Honduras: raggiunto l'accordo per la fine della crisi politica
Raggiunto, in Honduras, l’accordo tra il presidente deposto, Manuel Zelaya, ed il
governo de facto guidato da Roberto Micheletti. L’intesa pone fine a quattro mesi
di tensioni e punta a ricreare quel clima di distensione necessario in vista delle
elezioni generali del 29 novembre prossimo e soprattutto della ripresa economica del
Paese. In base all’accordo, Zelaya riassume la carica di capo dello Stato fino al
giorno delle consultazioni. Per una valutazione dell’accordo, Giancarlo La Vella
ha intervistato Luis Badilla Morales, esperto di America Latina della nostra
emittente:
R. – La valutazione
non può essere se non assolutamente positiva. Secondo me, ha vinto il popolo dell’Honduras
che tanto ha sofferto e continua a soffrire; nel senso che ha vinto la ragione. Come
dicevano la Chiesa, i vescovi, il cardinale Rodriguez Madariaga e come diceva lo stesso
mediatore del presidente dell’Honduras, Oscar Arias, l’accordo era possibile. Si trattava
di vedere che cosa potessero concedersi reciprocamente le parti e qui si è arrivati
– per così dire – ad una sorta di quadratura del cerchio. Il presidente Zelaya torna
a fare il presidente, seppure per 29 giorni – e questo è il simbolo del ripristino
dell’ordine costituzionale – e il presidente “ad interim” Micheletti ottiene, in cambio,
che la data delle elezioni presidenziali del 29 novembre non venga modificata; e,
soprattutto, vengono sospese le sanzioni internazionali. Tutto questo insieme di elementi
– detto sinteticamente – sono positive per il Paese.
D.
– Quanto è importante per l’Honduras ritornare ad un clima di distensione?
R.
– E’ fondamentale, perché il problema dell’Honduras in questi mesi – dal 28 giugno
fino ad oggi – ha distratto tutta l’attenzione della classe governante, dell’opinione
pubblica, dei settori produttivi, anche dell’opinione pubblica internazionale, dai
problemi urgenti del Paese. E’ uno dei Paesi più poveri dell’America Centrale, uno
dei più colpiti dalla crisi … Quindi, oggi possono tornare ad occuparsi dei veri problemi
della Nazione.
D. – A questo punto, si guarda con
più serenità alle elezioni presidenziali. Quali sono le forze in campo?
R.
– Sostanzialmente due. Il partito del presidente uscente “ad interim”, Micheletti:
lui voleva essere il candidato, ma il partito non se lo è permesso; ha presentato
un’altra persona e anche questo è positivo perché rompe un po’ con la storia dei mesi
passati; e il partito del presidente Zelaya, il partito liberale, che non appare
– tra l’altro – favorito nei sondaggi. Secondo i sondaggi internazionali ed interni,
il 29 dovrebbe vincere il partito conservatore o nazionale dell’Honduras, che è il
partito di Micheletti con un altro candidato. Se le cose andranno così, l’importante
è che poi riprenda la dialettica democratica, reciproca, rispettosa senza violenza
nel dialogo e nel negoziato.