il presidente sta valutando quattro opzioni di cui discuterà nella riunione
del Consiglio di guerra convocato per oggi. Alla fine quale sarà la strategia che
passerà? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato
speciale del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, raggiunto telefonicamente a Kabul:
R.
– Abbiamo un Paese che è difficilissimo da controllare. Non sono 120 o 140 mila i
soldati che potranno controllare l’Afghanistan: ce ne vorrebbero, forse, 400-500 mila.
Neppure i sovietici, ai tempi, con 250 mila uomini ci riuscirono. E’ quindi evidente
che l’opzione militare è una parte, ma una parte non preponderante per risolvere la
situazione. La parte più importante riguarda l’azione politica all’interno dell’Afghanistan
ed anzitutto per stabilizzare la situazione dopo le elezioni che si sono avute, che
sono state contestatissime e che hanno riconfermato Karzai; si deve capire poi se
Karzai riuscirà a fare un governo più credibile ed efficace di quello che c’è; procedere
velocemente con l’addestramento delle truppe; terzo punto e, forse più importante
di tutti, è quello di capire chi sostiene dall’esterno la guerriglia talebana.
D.
– Intanto ad Istanbul va di scena la Conferenza per la ricostruzione dell’Afghanistan:
quali risultati ci possiamo attendere e quali le attese nel Paese?
R.
– Non mi sembra questa la Conferenza sulla ricostruzione che possa decidere del futuro
del Paese. Questo assolutamente no. Le conferenze sull’Afghanistan, dove si parla
di soldi, che poi non vengono erogati ma soltanto sottoscritti a parole, sono completamente
inutili. Sono poi ancora più inutili le conferenze con Paesi confinanti che alla fine
non fanno quasi niente di quello che dicono di voler fare e ai quali viene chiesto
un impegno.