2009-11-02 12:26:39

Commemorazione dei fedeli defunti. Il Papa: guardare con serenità al mistero della morte illuminati dalla fede nella risurrezione


Tutta la Chiesa si raccoglie oggi in preghiera per la commemorazione dei fedeli defunti. Benedetto XVI si recherà nel pomeriggio nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera per i Pontefici che lo hanno preceduto. Ieri, all’Angelus in Piazza San Pietro, ha invitato a vivere con “autentico spirito cristiano” questo giorno, guardando al mistero della morte con serenità e speranza, illuminati dalla fede nella risurrezione. Un’esortazione più volte riproposta in questi anni di Pontificato. Ce ne parla Sergio Centofanti.RealAudioMP3

Il Papa ricorda che “della morte del corpo non c’è da aver paura” perché “sia che viviamo, sia che moriamo, siamo con il Signore”:

 
“Già l’apostolo Paolo, scrivendo alle prime comunità, esortava i fedeli a ‘non essere tristi come gli altri che non hanno speranza’. ‘Se infatti – scriveva – crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti’ (1 Ts 4,13-14). E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere”. (Angelus del 2 novembre 2008)

 
Ma l’uomo moderno - sottolinea Benedetto XVI – rimuove spesso il pensiero stesso della morte vivendo come se Dio non esistesse:
 
“L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita”. (Udienza generale del 2 novembre 2005)

 
Eppure Dio continua ad esistere, anche se non ci crediamo: e con Lui, l’aldilà. Così la Chiesa c’invita a offrire per i fedeli defunti, Messe, preghiere, indulgenze e le nostre sofferenze e fatiche quotidiane, affinché, “completamente purificati”, siano ammessi alla vita eterna. Ma cosa è questa vita eterna?

 
“Vita eterna per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratelli e le sorelle che partecipano dello stesso Amore”. (Angelus del primo novembre 2006)

 
Dio è Amore, e ha dato la sua vita per noi e non ci abbandona, perché ci ama sino alla fine:

 
“Sono risorto e ora sono sempre con te - ci dice il Signore - e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare per te le tenebre in luce”. (Angelus del 2 novembre 2008)

 
La Commemorazione dei fedeli defunti è legata ad una iniziativa di Sant’Odilone, abate di Cluny, nel X secolo. All’epoca erano un migliaio i monasteri benedettini che dipendevano da quello di Cluny, è questo ha favorito l'ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell’Europa settentrionale. Poi, nel 1311, la memoria dei defunti è stata sancita ufficialmente a Roma. Tuttavia la Chiesa, fin dai primi tempi, ha coltivato con grande pietà il ricordo dei morti e ha offerto per loro suffragi. Ma a quali riflessioni ci può spingere il pensiero di quanti non sono più con noi? Tiziana Campisi lo ha chiesto a don Antonio Interguglielmi, commissario dell’Arciconfraternita di carità verso i trapassati di Roma:RealAudioMP3

R. – Ci devono portare soprattutto a vivere la nostra vita quotidiana con una grande speranza. Sapere che il nostro passare del tempo non è un invecchiare, non è un perdere la salute, ma è un andare verso la pienezza: è il Signore che ci attende. Scoprire ogni giorno di più che abbiamo questa vicinanza con Gesù Cristo, una vicinanza che ci fa quasi desiderare il Cielo, perché ogni giorno della nostra vita affrontiamo le difficoltà, le limitatezze, le paure e i problemi, mentre abbiamo dentro di noi questo desiderio di pienezza che raggiungeremo soltanto quando raggiungeremo nostro Signore, ma di cui oggi possiamo già fare esperienza.

 
D. – Ricordare i defunti a volte infonde tristezza, nostalgia. Come vivere cristianamente questo ricordo?

 
R. – Umanamente viviamo sempre un grande dolore perché siamo privati della vicinanza dei cari, di persone con cui abbiamo condiviso tante cose che ci hanno donato gioie, siamo stati con loro nella vita in comunione in tante circostanze che adesso non possiamo più vivere, perché loro non li vediamo più: ma c’è questa vicinanza, c’è la possibilità di sentirli ancora più vicino e questo si realizza pienamente nei sacramenti, in particolar modo nella celebrazione dell’Eucaristia. Lì sentiamo che, anche se non abbiamo più questa vicinanza terrena, umana, visibile, loro sono accanto a noi, sono vicino a noi e li possiamo sentire presenti. Loro sono nel Signore e quindi quello che ci unisce fondamentalmente come cristiani sia noi, sia i fratelli che sono nel Cielo, è che abbiamo un comune denominatore che è Gesù Cristo, che è il Signore, il nostro Salvatore.

 
D. – Il ricordo di chi non c’è più in questi giorni è molto più intenso e forse episodico. Come invece portarlo nella vita quotidiana perché possa lasciare un insegnamento?

 
R. - Lo possiamo portare soprattutto con la testimonianza della nostra vita, perché attraverso la testimonianza cristiana, la testimonianza di Gesù Cristo Risorto agli altri fratelli che sono nella sofferenza, che non hanno tante volte la possibilità di vivere una vita facile, una vita semplice, possiamo trasmettere questa gioia che Cristo è veramente Risorto, che la nostra vita non va verso un niente ma verso la pienezza nel Signore.







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