Afghanistan. Abdullah rinuncia al ballottaggio ma il voto si terrà regolarmente
In Afghanistan, l'ex ministro degli esteri Abdullah, sfidante di Karzai, ha annunciato
oggi che non parteciperà al ballottaggio per le presidenziali del 7 novembre perché
il governo e la Commissione elettorale non assicurerebbero - a suo avviso - un voto
trasparente e corretto. Non si tratta tuttavia di un invito al boicottaggio elettorale
– ha spiegato Abdullah. La Commissione ha comunque stabilito che la tornata elettorale
si terrà ugualmente. Da parte sua, il segretario di Stato americano Hillary Clinton
aveva già sottolineato che il ritiro di Abdullah non avrebbe delegittimato il voto
mentre l’Onu aveva auspicato che non ci fosse alcun rinvio. Sempre oggi si registrano
nuove minacce dei talebani nei confronti di chi si recherà alle urne. Ma come valutare
questa decisione di Abdullah? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Lorenzo Cremonesi
esperto di Afghanistan:
R. – Abdullah,
che ha comunque preso molti meno voti che non Karzai anche al netto dei brogli alle
elezioni del 20 agosto scorso, sta giocando una raffinata battaglia, un raffinato
gioco per cercare di trattare con Karzai ma da una posizione di forza e il più forte
possibile. Abdullah ma anche Karzai si rendono conto che un secondo voto adesso è
assurdo. Non ha senso. Non ha senso perché non c’è il tempo di prepararlo, perché
l’inverno è alle porte e sulle montagne nevica e quindi molte aree montagnose sono
già non raggiungibili, non si voterà. Perché comunque se il voto del 20 agosto è andato
male questo andrà malissimo. Se allora il 37 per cento degli aventi diritto al voto
è andato alle urne adesso ci andrà molto meno, il tasso di partecipazione sarà molto
più basso, e quindi conviene non farle. Allora Karzai se va da solo apparirà ancora
più delegittimato: cioè, un presidente che vince senza una vera competizione già screditato
dai brogli di due mesi fa e adesso ancora più inficiato. Quindi in qualche modo ha
più bisogno di Abdullah e Abdullah non ci sta. Cosa vuol dire: allora trattiamo, allora
facciamo un governo di transizione per un voto migliore tra un anno, due, quello
che sarà, con Abdullah molto più forte, artificiosamente più forte, cioè più forte
di quel 31, 32 per cento dei voti che avrebbe ricevuto alle elezioni del 20 agosto.
D. - Quindi tutto questo potrebbe comportare un
rilancio del possibile governo di unità nazionale?
R.
– Sì, anche se Karzai, devo dire, non ci sta. Karzai è offeso, è arrabbiato con gli
americani, è isolato, è incattivito. Purtroppo ho l’impressione che siamo davanti
a due personaggi che si stanno comportando in modo abbastanza irresponsabile in un
Paese che sta invece precipitando nel caos. E’ un problema di politica interna ma
che coinvolge tutti i Paesi che hanno militari nella coalizione internazionale guidata
dagli americani, e questo spiega i vari tentennamenti, il prolungarsi delle indecisioni
da parte di Barack Obama il quale davvero non sa bene che pesci pigliare: infatti,
come si fa a fare passare all’elettorato americano, dopo tutti i morti e il dato terribile
che negli ultimi tempi il loro numero sta aumentando ancora, la richiesta di mandare
più truppe, addirittura 40 mila uomini? Davanti a una catastrofe politica di questo
genere, davanti a una classe politica afghana che si dimostra immatura, non pronta
a cooperare, litigiosa come non mai!