2009-11-11 13:03:29

La Chiesa del Guatemala contesta le disposizioni governative sulla pianificazione familiare


La Chiesa del Guatemala, attraverso un’esortazione indirizzata alle autorità di governo, esprime preoccupazione per la recente normativa approvata dall’esecutivo sulla pianificazione familiare e la salute riproduttiva. Il documento è stato firmato dall’arcivescovo della capitale, il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, e da mons. Víctor Hugo Palma Paúl, vescovo di Escuintla, presidente della Commissione per la pastorale educativa. Per i vescovi guatemaltechi il testo, approvato anche da parte dell’Assemblea nazionale, presenta numerose irregolarità concettuali e non poche ambiguità per quanto riguarda ad esempio termini come “genere”, “popolazioni emarginate”, “barriere mediche”. Vocaboli che impediscono di capire ciò di cui si sta esattamente parlando. D’altra parte, il testo in alcune sue direttive è apertamente incostituzionale poiché non rispetta un articolo della Costituzione che consacra la libertà di insegnamento e il diritto dei genitori a scegliere l’educazione dei propri figli.Non meno grave, a giudizio dei vescovi del Guatemala, è il fatto che numerose istituzioni pubbliche e private sono autorizzate a comprare, vendere e distribuire farmaci in rappresentanza del Ministero della Salute per garantire - si dice - “l’accesso alle risorse per la pianificazione familiare”. Segnalato esplicitamente è il caso della ong “Afrofam”, che fin dall’inizio ha perseguito il solo scopo di promuovere i metodi contraccettivi. Dal punto di vista dell’educazione integrale, i presuli del Guatemala ritengono rischioso il regolamento in questione perché parziale, incompleto e insidioso visto che la sua filosofia di base è l’attività sessuale e basta. Perciò le norme “non rispettano l’evoluzione psicopedagogica dei bambini e degli adolescenti nell’ambito dei rapporti affettivi”; il sesso appare quasi come “una pura attività fisiologica e in nessun momento come relazionale” e poco o nulla si dice sulla persona umana, sulla sua dignità, sul fine della procreazione e sulla famiglia in quanto nucleo essenziale della società. Insomma un testo da rifiutare perché inaccettabile dal punto di vista costituzionale, giuridico, medico e pedagogico. I vescovi si rivolgono pertanto ai genitori, agli educatori e alle famiglie richiamando la loro attenzione su queste norme e chiedono una drastica revisione del regolamento. Per i vescovi, questo testo dimostra che il Paese è di fronte ad “un analfabetismo umanistico e pedagogico” molto grave. “Alcuni - si legge nella nota - chiamano bene il male” e dicono di voler difendere la verità ma usano “il linguaggio ambiguo e falsano le cose parlando di ‘giustizia, salute ed educazione’ quando, in realtà, attentano alla vita e alla dignità della persona”.(A cura di Luis Badilla)







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