Karadzic non si presenta neanche al secondo giorno del processo che lo vede imputato
all'Aja
Secondo giorno di processo oggi all’Aja contro Radovan Karadzic, l'ex leader dei serbi
di Bosnia accusato di genocidio, senza l'imputato in aula. Già ieri i giudici del
Tribunale penale internazionale avevano aggiornato l'udienza sperando che l'ex leader
serbo assistesse al suo processo. Oggi, in ogni caso, il procedimento entra nel vivo
con la lettura da parte del procuratore degli 11 capi d'accusa contro Karadzic, che
ha rifiutato i legali d’ufficio dichiarando di volersi difendere da solo. Un atteggiamento
che ricalca quello già visto durante il processo al presidente serbo Milosevic. Sulle
analogie tra questi due personaggi sentiamo Massimo Nava, giornalista del Corriere
della Sera e testimone del conflitto nella ex Yugoslavia, intervistato da Stefano
Leszczynski.
R.
– C’è una tattica similare, perché evidentemente l’esperienza del processo a L’Aja
ha dimostrato che, in fondo, il tempo è un alleato prezioso. Non lo è stato per Milosevic,
per ragioni di salute, come sappiamo, ma in ogni caso la lungaggine procedurale e,
comunque, i tempi del processo sono una situazione a favore dell’imputato e quindi
tutti gli imputati a L’Aja hanno imparato questa tattica. La seconda cosa, invece,
che mi fa pensare ad un atteggiamento tutto sommato diverso sta nella psicologia dei
due imputati, nel senso che Milosevic non solo ha presenziato a quasi tutte le udienze,
ma, come dire, ha cercato di impostare una difesa che lo colloca in un contesto più
storicizzato. Karadzic, almeno per il momento, sembra non riconoscere legittimità
alla Corte, ma il suo modo di guadagnare tempo è probabilmente legato al fatto che
non si aspettava ancora l’arresto e vuol giocare la sua difesa soprattutto sulle carte
che, presumibilmente, ha in mano, per esercitare, in fondo, dei ricatti sui lati
oscuri di tutta la vicenda che lo riguarda.
D. –
Il fatto, tuttavia, che personaggi come Karadzic finiscano sotto processo, avendo
già sul capo la condanna dell’opinione pubblica in quanto criminali di guerra, non
inficia l’efficacia di questo tipo di processi?
R.
– Questi processi hanno una valenza strettamente giudiziaria ed evidentemente si concludono
quasi sempre con una condanna e, comunque, con una verità giudiziaria; poi hanno una
funzione morale e politica, perché offrono all’opinione pubblica una verità storica,
una verità morale, che in qualche misura può anche risarcire le vittime.
D.
– Come vive la gente di oggi quel passato che poi non è neanche troppo lontano?
R.
– Chiaramente la situazione è ancora talmente complicata, soprattutto in Bosnia, che
il futuro non è così individuabile, così palpabile in questo momento. E la Bosnia
rimane il punto di grande incertezza, perché la divisione etnica e l’alchimia istituzionale
che si è creata non ha ancora dato dei risultati apprezzabili.