2009-11-09 15:29:44

A 20 anni dalla caduta del Muro i commenti del nunzio a Berlino e dello storico Giovagnoli


Esattamente 20 anni fa cadeva il Muro di Berlino. Decine di capi di Stato e di governo saranno presenti questa sera quando la caduta del Muro sarà ricreata simbolicamente attraverso un gigantesco effetto domino davanti alla Porta di Brandeburgo. Tanti i momenti celebrativi in programma dalle ore 15 fino a notte fonda. Da Berlino, il servizio di Alessandra De Gaetano: RealAudioMP3

La nebbia limita la visuale, nella capitale tedesca in festa, ma lo sguardo verso il futuro è più penetrante. La Germania federale mostra un volto disteso. Nella cornice della Berlino storica è eloquente la dosata esibizione di bandiere. Una traccia di cemento armato, che sfiora il luogo dove si trovava il bunker di Hitler, ricorda dove sorgeva il Muro. Più che un'occasione per valutare quel che è accaduto il 9 novembre di venti anni fa, la festa mette in scena, sul palcoscenico della Porta di Brandeburgo la Germania di oggi, che vent'anni dopo si ritrova, malgrado le diversità tra l'Ovest e l'Est, un Paese più unito del previsto. "L’unità della Germania però non è ancora completa - ha detto oggi il cancelliere tedesco Angela Merkel – perché rimangono alcune differenze strutturali". Sicuramente il tasso di disoccupazione delle regioni della Germania orientale è due volte superiore a quello occidentale e a questo proposito la Merkel ha aggiunto: "Se vogliamo raggiungere standard di vita uguali, dobbiamo affrontare il problema ad est e ad ovest". Lei che, nata nell’Est comunista e diventata cancelliere nell’Ovest, rappresenta un ponte tra le due Germanie ricongiunte. L'impressione, in queste ore, è che tutti partecipino alla pacifica festa per la caduta del Muro. Chi è troppo giovane non ricorda. E non capisce la diffidenza dei Wessis, gli occidentali, nei confronti degli Ossis, e viceversa. Un tempo si distinguevano abbastanza bene, per gli abiti e i gesti, gli uni dagli altri. Chi ha vissuto trincerato, invece, sente il bisogno di lasciare proprio ai giovani l’eredità di un passato che ha molto da insegnare al presente e al futuro.
 
Stamani, la chiesa di Gethsemane, a Prenzlauer Berg, ha ospitato la celebrazione ecumenica voluta dalla Chiesa evangelica e dalla Conferenza episcopale dei vescovi tedeschi. Ad assistere, il cancelliere Angela Merkel e il presidente della Repubblica Horst Koehler. Sulla celebrazione, ecco la riflessione del nunzio apostolico in Germania, mons. Jean-Claude Perisset, nell’intervista di Fausta Speranza:RealAudioMP3

R. – A 20 anni di distanza abbiamo iniziato la giornata con un’ora di preghiera ecumenica nella chiesa del Gethsemane, i cattolici, i protestanti ed altri insieme alle più alte autorità dello Stato, perché – come si è detto nei diversi interventi – il cambio dei regimi in Europa orientale, particolarmente a Berlino e nella Germania orientale, è dovuto alla fedeltà di tanti cristiani che di nascosto, o anche sotto minacce da parte delle autorità comuniste, rimanevano fedeli alla fede cristiana e si sono riuniti poi nelle Chiese per pregare. Ogni lunedì, per esempio, a Lipsia, e in altre città della Germania orientale, questa celebrazione cominciava ringraziando Dio per aver dato a questi sconosciuti e ai tanti fedeli questa fedeltà e permanenza nella speranza. C’è la gioia interiore di aver ritrovato la libertà, però penso che bisogna sapere cosa fare di questa libertà. In questi Paesi liberati dal dominio del comunismo è arrivato il dominio del consumismo e allora cosa avremmo guadagnato?
 
D. – Dunque una giornata di festa, carica però di altre attese, altre speranze per il futuro…
 
R. – Certamente, perché – come si è già detto in altre circostanze – l’unione dell’Europa non si comprende senza l’unione di Berlino e viceversa. La caduta del Muro significa che tutta l’Europa deve ritrovare la sua unità. E come si può ritrovare questa unità se non nelle nostre radici, che sono poi quelle cristiane, nelle radici che vengono dal cristianesimo. Tutti i diritti dell’uomo, tutto ciò che vogliamo per il rispetto e la libertà hanno le radici nella salvezza che Cristo ci ha portato. E’ lui che fa cadere il muro tra il bene e il male, ed elimina il male. Bisogna sempre vedere, quando si guadagna umanamente qualcosa, cosa facciamo poi di questa libertà ritrovata. Dunque, diventa un appello alla responsabilità di ciascuno, degli ambienti politici, di tutti, perché la libertà non ci faccia cadere in altri pericoli. 
Per una riflessione dal punto di vista storico, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3


R. – Certamente è stato un evento di importanza epocale. La novità è che allontanandoci nel tempo, mi pare stia diventando sempre più chiaro il ruolo di questo evento che allora colse tutti di sorpresa, suscitando una grande euforia ma anche lasciando, in fondo, incerti sul futuro che si stava aprendo. Credo che, al momento i contemporanei hanno vissuto quell’evento con gli occhi della Guerra Fredda che finiva e quindi facendo immediatamente i conti con il vincitore – indubbiamente e indiscutibile – di questa lunga, dolorosa vicenda, che è l’Occidente. In realtà, quell’evento rappresentò il collasso finale di un equilibrio bipolare e quindi un evento che disegnava anche uno scenario nuovo, un futuro nuovo: un mondo in cui non ci sarebbe stato più quell’asse, sia pure conflittuale, che aveva avuto il suo perno nel rapporto tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Altri protagonisti, però, stavano per affacciarsi, altri ruoli, altre realtà regionali in un mondo sempre più complesso.
 
D. – Le sembra che ci fossero speranze che poi nel tempo sono state disattese?
 
R. – Naturalmente sì! Le speranze di quel momento erano, per esempio, innanzitutto le speranze di un mondo pacifico, definitivamente pacifico, senza più conflitti; oppure, la speranza che l’evoluzione dell’Europa orientale sarebbe stata un’evoluzione immediatamente nella direzione della democrazia e che quest’ultima sarebbe diventata un modello accettato in tutto il mondo … In realtà, il mondo era già più complesso di quello che appariva. Per esempio, tutta la novità del mondo islamico, tutte le novità del mondo asiatico e anche di quello africano …
 
D. – Professore, 20 anni non sono sufficienti per aprire alcuni archivi storici, però in qualche modo in questi anni abbiamo raccolto dei documenti che in quel momento non c’erano: si può parlare di una storiografia?
 
R. – Comincia ad esserci una storiografia, proprio grazie a documenti che stanno emergendo e al lavoro di alcuni storici. Credo che oggi il dibattito storiografico si stia concentrando su un punto: ci si chiede se i protagonisti della fine del comunismo siano stati veramente soprattutto i grandi leader – Reagan da una parte, per esempio, Gorbaciov dall’altra – o ci sono stati, invece, tanti attori diversi? Faccio un esempio: le vicende della Polonia, negli anni Ottanta, sono state decisive per arrivare alla caduta del Muro, e in quelle vicende – come sappiamo – il ruolo della Chiesa cattolica, in particolare di Giovanni Paolo II, è stato decisivo. Dunque, oggi la storiografia sta restituendo un quadro più complesso in cui emerge anche l’importanza di diversi attori e anche, in particolare, del fattore religioso.
 
D. – Decisivo, soprattutto, per l’assenza di spargimento di sangue …
 
R. – Certamente! Questo è uno dei fatti più positivi di quegli eventi: sono avvenuti quasi senza spargimento di sangue. Ed è stato sicuramente legato all’influenza dei fattori culturali e religiosi che, per loro natura, non sono portatori di violenza. Certamente il ruolo dei credenti – penso anche al ruolo dei cristiani protestanti, per esempio nell’Europa orientale, accanto ai cattolici – è stato molto importante proprio nel favorire quella che, nelle sue espressioni migliori, è stata come in Cecoslovacchia definita una “rivoluzione di velluto”.







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