Commemorazione dei fedeli defunti. Il Papa: guardare con serenità al mistero della
morte illuminati dalla fede nella risurrezione
Tutta la Chiesa si raccoglie oggi in preghiera per la commemorazione dei fedeli defunti.
Benedetto XVI si recherà nel pomeriggio nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera
per i Pontefici che lo hanno preceduto. Ieri, all’Angelus in Piazza San Pietro, ha
invitato a vivere con “autentico spirito cristiano” questo giorno, guardando al mistero
della morte con serenità e speranza, illuminati dalla fede nella risurrezione. Un’esortazione
più volte riproposta in questi anni di Pontificato. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Il Papa ricorda
che “della morte del corpo non c’è da aver paura” perché “sia che viviamo, sia che
moriamo, siamo con il Signore”:
“Già l’apostolo
Paolo, scrivendo alle prime comunità, esortava i fedeli a ‘non essere tristi come
gli altri che non hanno speranza’. ‘Se infatti – scriveva – crediamo che Gesù è morto
e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti’
(1 Ts 4,13-14). E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della
vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi,
perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere”.
(Angelus del 2 novembre 2008)
Ma l’uomo moderno
- sottolinea Benedetto XVI – rimuove spesso il pensiero stesso della morte vivendo
come se Dio non esistesse: “L’uomo moderno l’aspetta
ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata?
In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene,
che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra
stessa vita”. (Udienza generale del 2 novembre 2005)
Eppure
Dio continua ad esistere, anche se non ci crediamo: e con Lui, l’aldilà. Così la Chiesa
c’invita a offrire per i fedeli defunti, Messe, preghiere, indulgenze e le nostre
sofferenze e fatiche quotidiane, affinché, “completamente purificati”, siano ammessi
alla vita eterna. Ma cosa è questa vita eterna?
“Vita
eterna per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì
una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal
male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratelli e le sorelle
che partecipano dello stesso Amore”. (Angelus del primo novembre 2006)
Dio
è Amore, e ha dato la sua vita per noi e non ci abbandona, perché ci ama sino alla
fine:
“Sono risorto e ora sono sempre con te
- ci dice il Signore - e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai
nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte. Dove nessuno può più
accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare
per te le tenebre in luce”. (Angelus del 2 novembre 2008)
La
Commemorazione dei fedeli defunti è legata ad una iniziativa di Sant’Odilone, abate
di Cluny, nel X secolo. All’epoca erano un migliaio i monasteri benedettini che dipendevano
da quello di Cluny, è questo ha favorito l'ampio diffondersi della commemorazione
in molte parti dell’Europa settentrionale. Poi, nel 1311, la memoria dei defunti è
stata sancita ufficialmente a Roma. Tuttavia la Chiesa, fin dai primi tempi, ha coltivato
con grande pietà il ricordo dei morti e ha offerto per loro suffragi. Ma a quali riflessioni
ci può spingere il pensiero di quanti non sono più con noi? Tiziana Campisi
lo ha chiesto a don Antonio Interguglielmi, commissario dell’Arciconfraternita
di carità verso i trapassati di Roma:
R. – Ci devono
portare soprattutto a vivere la nostra vita quotidiana con una grande speranza. Sapere
che il nostro passare del tempo non è un invecchiare, non è un perdere la salute,
ma è un andare verso la pienezza: è il Signore che ci attende. Scoprire ogni giorno
di più che abbiamo questa vicinanza con Gesù Cristo, una vicinanza che ci fa quasi
desiderare il Cielo, perché ogni giorno della nostra vita affrontiamo le difficoltà,
le limitatezze, le paure e i problemi, mentre abbiamo dentro di noi questo desiderio
di pienezza che raggiungeremo soltanto quando raggiungeremo nostro Signore, ma di
cui oggi possiamo già fare esperienza.
D. – Ricordare
i defunti a volte infonde tristezza, nostalgia. Come vivere cristianamente questo
ricordo?
R. – Umanamente viviamo sempre un grande
dolore perché siamo privati della vicinanza dei cari, di persone con cui abbiamo condiviso
tante cose che ci hanno donato gioie, siamo stati con loro nella vita in comunione
in tante circostanze che adesso non possiamo più vivere, perché loro non li vediamo
più: ma c’è questa vicinanza, c’è la possibilità di sentirli ancora più vicino e questo
si realizza pienamente nei sacramenti, in particolar modo nella celebrazione dell’Eucaristia.
Lì sentiamo che, anche se non abbiamo più questa vicinanza terrena, umana, visibile,
loro sono accanto a noi, sono vicino a noi e li possiamo sentire presenti. Loro sono
nel Signore e quindi quello che ci unisce fondamentalmente come cristiani sia noi,
sia i fratelli che sono nel Cielo, è che abbiamo un comune denominatore che è Gesù
Cristo, che è il Signore, il nostro Salvatore.
D.
– Il ricordo di chi non c’è più in questi giorni è molto più intenso e forse episodico.
Come invece portarlo nella vita quotidiana perché possa lasciare un insegnamento?
R.
- Lo possiamo portare soprattutto con la testimonianza della nostra vita, perché attraverso
la testimonianza cristiana, la testimonianza di Gesù Cristo Risorto agli altri fratelli
che sono nella sofferenza, che non hanno tante volte la possibilità di vivere una
vita facile, una vita semplice, possiamo trasmettere questa gioia che Cristo è veramente
Risorto, che la nostra vita non va verso un niente ma verso la pienezza nel Signore.