2009-10-27 15:33:30

Pakistan: leader cristiani e musulmani chiedono l'abrogazione della legge sulla blasfemia


Cristiani, indù, musulmani esperti di diritto, studiosi di religione e attivisti per i diritti umani, all’unisono, manifestano preoccupazione per gli abusi perpetrati in nome della legge sulla blasfemia in Pakistan e ne chiedono l’abrogazione. Nel Paese - riferisce l'agenzia AsiaNews - sta emergendo un fronte popolare, il quale promette battaglia per la cancellazione di una norma che prevede il carcere a vita o la condanna a morte per chi profana il Corano o diffama il nome del profeta Maometto. La legge è stata introdotta nel 1986 sotto il dittatore Zia-ul-Haq, che ne ha voluto l’applicazione per soddisfare le rivendicazioni dell’ala fondamentalista del Paese. Negli anni è stata utilizzata come pretesto per scatenare violenze contro le minoranze o colpire attività economiche e proprietà altrui. Lo scorso fine settimana si sono tenuti due incontri: il 24 ottobre a Karachi, organizzato da Resistenza popolare, movimento della società civile che si batte per i diritti umani. Il secondo, il giorno successivo a Rawalpindi, promosso dal Pakistan Christian Congress (Pcc). I partecipanti hanno dichiarato che la legge sulla blasfemia è “ingiusta, incostituzionale e uno strumento nelle mani degli estremisti per colpire le vulnerabili minoranze religiose”. Dagli incontri del fine settimana è emerso un movimento interconfessionale che – sotto il profilo giuridico, religioso, culturale e morale – lotta per la cancellazione della norma. Rana Bhagwandas, giudice in pensione e ospite d’onore al seminario di Karachi, sottolinea che la legge sulla blasfemia “è stata introdotta dal generale Zia per legittimare la dittatura sotto il manto dell’islam”, ha creato una “cattiva immagine” della religione ed è stata usata “per perseguitare minoranze e i musulmani stessi”. Il costituzionalista Zain Sheikh aggiunge che le norme sono “incostituzionali e vanno abrogate”, ma è necessario anche un “cambiamento nel modo di ragionare di quei bigotti che incitano le folle alla violenza”. Khalid Zaheer, studioso islamico, è del parere che “secondo il Corano una persona non può essere uccisa per blasfemia”, perché la condanna a morte è prevista solo per “l’omicidio o l’attentato alla vita delle persone”: Lo Stato, non i singoli, deve applicare questa legge. Gli Ulema hanno una grande responsabilità in questo senso”. Egli auspica anche una “riduzione nelle pene”. Gli fa eco Hilda Saeed, attivista per i diritti delle donne, che denuncia: “il Pakistan è uno dei Paesi in cui è meno rispettato il diritto di protezione delle minoranze”. Il vescovo Jiaz Inayat Masih, presidente del Forum interconfessionale per l’amicizia, punta il dito contro la “società”, che ha fallito “a più livelli nella promozione dei valori della persona umana” e ricorda che “Dio ci ha dato libertà di scelta in tema di fede”. (R.P.)







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