2009-10-29 15:12:33

Corsa alle ricchezze dell'Africa: sfruttamento di un continente che vuole alzarsi e camminare


“I Padri sinodali rendono grazie a Dio per le abbondanti ricche risorse naturali dell’Africa. Ma essi affermano che i popoli d’Africa, invece di goderli come benedizione e fonte di reale sviluppo, sono vittime di una cattiva gestione pubblica da parte delle locali autorità e dello sfruttamento da parte di poteri stranieri”. È quanto si legge nella Proposizione finale numero 29 del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, conclusosi domenica scorsa. Un problema, quello delle risorse naturali, molto pressante per l’Africa: basti pensare che, secondo studi recenti, le ricchezze minerarie del continente valgono oltre 46 mila miliardi di dollari, pari a 13 volte il reddito annuale della Cina. Basterebbe il 12% di questa somma per dotare l’Africa di infrastrutture a livello europeo. Ma quali sono, nello specifico, le risorse naturali africane? Isabella Piro lo ha chiesto al prof. Angelo Turco, docente di Geografia politica e culturale presso l’Università dell'Aquila.RealAudioMP3



R. – Principalmente petrolio, l’oro, il rame, pietre preziose come diamanti, minerali che oggi hanno un valore economico e strategico decisivo per la fabbricazione di microconduttori, microprocessori, come il coltan. E poi, ci sono le risorse naturali legate alla flora, alle foreste, le risorse faunistiche, animali immessi nel circuito legale o clandestino internazionale.

 

D. – Quali sono le cause che impediscono all’Africa di essere autonoma, di gestire quindi materialmente tante di queste ricchezze?

 

R. – Le cause sono di due tipi. Cause esterne, legate quindi alle dinamiche internazionali, ai corsi dei mercati e quindi delle materie prime che vengono decisi nelle grandi piazze finanziarie americane ed europee, e dinamiche politiche legate all'attenzione e all’interesse che gli Stati manifestano per le ricchezze africane. In mezzo, tra economia e politica, ovviamente, ci sono le multinazionali che perseguono strategie di sfruttamento assolutamente centrate sui propri interessi e certamente non su quelli africani. Però, vorrei ricordare con molta forza le ragioni interne: l’Africa è bloccata economicamente perché è bloccata politicamente. I regimi africani continuano ad essere regimi, con un contenuto antidemocratico e autoritario molto forte che impediscono lo svolgimento delle attività economiche nella piena trasparenza delle regole giuridiche ma anche di mercato e favoriscono filiere corruttive che sono intimamente legate all’esercizio del potere politico e impediscono un regolare svolgimento della produzione di ricchezza, e soprattutto della sua distribuzione.

 

D. – In una delle Proposizioni finali del Sinodo si ribadisce che c’è una connessione tra lo sfruttamento delle risorse naturali, il traffico di armi e l’insicurezza volutamente mantenuta. Come uscire, secondo lei, da questo circolo vizioso?

 

R. – Attraverso una restaurazione della politica. Il blocco dei meccanismi che assicurano la trasparenza, la partecipazione dei cittadini, il coinvolgimento della società civile, crea zone vastissime di ombra all’interno delle quali avviene di tutto: traffici illegali di armi, droga, di esseri umani e soprattutto di bambini …

 

D. – C’è il rischio che si verifichi una nuova corsa all’Africa?

 

R. – La corsa all’Africa è già in atto, forse non è mai cessata! Oggi, dal punto di vista dell’economia e della circolazione delle informazioni, la globalizzazione ha aperto prospettive nuove nelle quali le pratiche di dominazione in Africa, e quindi la corsa all’Africa, si stanno svolgendo.








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