Dieci anni fa la Dichiarazione cattolica-luterana sulla giustificazione. Il cardinale
Kasper: Dio è e vuole unità
Una pietra miliare nel cammino verso l’unità dei cristiani: si celebra oggi ad Augusta,
in Germania, il 10.mo anniversario della Dichiarazione congiunta della Chiesa cattolica
e della Federazione luterana mondiale sulla dottrina della giustificazione. All’evento
ecumenico partecipa anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio
per l’Unità dei Cristiani. Il porporato pronuncerà un discorso, oggi pomeriggio, ai
Vespri nella Cattedrale di Augusta. Intervento che è stato anticipato alla Radio Vaticana.
Il servizio di Alessandro Gisotti: “Dio è e vuole
unità”, “vuole una sola Chiesa come strumento e segno dell’unità dell’umanità”: lo
ribadisce con forza il cardinale Walter Kasper che denuncia: “la separazione delle
nostre Chiese” è “una contro testimonianza del Vangelo”, “uno scandalo”. Il porporato
tedesco rileva dunque il ruolo straordinario del movimento ecumenico, che, afferma,
“non è opera dello spirito del liberalismo e dell’indifferentismo”, ma è “impulso
dello Spirito di Gesù Cristo, dello Spirito Santo”. Per questo, è il suo richiamo,
“dobbiamo rimanere fedeli all’opzione ecumenica; non vi sono alternative”. Opera dello
Spirito Santo, sottolinea il cardinale Kasper, è anche la firma della Dichiarazione
comune di Augusta che ha messo fine ad un contrasto durato quasi 500 anni. “Le critiche
dissacranti in merito ad un apparente arresto nell’ecumenismo – avverte il porporato
– e il miserevole disfattismo, che in termini ipocriti rilevano soltanto quanto ancora
non è stato raggiunto, dimenticando quanto ancora negli ultimi anni ci è stato donato,
è veramente nuda e cruda ingratitudine”. Bisogna, dunque, ringraziare di cuore Dio
in questa celebrazione e ripetere quanto detto 10 anni fa in occasione della firma:
“Ci siamo porti la mano ed ora non la lasciamo, non ci lasciamo più”. D’altro
canto, riconosce il capo dicastero vaticano, bisogna “essere realistici” e consapevoli
che “la strada per raccogliere il popolo di Dio non è ancora terminata” ed anzi sulla
via ci sono a volte anche dei macigni. “Fare finta di non vederli – aggiunge – non
sarebbe soltanto irresponsabilmente incosciente”, ma sarebbe anche un “pericolo mortale”
dagli effetti controproducenti. Cosa fare dunque? Il cardinale Kasper mette l’accento
sulla “conversione del cuore” senza la quale “non esiste ecumenismo”. E invoca una
“nuova Pentecoste”, “un nuovo slancio, un nuovo entusiasmo ed un profondo rinnovamento
spirituale”. Per questo, auspica che “l’ecumenismo sia anzitutto e soprattutto un
ecumenismo della preghiera”. L’unità, ripete ancora una volta, “è un dono dello Spirito
Santo e frutto della preghiera” che significa anche un ecumenismo della meditazione
orante comune della Bibbia. Ecumenismo spirituale, afferma ancora, significa “ecumenismo
dell’amore fattivo”, nella consapevolezza che “l’ecumenismo non è fine a se stesso;
va oltre se stesso verso la riconciliazione, l’unità e la pace nel mondo”.
Per
una riflessione sull’importanza della Dottrina della giustificazione e della Dichiarazione
congiunta, Alessandro Gisotti ha intervistato don Angelo Maffeis, consultore
del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani e membro della
Commissione Internazionale per il dialogo cattolico-luterano:
R. – L’essenza
di questa Dottrina si trova nella riflessione dell’Apostolo Paolo, che quando parla
della Salvezza cristiana si serve appunto di questo concetto di giustizia per indicare
che, nonostante il peccato, Dio salva l’umanità, la rende giusta. Quindi, l’accoglienza
di questo dono di Dio attraverso la fede consente di accedere alla giustizia. Nel
XVI secolo, proprio sull’interpretazione di questa dottrina di Paolo, si è manifestata
una profonda divergenza che poi ha portato alle scomuniche reciproche. Il dissenso
verteva sostanzialmente sulla comprensione di questa azione di Dio: e cioè se questa
creatura rimane peccatrice oppure, come sosteneva la dottrina cattolica, questa creatura
venga sostanzialmente rinnovata e, quindi, la grazia la trasforma e la rende una nuova
creatura. D. – Dunque, quali sono i punti salienti della Dichiarazione
congiunta, firmata dieci anni fa ad Augusta, che davvero volta una pagina storica... R.
– Il punto fondamentale è in fondo un ritorno a leggere Paolo, la sua dottrina della
Salvezza cristiana della giustificazione, insieme. E’ interessante la struttura di
questo accordo, sottoscritto dieci anni fa, tra la Chiesa cattolica e le Chiese luterane,
proprio perché al fondamento si pone una comune professione di fede, che riconosce
come la Salvezza sia dono gratuito, totalmente dipendente dall’iniziativa divina e,
al tempo stesso, sia una realtà che porta frutto nell’esistenza umana e quindi rinnova
questa esistenza e impone una fedeltà appunto al dono ricevuto. In qualche misura
quello che nel XVI secolo si è visto come alternativa, si è potuto vedere in termini
complementari, come aspetti che non necessariamente devono essere visti in alternativa.
E’ uno schema triangolare quello dell’accordo che viene formulato nella Dichiarazione
congiunta. Al vertice superiore sta la comune affermazione di fede e poi nei due vertici
inferiori c’è l’affermazione luterana e l’affermazione cattolica: un modello che riesce
a far valere la comune professione di fede e insieme la possibilità di espressioni
teologiche con categorie che sono diverse e che rispecchiano le due tradizioni. D.
– Si può, dunque, affermare che è stato rimosso l’elemento più significativo, se vogliamo
proprio la fonte della separazione tra cattolici e luterani? R.
– Certamente, questo si può dire per una duplice ragione: primo, perché in fondo qui
si tratta dell’annuncio cristiano della Salvezza, anche se forse la terminologia della
giustificazione al credente medio oggi non dice più molto. La realtà di cui parla
è la Salvezza cristiana e quindi il fondamento stesso della fede. Ed è un punto importante
anche per il valore simbolico che ha avuto all’inizio dell’epoca della Riforma, perché
nella tradizione luterana viene considerato l’articolo di fede su cui la Chiesa “sta
o cade”. E proprio su questo si è raggiunto un accordo.