Aperta in Vaticano la mostra su padre Matteo Ricci, il gesuita "cinese tra i cinesi"
“Precursore del Concilio Vaticano II”: così ieri pomeriggio il cardinale Giovanni
Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, ha definito padre
Matteo Ricci in occasione dell’apertura della mostra a lui dedicata nel Braccio di
Carlo Magno. “Ai crinali della storia. Padre Matteo Ricci tra Roma e Pechino” cade
nel quarto centenario della sua morte, è visitabile a partire da oggi fino al gennaio
2010. Un’occasione per riscoprire la missione del gesuita maceratese che si fece “cinese
tra i cinesi”. C’era per noi Benedetta Capelli:
E’ nel cuore
della cristianità che si ricorda padre Matteo Ricci. Non a caso. Perché lui fu vero
testimone della Parola di Dio e fedele servitore del Papa. Si può anche pensarlo –
come ha fatto ieri il cardinale Lajolo – con il Vangelo in una mano e nell’altra un
cannocchiale, testimonianza della sua sapienza scientifica che trasmise ai cinesi.
Una vita avventurosa e ricca raccontata in più di 150 opere organizzate in 5 sezioni.
Ad aprire la mostra una grande statua dorata di padre Ricci che accompagna il visitatore
nell’atrio completamente bianco dove campeggia una volta con la mappa della Cina.
Per entrare si ha la sensazione quasi di abbassare il capo in segno di rispetto, lo
stesso rispetto che Matteo Ricci ebbe per quella cultura. Due i colori che dominano
la mostra. Pierluigi Pizzi, scenografo e curatore dell’allestimento:
“L’azzurro è un colore che io ho sentito molto italiano,
mi ricorda il manto delle Madonne di Sassoferrato. Il rosso, invece, è la Cina, le
lacche, le architetture templari ma anche il sangue, la passione… Come sempre, poi,
le cose a raccontarle si banalizzano. Io preferisco sempre che la spiegazione di certe
scelte venga dall’impatto che il pubblico poi ha con quello che vede, perché – in
fin dei conti – il nostro compito è di suscitare l’emozione attraverso le immagini
e per questo bisogna trovare delle suggestioni che possano provocare delle reazioni
nei visitatori”.
Di grande fascino il percorso espositivo
con gli orologi solari, un astrolabio nautico, la sfera armillare, il mappamondo disegnato
per l’imperatore. Strumenti che si collocano accanto alle statue di Buddha, all’altare
di Confucio e agli scritti di padre Ricci come il vocabolario portoghese-cinese e
il suo “Trattato dell’amicizia”. Un vero colpo di teatro è poi la tela di Rubens raffigurante
il miracolo di Sant’Ignazio di Lojola, proveniente dalla Chiesa del Gesù di Genova,
collocata su un altare romano. Aspetti molteplici della vita del gesuita: “precursore
del Vaticano II” secondo il cardinale Giovanni Lajolo:
“Precursore
non intenzionale ma nei fatti, perché ha agito secondo i criteri dell’inculturazione
e della gradualità, che sono stati espressamente insegnati dal Concilio Vaticano II
ma non sono stati un’invenzione del Concilio Vaticano II: appartengono al Vangelo.
Matteo Ricci ha applicato proprio questi due criteri, con grande sapienza. Non si
può essere molto semplici nel parlare se non si è molto sapienti; non si può essere
graduali nel proporre ciò che si vuole proporre, se non si conoscono tutti i gradini
che bisogna percorrere. In questo Matteo Ricci era anche uno scienziato di grande
spessore!”.
Furono circa tremila i cinesi convertiti
in Cina da padre Matteo Ricci, tra questi Xu Guangqi, colto funzionario imperiale.
Una figura importante e non separata dal gesuita ma anzi strettamente legata da quel
vincolo dell’amicizia già esaltato nel suo trattato. Una mostra che ha quindi il merito
di far conoscere la “straordinaria avventura missionaria” di padre Ricci così definita
da mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata:
“E’
una porta aperta su questa straordinaria personalità e quindi ci permette di incominciare
a conoscere, a scoprire la grandezza di questo uomo. Alla mostra seguiranno altre
iniziative in Cina, in Italia: convegni che contribuiranno certamente a riscoprire
il suo spessore spirituale e intellettuale. Ci aiuteranno anche – spero – a comprovare
ulteriormente quella fama di santità che fin dai primi momenti dopo la sua morte lo
ha accompagnato. Speriamo che ci siano le condizioni per un riconoscimento della statura
spirituale e anche della santità di questo straordinario uomo”.
Una
celebrazione sentita e appassionata di Li Madou, così veniva chiamato in cinese padre
Matteo Ricci, ovvero il “saggio d’Occidente”.