"Il nastro bianco" di Michael Haneke da oggi sugli schermi italiani
Palma d’Oro a Cannes, “Il nastro bianco” di Michael Haneke è da oggi sugli schermi
italiani. Una rigorosa ricostruzione antropologica e cinematografica, girata tutta
in bianco e nero, sulle origini del male in una comunità rurale tedesca all’alba della
Grande Guerra. E che diventa l’immagine del futuro nazismo nel quale precipiterà l’intera
nazione. Il servizio di Luca Pellegrini:
(clip audio) “Quand’eravate
piccoli, a volte, vostra madre vi legava un nastro fra i capelli o al braccio. Il
suo colore bianco doveva essere per voi monito d’innocenza e purezza. Io credevo che
alla vostra età foste ormai sufficientemente assennati ed educati da poter fare a
meno di un simile monito. Ma mi sbagliavo. Domani, dopo che la vostra punizione vi
avrà purificati, vostra madre vi legherà al braccio quel nastro e voi lo indosserete
finché la vostra condotta non ci porterà nuovamente ad avere fiducia in voi”. Un’illusione,
questa fiducia del pastore luterano, chiuso nella cieca osservanza di regole durissime.
Lo sbaglio sarà irreparabile. La storia si svolge in un paesello di campagna nella
Germania profonda alla vigilia della Grande Guerra. E’ il 1913 e strani fatti cominciano
ad accadere. Fanno presagire che qualche cosa di maligno serpeggia avvolgendo quelle
anime impassibili e devote, quelle stanze ordinate e silenziose. Un dottore cade da
cavallo, e non è un incidente; il bimbo del barone viene legato e fustigato, quello
della levatrice, handicappato, viene torturato e accecato; una contadina precipita
da un pavimento marcio, il marito s’impicca. Tutti nascondono le loro colpe. E’ un
villaggio di dannati? No, è il villaggio che fa da incubatrice al male assoluto che
nel giro di due decenni metterà a ferro e fuoco l’Europa. Quel male è il nazismo e
la sua aberrante ideologia. Haneke si dimostra ancora una volta un grande regista,
in questo caso formale e teoretico: ogni immagine è studiata con maniacale precisione,
ogni silenzio prepara un dialogo o un pianto, non si vede violenza, non una goccia
di sangue, nemmeno gli atti più turpi, ma l’odio, l’intolleranza, l’invidia, la vendetta
si percepiscono nelle parole, nei racconti, negli sguardi, in quella sospesa tragedia
che, per ora, non presenta catarsi alcuna. Nemmeno Dio, che viene citato come il leguleio
delle coscienze e strumentalizzato per piegarle e offenderle senza compassione, sembra
abitare tra quelle mura austere dove il peccato si traveste con il candore dell’infanzia,
che ora agisce nascosta e temeraria, più tardi lo farà su grande scala, organizzata
nei quadri di un partito e corrotta dalle farneticazioni di un gruppo di folli ai
quali affideranno la vita e il futuro. Il nastro del titolo, apposto al braccio di
una gioventù ordinata e infelice, indica la purezza di cui sarebbero testimoni e trofei.
Un altro nastro, determinato da una scelta abominevole, diventerà di lì a poco, trasformandosi
in nero, il segno di appartenenza al male. Il bene, nel frattempo, si nasconderà nel
cuore dei pochi disposti ad accoglierlo e difenderlo.