DOSSIER FIDES: MISSIONARI PER L’AFRICA, MISSIONARI DALL’AFRICA PER IL MONDO
Riportiamo di seguito un dossier pubblicato dall'Agenzia Fides.
MISSIONARI
PER L’AFRICA, MISSIONARI DALL’AFRICA PER IL MONDO Agenzia FIDES – 17 ottobre 2009
“…le
vostre comunità cristiane, sull’esempio di quelle che vi hanno recato il messaggio
evangelico, sono esse stesse una Chiesa missionaria” (Benedetto XVI a Yaoundè,
18 marzo 2009)
1. La missione in Africa
Gli Istituti religiosi e l'evangelizzazione
dell'Africa La Società delle Missioni Africane I Missionari Comboniani del Cuore
di Gesù Altri Istituti maschili Principali Istituti femminili
La missione
in Africa, “piantagione della Chiesa”: il Cardinale Guglielmo Massaja (1809-1889)
“Guadagnare
nuovi discepoli fra i popoli neri grazie all'apostolato del lavoro”: l'Abate Franz
Pfanner OCR (1825-1909) e la Congregazione dei Missionari di Mariannhill
“O
Nigrizia o morte”: San Daniele Comboni (1831-1881)
2. Istituti missionari africani
Gli
Apostles of Jesus (Kenya) Suore di Nostra Signora del Kilimanjaro (Tanzania) Oblate
Catechiste Piccole Serve dei Poveri (Benin) Suore “Bene Tereza” (Burundi) Suore
del Cuore Immacolato di Maria (Tanzania) Ancelle del Bambino Gesù (Nigeria) Suore
di Nostra Signora della Chiesa (Togo) Suore di Nostra Signora di Usambara (Tanzania) Suore
di Nostra Signora di Fatima (Nigeria) Suore di Maria, Madre della Chiesa (Ghana) Fratelli
di Santo Stefano sotto il Patronato di Maria Regina degli Apostoli (Nigeria) Società
Missionaria di San Paolo (Nigeria) Altri Istituti missionari africani
INTERVISTA
al Card. Francis Arinze, Fondatore della Congregazione dei Brothers of St. Stephen.
1.
La missione in Africa
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – In Africa la Chiesa
cattolica conosce il più alto tasso di crescita a livello globale. Dal 1900 al 2000,
a fronte del raddoppiamento della popolazione totale, si è infatti passati da 1,9
a 139 milioni di fedeli, un fenomeno mai registrato nella storia dell'evangelizzazione.
Essi sono cresciuti negli ultimi anni del 3,1% (percentuale più alta della crescita
della popolazione, pari a 2,5%) e quasi la metà dei battesimi di adulti a livello
mondiale si è registrata in Africa. Anche le vocazioni sono in espansione. Il Bigard
Memorial Seminary di Enugu per la Nigeria Occidentale ed Orientale, con oltre 1.100
candidati al sacerdozio, è il più grande del mondo. Secondo i dati più recenti
dell'Annuario Statistico, oggi i cattolici costituiscono il 17,8% della popolazione
africana (circa 930 milioni complessivi), pari a oltre 158 milioni di abitanti. Nel
biennio 2005-2006 il numero dei fedeli è aumentato di poco meno di 5 milioni – secondo
solo all'America nel suo complesso. Significativi anche i dati ecclesiali: 638 Vescovi,
oltre 33 mila sacerdoti, 7 mila religiosi non sacerdoti, 24 mila seminaristi, circa
400 mila catechisti. Entro il 2050, tre nazioni africane (Repubblica Democratica
del Congo, Uganda e Nigeria) saranno nell'elenco dei primi dieci paesi cattolici più
grandi del mondo. Tali indicatori si spiegano con l'imponente crescita demografica
e con un'azione missionaria che da due secoli non conosce soste. In questo Dossier
l'Agenzia Fides intende mettere in evidenza, in concomitanza con la celebrazione della
Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, i grandi sforzi compiuti
per l'evangelizzazione dell'Africa negli ultimi due secoli e la risposta dinamica
delle giovani Chiese africane, presentando i principali Istituti religiosi missionari
nati nel continente che sono attualmente impegnati nella missione Ad Gentes nelle
proprie nazioni, in altri paesi dell’Africa e anche in altri continente.
Gli
Istituti religiosi e l'evangelizzazione dell'Africa
L'evangelizzazione dell'Africa
è antichissima e risale all'epoca apostolica. Gli Atti degli Apostoli (8, 26-40) riferiscono
della conversione dell'eunuco “etiope”, termine che designava un uomo di colore proveniente
da un territorio a sud delle prime cateratte del Nilo. Nel 189 circa venne eletto
il primo dei tre Papi africani della storia (San Vittore I, cui seguirono San Milziade
e San Gelasio I) e a partire dal V secolo d.C. il cristianesimo fu predominante in
nord Africa. Fra le molte iniziative missionarie svolte dalle comunità è da ricordare
la fondazione della Chiesa di Verona ad opera di San Zeno, compagno di scuola di Sant'Agostino.
Nell'anno 430 si contavano all'incirca seicento sedi vescovili nell'area, ma da allora
diverse cause (in particolare l'espansione musulmana) concorsero all'inarrestabile
declino. Sotto il pontificato di Gregorio VII le sedi vescovili erano ridotte drasticamente
a tre e nel XIII secolo esse erano cessate del tutto. La storia dell'evangelizzazione
riprende nel XV secolo parallelamente all'esplorazione delle coste africane ad opera
dei portoghesi. Degni di nota furono i successi in Congo ed Angola, cui contribuirono
i missionari Gesuiti, Carmelitani Scalzi e Domenicani. Anche il Mozambico fu nel novero
dei paesi che conobbero una rapida evangelizzazione (circa 20 mila cattolici nel 1591).
Tuttavia, a questa rinascita religiosa realizzata a costo di eroici sacrifici, seguì
un periodo di decadenza per tutto il XVIII secolo. È a partire soprattutto dalla
seconda metà dell'Ottocento che si situa l'evangelizzazione moderna del continente,
dal momento che gli sforzi sostenuti nei secoli precedenti erano stati quasi del tutto
cancellati dal tempo. In questa nuova fase gli Istituti religiosi sono i protagonisti
dell'ondata missionaria, mentre le scoperte geografiche e scientifiche e lo sviluppo
delle vie di comunicazione consentono una migliore organizzazione delle attività.
Decisiva al riguardo è l'iniziativa di Propaganda Fide, che provvede a creare nuove
circoscrizioni ecclesiastiche assegnandole ai missionari in partenza. Fra i principali
Istituti storicamente legati all'evangelizzazione dell'Africa ricordiamo innanzitutto,
nell'ordine di arrivo nel continente: la Società delle Missioni Africane (1858) e
i Missionari Comboniani (1872).
La Società delle Missioni Africane
L'Istituto
fu fondato dal Vescovo missionario Melchior de Marion-Brésillac che, dopo un trascorso
di alcuni anni in India, nel 1855 manifestò a Propaganda Fide l'intenzione di evangelizzare
territori ancora inesplorati dell'Africa come il Dahomey (attuale Benin). Il dicastero
missionario accolse la proposta e suggerì di formare un gruppo di collaboratori per
l'impresa, compito al quale il Brésillac rispose prontamente fondando a Lione una
casa di formazione. Dopo un anno egli poté finalmente comunicare la nascita del primo
gruppo di missionari consacrati all'Africa. “Il giorno dell'Immacolata Concezione
– scriveva al Cardinale Prefetto Alessandro Barnabò – siamo andati in numero di sette
ad offrire la nostra impresa alla santa Vergine ai piedi della sua immagine venerata
sulla collina di Fourvière. In quel luogo abbiamo rinnovato la risoluzione di consacrarci
all'opera delle Missioni Africane e desideriamo, se la Sacra Congregazione lo permette,
datare l'esistenza della nostra Società dall'8 dicembre 1856”. Il 4 novembre
1858 partirono i primi tre pionieri, raggiunti il 10 marzo 1859 dallo stesso Brésillac,
che era stato nominato Vicario Apostolico della Sierra Leone – considerando la Santa
Sede troppo rischioso il Dahomey. Il gruppo composto da sei confratelli raggiunse
Freetown il 14 maggio e trovò al suo arrivo un'epidemia di febbre gialla. Prodigandosi
nell'alleviare le sofferenze degli abitanti, i missionari furono anch'essi contagiati
e morirono tutti nel giro di un mese. A Lione i pochi confratelli rimasti, sotto la
guida di padre Agostino Planque, decisero nonostante le difficoltà di proseguire l'opera
e ottennero nel 1861 il Vicariato del Dahomey. Su richiesta dei missionari del posto,
padre Planque fondò a Lione, nel 1876, le Suore di Nostra Signora degli Apostoli,
ramo femminile della Società, chiamato a promuovere attività educative e di assistenza
sanitaria in Africa e Medio Oriente. Dopo il Dahomey i membri della SMA si estesero
in gran parte dei territori del Golfo di Guinea: Nigeria (1868), Egitto (1877), Ghana
(1880), Costa d'Avorio (1895), Liberia (1906), Togo (1918), Niger (1931). Il prezzo
pagato in vite umane fu enorme, infatti in un arco di tempo di circa cinquant'anni
la maggior parte dei missionari è morta prima di raggiungere i trenta anni di età.
Tra le priorità dell'evangelizzazione un posto di rilievo ha avuto la catechesi, la
nascita e la formazione di un clero locale e di istituti religiosi, la costruzione
di chiese e cappelle e non poche attività sociali a favore dell'infanzia abbandonata
e dei malati. La SMA ha raggiunto altri paesi a partire dagli anni '50: Congo
(1952), Zambia (1973), Centrafrica e Tanzania (1977), Sudafrica – già visitata tra
il 1873 e il 1882 – e più recentemente Kenya (1989) e Angola (1998), per un totale
di 17 stati. In Europa (Francia, Italia, Spagna, Irlanda, Gran Bretagna, Olanda, Polonia),
Stati Uniti, Canada, India e Filippine operano diverse case di reclutamento e formazione
a partire dal 1907. Dagli anni '80 ad oggi la Società ha accolto un numero crescente
di candidati africani che si consacrano alla missione in altri paesi del loro continente,
risultato raggiunto grazie al pieno inserimento delle Chiese locali nei programmi
missionari.
I Missionari Comboniani del Cuore di Gesù
Ordinato sacerdote
all'età di 23 anni, Daniele Comboni (cfr. infra) affrontò il suo primo viaggio in
Africa Centrale il 10 Settembre 1857. Al suo rientro, egli cercò invano di coinvolgere
vari ordini religiosi per la realizzazione del suo Piano per la rigenerazione dell'Africa
(1864) e decise quindi di fondare a Verona, il I giugno 1867, l'Istituto per le Missioni
della Nigrizia. Si trattava di un istituto di diritto diocesano, composto da sacerdoti
e “fratelli coadjutori” di diverse nazionalità, senza voti religiosi, ma vincolati
da un giuramento di appartenenza e di fedeltà alla missione in Africa. Per realizzare
il Piano Comboni fondò anche, il I gennaio 1872, l'Istituto delle Pie Madri della
Nigrizia (oggi Suore Missionarie Comboniane, presenti in 30 paesi del mondo). Alla
sua morte nel 1881, i missionari erano 35 (14 in Sudan, 5 al Cairo e 16 a Verona)
e le religiose 41. Nel 1885 il ramo maschile si trasformò in congregazione religiosa
con il nuovo nome, approvato dalla Santa Sede, di Figli del Sacro Cuore di Gesù (raccogliendo
uno degli elementi fondamentali dell'eredità spirituale del Comboni). Nei primi anni
l'Istituto fu diretto dai Gesuiti, quindi nel 1910 furono approvate definitivamente
le Costituzioni nelle quali veniva ribadita la specifica missione in Africa. Nel 1923
si consumò una divisione tra la comunità di lingua italiana e quella tedesca che durerà
fino al 1979, anno in cui i due Istituti verranno riuniti sotto la denominazione attuale:
Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Oggi i Comboniani contano un effettivo
di circa 1.800 membri appartenenti a oltre 44 nazionalità diverse e una diffusione
in 40 paesi del mondo, di cui 16 africani: Sudan, Benin, Ciad, Egitto, Eritrea, Etiopia,
Ghana, Kenya, Malawi, Mozambico, Centrafrica, Repubblica Democratica del Congo, Sudafrica,
Togo, Uganda, Zambia. I missionari, accompagnati dalle Suore Comboniane, sono impegnati
nella direzione spirituale e nella crescita delle comunità locali, svolgono diverse
opere sociali, nel campo educativo, sanitario e nei mass media e inoltre hanno contribuito
a fondare Istituti, Congregazioni, Associazioni e Movimenti di identità africana. Da
ricordare che in Italia, negli anni '50, è sorto l'Istituto delle Missionarie Secolari
Comboniane, i cui membri laici – oggi diffusi in 6 paesi del mondo – si consacrano
attraverso la professione dei consigli evangelici alla causa missionaria nel solco
di San Daniele Comboni.
Altri Istituti maschili
Oltre ai sacerdoti della
SMA e ai missionari Comboniani, molti altri istituti maschili hanno legato il loro
nome all'Africa. Di essi diamo il seguente elenco, non esaustivo, secondo l'ordine
di arrivo nel continente. Frati Minori Cappuccini – I tre maggiori rami del
Primo Ordine Francescano (Frati Minori, Frati Minori Conventuali e Frati Minori Cappuccini),
annoverano una secolare presenza nel continente africano, spesso a prezzo di grandi
perdite, come nel caso delle spedizioni cappuccine in Angola tra il 1645 e il 1668
nelle quali trovarono la morte circa 228 religiosi. Oggi i Cappuccini sono l'Istituto
francescano che vanta la più grande diffusione in Africa, dove è presente in 27 paesi:
Algeria, Angola, Benin, Burkina Faso, Camerun, Capo Verde, Costa d'Avorio, Eritrea,
Etiopia, Gabon, Ghana, Guinea Equatoriale, Kenia, Madagascar, Malawi, Mozambico, Namibia,
Nigeria, Centrafrica, Repubblica Democratica del Congo, Seychelles, Sudafrica, Sudan,
Tanzania, Uganda, Zambia, Zimbabwe. Seguono i Frati Minori (22 paesi, prevalentemente
nell'Africa centro-meridionale e del Golfo di Guinea) e quindi i Conventuali (7 paesi). Padri
dello Spirito Santo – I padri dello Spirito Santo, nati nel 1703 in Francia e poi
amalgamatisi nella Società Missionaria del Sacro Cuore di Maria, giunsero in Senegal
nel 1778, diffondendosi in Sierra Leone, Nigeria, Gambia, Ghana, Tanzania sopportando
la perdita di molti membri a causa delle febbri. Oggi sono diffusi in Angola, Sierra
Leone, Gabon, Guinea Bissau, Nigeria, Congo-Brazzaville, Congo-Kinshasa, Madagascar
e in altre diocesi della costa orientale. Oblati di Maria Immacolata – L'interesse
per l'Africa dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI, fondati nel 1816 dal
prelato francese Eugène de Mazenod, canonizzato nel 1995) nacque nel 1831, quando
il Capitolo Generale incoraggiò i religiosi ad intraprendere la vita missionaria.
Nel 1850 essi raggiunsero il nord Africa e poi si diressero all'interno del continente.
Oggi sono presenti in Senegal e Guinea Bissau (Farim). Missionari d'Africa (Padri
Bianchi) – La loro fondazione risale al 1868 in Algeria per opera del Cardinale Charles-Martial
Allemand-Lavigerie (1825-1892). La prima carovana di missionari per l'evangelizzazione
dei territori musulmani riuscì a oltrepassare il Sahara e a raggiungere il Lago Vittoria
nel 1879. Da allora, dopo una prima diffusione in Uganda, i religiosi hanno raggiunto
molti paesi dell'Africa e del Medio Oriente. Attualmente i membri dell'Istituto sono
oltre 1.500 (tra cui 10 Vescovi e 1.390 sacerdoti), presenti in 43 Paesi dei cinque
continenti, di cui 24 africani (Algeria, Burkina Faso, Burundi, Costa d'Avorio, Etiopia,
Ghana, Kenia, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Nigeria, Niger, Repubblica Democratica
del Congo, Ruanda, Senegal, Sudafrica, Sudan, Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia).
I Padri Bianchi sono al servizio del dialogo interreligioso, lavorano in parrocchie,
scuole, ospedali, centri di formazione umana, spirituale e professionale e gestiscono
centri per l'assistenza dei profughi, i giovani disoccupati, i bambini di strada,
i malati di AIDS. Congregazione dei Missionari di Mariannhill – Nata nel 1909 per
opera del missionario trappista Franz Pfanner (1825-1909), la Congregazione dei Missionari
di Mariannhill unisce l'osservanza della Regola benedettina alla vita attiva. La prima
comunità di monaci stabilita nel 1882 su una collina alla periferia di Durban (Sudafrica)
e dedicata a Maria e a S. Anna (da qui Mary-Ann-Hill), conobbe una straordinaria espansione
in tutto il territorio del Natal grazie alla guida carismatica di padre Pfanner e
ai suoi viaggi di sensibilizzazione in Europa. Impegnati nei settori più diversi –
dall'evangelizzazione all'assistenza sanitaria, all'educazione – i Trappisti di Mariannhill
necessitavano di una nuova cornice giuridica e fu così che Papa Pio X, il 2 febbraio
1909, decise di separare il monastero dall'Ordine Trappista e di costituirlo in Congregazione
religiosa di diritto pontificio. Negli anni successivi l'Istituto si consacrò definitivamente
alla missione ad gentes e conobbe una diffusione internazionale, in particolare nei
paesi europei di area germanofona e nel Nord America, oltre al progressivo impegno
in Africa per l'animazione delle Chiese locali e le vocazioni sacerdotali e missionarie.
Nel continente è oggi presente in: Sudafrica, Zimbabwe, Zambia, Tanzania, Zaire, Kenya,
Mozambico e Botswana. Circa un terzo dei 400 membri è formato da africani. Congregazione
del Cuore immacolato di Maria (Missionari di Scheut) – L'Istituto fondato in Belgio
da Theophile Verbist nel 1862 intraprese inizialmente la via della Cina. Nel 1885
i missionari arrivarono in Congo, dove la comunità conobbe una crescita tale che nel
1961 le case ospitavano circa 730 missionari. Società del Verbo Divino (Verbiti)
– Sorta in Olanda nel 1875, la Società del Verbo Divino fu consacrata alle missioni
estere dal Fondatore Arnold Janssen (1837-1909), canonizzato nel 2003. In principio
i membri presero voti privati e seguirono la Regola del Terz'Ordine domenicano, quindi
all'inizio nel 1901 la Santa Sede approvò l'Istituto. Nel 1892 i primi religiosi Verbiti
giunsero in Togo e fu l'inizio di una intensa attività nel territorio africano. Oggi
i Verbiti sono diffusi in 14 paesi: Ghana, Togo, Benin, Congo, Angola, Botswana, Zambia,
Zimbabwe, Sudafrica, Kenya, Tanzania, Madagascar, Mozambico e Ciad. L'organico africano
è attualmente di 526 membri, di cui: 3 Vescovi, 326 sacerdoti, 106 seminaristi e 26
novizi. Società Missionaria di San Giuseppe di Mill Hill – Eretto come Società
di Vita Apostolica, l'Istituto fu fondato nel 1866 dall'Arcivescovo di Westminster
Cardinale Herbert Vaughan (1832-1903) allo scopo di suscitare vocazioni missionarie
nella Chiesa cattolica inglese. Il primo paese evangelizzato fu l'Uganda nel 1894.
Oggi l'Istituto – che conta circa 700 membri di cui oltre la metà sacerdoti – è diffuso
in Africa, America e Asia. Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani) – I Dehoniani,
nati nel 1878 per opera del sacerdote francese Leon Dehon (1843-1925), hanno raggiunto
l'Africa già nei primi anni di vita dell'Istituto. Nel 1897, infatti, padre Dehon
accettò di inviare alcuni sacerdoti in Congo e già nel dicembre di quell'anno padre
Grison fondava la missione di S. Gabriele, presso Stanleyville (attuale Kisangani).
Nel 1898 altri missionari raggiunsero la Tunisia e nel 1910 fu la volta del Camerun.
Dopo la seconda Guerra Mondiale un forte impulso alle missioni è arrivato dalla comunità
italiana, che ha fondato nuove case in Mozambico (1947) e Madagascar (1974), con la
collaborazione dei Dehoniani portoghesi. Istituto Missioni Consolata – Il Beato
Giuseppe Allamano (1851-1926) svolse un'opera insostituibile per l'animazione missionaria
in Italia con particolare riferimento all'Africa. Nel 1901 egli fondò a Torino l'Istituto
dei Missionari della Consolata e già un anno dopo, l'8 maggio 1902, i primi quattro
missionari raggiungevano il Kenya. Pianificata come spedizione di contatto e sotto
la giurisdizione dei Padri dello Spirito Santo, la missione si rivelò assai prolifica
e si estese in tutta la regione del Kikuyu, al punto che nel 1909 essa venne eretta
in Vicariato Apostolico e affidata a mons. Filippo Peno, primo Vescovo dell'Istituto.
Su invito di San Pio X l'Allamano fondò nel 1910 il ramo femminile dell'Istituto,
le Suore Missionarie della Consolata. Tre anni dopo i religiosi presero possesso della
zona a cui aveva anzitutto mirato il Fondatore: la Prefettura del Kaffa in Etiopia
(regione già evangelizzata dal missionario Guglielmo Massaja a metà del secolo XIX).
In seguito, i religiosi e le religiose della Consolata hanno allargato il loro raggio
di azione ad altri Paesi dell'Africa: Somalia, Tanzania, Mozambico, Repubblica Democratica
del Congo, Uganda, Liberia, Libia, Sud Africa. Missionari del Sacro Cuore – Animata
dal desiderio di diffondere ovunque il culto al Sacro Cuore di Gesù, la Congregazione
(fondata in Francia nel 1854 dal sacerdote Jules Chevalier) ha intrapreso la missione
in Africa all'inizio del '900, quando i primi religiosi sono giunti in Congo. Oggi
è presente in altri 3 paesi: Camerun, Senegal e Sudafrica. Società di San Francesco
Saverio per le Missioni Estere (Saveriani) – Fondati nel 1898 dal Vescovo di Parma
Beato Guido Maria Conforti (1865-1931) per la missione ad gentes, i Saveriani hanno
diretto inizialmente le loro attività in Cina, quindi a partire dal 1950 operano anche
in 6 paesi dell'Africa: Congo (Diocesi di Bukavu, Goma, Kasongo, Kinshasa e Uvira),
Camerun (Bafoussan-Koptchou, Gobo, Douala, Yaoundé), Ciad (Bongor, Gounou Gaya, Tagal-Djodo),
Sierra Leone (Makeni, Mange-Bureh, Port Loko, Waterloo, Yele, Yonibana, Kabala, Kamabai,
Kamalu, Kambia, Kenema, Lungi, Lunsar, Madina, Magburaka, Freetown, Binkolo, Bumbuna),
Burundi (Bujumbura, Buta, Butara, Buyengero, Gasorwe, Gasura, Gisanze, Gitega, Kigwena,
Kitaramuka, Makamba, Matara, Minago, Mugamba, Mukenke, Murago, Mururi, Rumeza, Rumonge,
Ruzo), Mozambico (Charre, Chemba, Dondo, Sena). I missionari prestano particolare
attenzione al servizio nelle parrocchie e alla formazione del clero locale. Collaborano
inoltre con Istituti ed enti per dare vita ad opere sociali: scuole, dispensari e
centri sanitari per la lotta contro la lebbra. Pontificio Istituto Missioni Estere
(PIME) - Il Pime è nato il 30 luglio 1850 a Saronno (Milano) per volontà di Papa
Pio IX che desiderava un Istituto missionario di clero secolare e di laici in Italia,
anticipando di un secolo la formula dei sacerdoti "Fidei Donum". Nel 1926 il Seminario
Lombardo per le Missioni Estere – che serviva da centro di animazione e formazione
– venne unito da Pio XI al Pontificio Seminario dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
di Roma, con caratteristiche simili a quello di Milano. Scopo principale dell'Istituto
è la missione ad gentes, il primo annunzio e la fondazione della Chiesa locale nei
territori indicati da Propaganda Fide. Dopo diverse spedizioni separate dei due Seminari
in Africa, oggi i missionari del PIME sono diffusi in 17 paesi dei cinque continenti,
di cui 3 africani: Camerun (Yaoundé), Costa d'Avorio (Bouaké), Guinea Bissau (Takir
Antula).
Principali Istituti femminili
L'arrivo in Africa delle Congregazioni
femminili risale ai primi decenni dell'Ottocento e ha conosciuto un significativo
aumento a partire dalla seconda metà del Novecento. Di seguito riportiamo un elenco,
anche in questo caso non esaustivo, in ordine cronologico.
Suore di San Giuseppe
di Cluny – Inizialmente rivolto all'educazione dell'infanzia, la cura dei malati e
degli anziani, l'Istituto francese fondato nel 1807 dalla Beata Anne Marie Javouhey
(1779-1851) conobbe una rapida espansione in Africa a partire dall'isola Reunion,
nel 1814. La stessa Fondatrice si recò in Senegal per dare vita ad un programma di
studio dei candidati al sacerdozio. Oggi l'effettivo è di circa 3 mila membri con
una diffusione in tutti i continenti. In Africa le religiose si trovano in 15 paesi:
Senegal, Nigeria, Sierra Leone, Gambia, Ghana, Congo-Brazzaville, Congo-Kinshasa,
Camerun, Angola, Guinea Bissau, Guinea, Mozambico, Madagascar, Reunion, Tanzania. Suore
di San Giuseppe dell'Apparizione – Nate in Francia nel 1832 per opera di Sant'Emilia
di Vialar (1797-1856), le religiose si diffusero a partire dal 1835 nel Mediterraneo
(in particolare in Algeria e Tunisia) e collaborarono con il Comboni tra il 1867 e
il 1879, allorché il Vescovo era Vicario Apostolico dell'Africa Centrale. Suore
Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria – L'Istituto venne fondato dalla
religiosa italiana madre Caterina di Santa Rosa (al secolo Costanza Troiani, 1813-1877,
beatificata nel 1985) che lasciò il convento di S. Chiara della Carità presso Frosinone
per rispondere all'invito del Vicariato apostolico d'Egitto a stabilire una missione
nel paese. Il 14 settembre 1859 un gruppo di sei missionarie, tra cui la stessa madre
Caterina, giunse al Cairo e diede inizio a svariate opere: riscatto delle schiave,
cura dei bambini abbandonati, educazione religiosa e istruzione delle giovani di strada.
Il 5 luglio 1868 un decreto pontificio rese autonoma la missione del Cairo, dando
vita al nuovo istituto missionario ispirato – per volontà della Fondatrice – alla
spiritualità francescana. L’opera crebbe e le missionarie portarono il Vangelo in
molte aree dell’Egitto. Oggi l'Istituto, con un effettivo di circa 700 membri, affianca
ai programmi sociali ed educativi, la promozione del dialogo ecumenico e interreligioso
soprattutto nei paesi del Medio Oriente. In Africa esso è presente in 5 paesi: Egitto
(Aboutig, Alessandria, Assiut, Beni Suef, Cairo, Damanhour, Deir Dronka, Ismailia,
Luxor, Kena, Menhari, Porto Said), Eritrea (Asmara), Ghana (Tarkwa), Guinea Bissau
(Cumura, Quinhamel, Quelele), Marocco (Tangeri). Società del Sacro Cuore di Gesù –
Nate nel 1800 per opera di Santa Madeleine Sophie Barat (1779-1865), le religiose
diffusero la devozione al Sacro Cuore in Africa a partire dalla seconda metà dell'Ottocento.
Oggi sono diffuse in 5 paesi (Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Kenya,
Egitto) e svolgono apostolato educativo e pastorale-catechetico. Suore del Preziosissimo
Sangue – Diffuse in 7 paesi africani (Sudafrica, Mozambico, Zimbabwe, Zambia, Repubblica
Democratica del Congo, Tanzania, Sudan), le Suore del Preziosissimo Sangue – dette
anche “Suore Rosse” per l'abito che indossavano – formano una comunità di circa 900
missionarie di cui oltre la metà di provenienza africana. La loro nascita risale al
1885, quando le prime cinque volontarie provenienti dall'Austria e dalla Germania
risposero all'appello dell'Abate Pfanner e raggiunsero Mariannhill per dedicarsi alla
formazione delle giovani africane. Tra le molte attività in Africa vi è oggi la direzione
e il sostegno di sette Istituti africani in Mozambico, Zimbabwe, Tanzania e Kenya
per un totale di circa 2 mila membri. Missionarie di Nostra Signora dell'Africa
(Suore Bianche) – Fondate dal Cardinale Lavigerie, Vescovo di Algeri, nel 1869, le
Missionarie di Nostra Signora dell'Africa, o Suore Bianche, iniziarono il loro servizio
nella regione subsahariana a partire dal 1899. Il loro carisma, parallelo a quello
del ramo maschile, è rivolto particolarmente al mondo musulmano e alle donne. L'Istituto
conta oggi circa mille membri e una diffusione internazionale; in Africa è presente
in: Algeria, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Ghana,
Kenya, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Ruanda, Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia.
Francescane Missionarie di Maria – Originario dell'India, l'Istituto fondato dalla
Beata Hélène de Chappotin (1839-1904) nel 1877 si dedicò all'educazione, i servizi
sociali, la cura dell'infanzia e la catechesi con una straordinaria propensione missionaria
e fu presente in Africa a partire dalla fine del secolo. Oggi conta 7.074 membri,
di cui 1.052 in 23 paesi africani (Algeria, Angola, Burkina Faso, Camerun, Congo-Brazzaville,
Congo-Kinshasa, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Liberia, Libia, Madagascar, Marocco,
Mauritius, Mauritania, Mozambico, Niger, Reunion, Senegal, Sudafrica, Togo, Tunisia).
Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret – Le Suore della Carità, ispirate
secondo la volontà della Fondatrice Giovanna Antida Thouret (1765-1826) alle missioni
e alla spiritualità di San Vincenzo de' Paoli, nacquero nel 1799 e si diffusero presto
in Francia, Svizzera e Italia. A partire dal 1934 l'Istituto si è aperto all'Africa
e oggi è presente in 6 paesi: Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia,
Sudan. Suore Francescane Missionarie per l'Africa – L'irlandese Teresa Kearney
(1875-1957) – meglio conosciuta come Mother Mary Kevin o Mama Kevina – entrò nell'Istituto
delle suore francescane di St. Mary's Abbey, Mill Hill (Londra) nel 1889. Il Vescovo
Henry Hanlon MHM – che dal 1894 al 1911 fu Vicario Apostolico del Nilo Superiore (Uganda)
– invitò le religiose di Mill Hill affinché si dedicassero alla promozione delle donne.
Mother Kevin, assieme alle sei volontarie, giunse a Kampala il 15 gennaio 1903 e
restò in missione per 52 anni dando inizio a una serie di opere di notevole valore:
scuole di diverso grado, cliniche, lebbrosari, centri di formazione professionale.
Nel 1923 fondò l'Istituto delle Little Sisters of St Francis, una comunità autoctona
che oggi conta circa 600 membri diffusi in Uganda, Kenya e Tanzania. Al fine di garantire
vocazioni missionarie specificamente per l'Africa, Mother Kevin fondò il 9 giugno
1952 una Congregazione indipendente da Mill Hill, le Franciscan Missionary Sisters
for Africa. La prima casa fu stabilita a Mount Oliver (Irlanda). La comunità oggi
è attiva in Uganda, Kenya, Zambia, Zimbabwe e Sudafrica, proseguendo l'opera iniziata
da Mother Kevin. Figlie di San Camillo – In Africa le Figlie di San Camillo – fondate
dal Beato padre Luigi Tezza e dalla Beata madre Giuseppina Vannini nel 1892 – sono
presenti da più di quarant'anni. Il sogno del Fondatore si concretizzò nel 1966 quando
il Cardinale Paul Zoungrana, Arcivescovo di Ouagadougou, invitò i padri Camilliani
nella regione dell'Alto Volta (attuale Burkina Faso). I primi tre missionari furono
raggiunti da quattro religiose nel 1967 e da allora i due Istituti hanno dato vita
ad una rete di strutture sanitarie efficienti e di qualità, completamente gratuite
per la popolazione. Da segnalare il Centro medico di Ouagadougou, una vera e propria
cittadella della salute, il Centro medico di Nanoro, attrezzato secondo criteri moderni,
il poliambulatorio di Kossiam, in zona agricola, capace di accogliere 200 persone
al giorno.
La missione in Africa, “piantagione della Chiesa”: il Cardinale
Guglielmo Massaja (1809-1889)
Una delle figure più rappresentative dell'evangelizzazione
dell'Africa è quella del Servo di Dio Guglielmo Massaja, di cui è stato da poco celebrato
il bicentenario della nascita (vedi Dossier Fides: Il Cardinale Guglielmo Massaja
“vero Apostolo del Cristo e Scienziato ad un tempo”, 06/06/2009). Nato l'8 giugno
1809 a Piovà d'Asti in Piemonte, l'austero cappuccino fu sempre attratto per le missioni
e, dopo una prima formazione pastorale presso l'Ospedale San Maurizio di Torino e
il Convento di Testona (Moncalieri), venne nominato da Papa Gregorio XVI Vescovo e
primo Vicario Apostolico dei Galla dell'Alta Etiopia (1846). In 35 anni egli compì
una straordinaria epopea missionaria, costellata di fondamentali opere ecclesiali,
sociali e sanitarie.
Inculturazione – Con spirito di dialogo e sensibilità
– nonostante le persecuzioni dei principi locali e l'aperta ostilità della Chiesa
copta – egli si immerse nel nuovo ambiente a prezzo di una rigorosa mortificazione
personale. L'Abuna Messias camminava sempre a piedi nudi, si limitava a poche ore
di sonno steso su di una stuoia o semplicemente per terra. Si nutriva di ogni sorta
di vivande locali e osservava i terribili digiuni etiopici, consistenti nelle “quattro
Quaresime” di Natale, di Pasqua, degli Apostoli e dell'Assunzione, con l'aggiunta
di tutti i mercoledì e venerdì della settimana, per circa duecento giorni di digiuno
annuo. A questo riguardo si sentì spesso di dover dispensare gli altri missionari.
Quando era in viaggio non dimenticava le radici monastiche e portava sulle spalle
un misero fagotto con gli arredi sacri mendicando un pezzo di pane o accontentandosi
di un pugno di ceci cotti all'uso abissino. Nella fondazione delle nuove stazioni
missionarie si preoccupò di assicurare i mezzi di sussistenza, anticipando i moderni
progetti di cooperazione e sviluppo. Nel periodo scioano (1868-1879) creò a Rasa una
comunità di soli cristiani, una “Chiesa nuova” che fungesse da polo di attrazione
per la popolazione circostante in maggioranza pagana. Le prime trenta famiglie della
colonia ottennero l'esenzione fiscale dal re Menelik e la vita venne regolata da appositi
statuti che riguardavano la monogamia, l'indissolubilità del matrimonio e il divieto
della cosiddetta “macchia del sangue” (spirali di uccisioni per vendicare i torti
subiti). Quest'ultima prescrizione fu provvidenziale per i nomadi Denakil, che si
erano macchiati del sangue di tutti i loro vicini e vivevano praticamente isolati.
Con il piccolo villaggio essi poterono barattare latte, burro e capre in cambio di
cereali, tessuti ed altro. Presso la colonia di Rasa si poteva trovare praticamente
di tutto poiché la minuscola “repubblica” cristiana era diventata un punto di libero
scambio, dove abissini, galla e musulmani si recavano con tutta sicurezza. Le terre
circostanti furono dissodate e coltivate e fin dal primo raccolto si poté venderne
ai vicini. Questo favorì l'arrivo di altre famiglie dagli altipiani di Ankober. Nelle
sue memorie il Massaja raccontò la vita di lavoro e di preghiera: “Tre volte al giorno
– scrisse – si radunavano poco meno di cento persone, cioè mattina e sera ed a mezzogiorno,
quando il sole era troppo ardente per i lavori. Le preghiere, i catechismi e le confessioni
si facevano con gran fervore”. In coincidenza di terribili carestie il Massaja
allestì centri assistenziali in determinate zone coinvolgendo in particolare le famiglie
più ricche a donare beni e prestare assistenza. Nella storia della missione Galla
è rimasta celebre l'opera svolta a Lagamara nel periodo 1856-57, quando infuriava
la guerra tra i lagamaresi e i rivali di Celia. Sospese le lezioni scolastiche, il
Vescovo spedì i suoi ragazzi ai mercati della zona per rifornirsi di viveri (il cui
prezzo era stato portato alle stelle dagli incettatori). Egli stesso dimezzò la sua
razione quotidiana di cibo, riducendola al grano bollito. Quindi, in un villaggio
di capanne costruito in fretta, accolse gli ammalati sfiniti dall'inedia, somministrando
loro minestra e carne. In mancanza di latte i bambini ricevevano una mistura molto
digeribile di lino abbrustolito sciolto nell'acqua secondo una ricetta di sua invenzione.
Colpiti dall'operosità del centro gli abitanti si presentarono spontaneamente offrendo
parte del pur magro raccolto.
Apostolato sanitario – Appena giunto fra i
Galla il Vescovo cominciò ad osservare e analizzare il processo delle varie malattie
endemiche. Prima curò l'igiene dei luoghi e delle persone – cosa che si rivelò utile
per frenare il contagio di malattie come la lebbra, la malaria e la sifilide – poi,
servendosi delle risorse che gli offriva il suolo africano, intervenne con diagnosi
accurate e terapie opportune contro la dissenteria, la tenia, l'artrite, la febbre
gialla. La sua opera sanitaria più importante fu comunque la profilassi contro
il vaiolo, per cui venne acclamato dalle popolazioni “Padre del fantatà” (vaiolo in
lingua Galla). La malattia era enormemente diffusa in Etiopia a causa delle scarse
misure igieniche e la promiscuità di uomini e animali nelle capanne. Grazie alle
conoscenze apprese in gioventù all'Ospedale Mauriziano, decise di creare un vaccino
usando direttamente il pus estratto dalle pustole vaiolose dei pazienti. Gli abitanti
notarono che solo chi si era fatto vaccinare non veniva colpito dal male e, vinte
le iniziali diffidenze, chiesero di essere sottoposti al trattamento. Iniziò così
una campagna di vaccinazione sistematica di grandi gruppi di popolazione, dando la
precedenza ai bambini, alle donne e ai giovani. In un solo giorno il Vescovo riuscì
a vaccinare 135 persone e si calcola che nell'arco della sua missione ne vaccinò circa
40 mila. Inviò inoltre grandi quantità di vaccino alle altre missioni.
A favore
del clero indigeno – Tutto ciò non lo distolse da una capillare ed inesausta pastorale
vocazionale. “Sono occupatissimo ad istruire gli allievi per il sacerdozio. Dopo aver
insegnato filosofia e teologia molti anni – scriveva nel 1855 al padre cappuccino
Venanzio da Torino –, qui faccio scuola di alfabeto e di sillabe: quindi di catechismo,
di morale nell'accademia o università curiosa, recentemente eretta nei paesi Galla.
Faccio ancora lo stampatore – continuava –, scrivendo in stampatello libri e manuali
scolastici e religiosi”. Al vertice della sua concezione il Massaja ha la coscienza
del dovere missionario della Chiesa e di tutti i suoi membri, anticipando temi che
verranno sviluppati solo nel secolo successivo. La missione, “piantagione della Chiesa”,
è vista come un movimento unitario senza cesure tra la Gerarchia, il clero e i fedeli.
Inoltre è centrale l'idea di una decisa inculturazione (“Il missionario – scriverà
nelle sue memorie – deve considerare il paese dove è mandato come paese suo, amarlo
come patria sua, e fare per lui tutto quello che può per la via del giusto e dell'onesto”). Già
nei Ricordi ai missionarii Galla, scritti nel 1847 a Gualà dopo circa un anno di vita
in Africa, aveva avvertito l'urgenza di formarsi dei collaboratori locali. Il testo,
composto da 16 articoli di carattere giuridico-pastorale, stabiliva come punto principale
del suo programma “l'impegno di cercare e di farsi al più presto un compagno indigeno
(...) fornito delle qualità che si ricercano per il sacerdozio”. Inoltre veniva sottolineata
“la formazione del clero indigeno, raccogliendo a questo scopo tutta la gioventù che
potevano e che vedevano fornita di tutte le qualità che si richiedono al sublime ministero”.
Le linee fondamentali dei Ricordi vennero riprese e sviluppate organicamente nella
cosiddetta Magna Charta di Asandabo, dettata ai suoi collaboratori nel 1854 durante
il soggiorno nel Gudrù. L'educazione viene posta come il “dovere principale”, seguito
dalla formazione di un clero locale, per cui i missionari “fra i primi frutti della
grazia del loro ministero, porranno ogni loro attenzione per conoscere i cuori da
Dio eletti al ministero e, conosciuti, con tutto l'impegno studieranno di coltivarli,
sì nello studio delle lettere, quanto nell'esercizio delle virtù necessarie per un
sacerdote”. Già un anno dopo l'arrivo nel Gudrù, il Massaja poteva annunciare
a Propaganda Fide di avere nella sua missione un sacerdote indigeno (padre Ajlù Michele),
due “minoristi” e “un piccolo monastero con tre novizi e un aspirante”, per i quali
aveva tracciato “uno schizzo di regola” con indicazioni ben precise soprattutto sotto
l'aspetto ascetico. Il 25 marzo 1854 ordinava sacerdote un altro giovane, Giovanni
Morka (suo futuro confessore) e il suddiacono fra Raffaele d'Abissinia. Un anno e
mezzo dopo contava tre sacerdoti, un diacono, un suddiacono, due minoristi, otto studenti
e otto monaci. “Le mie speranze – scriveva – sono tutte riposte nella creazione di
questi elementi e quando ne avrò qualche centinaio sparso morirò beato di avere contribuito
alla causa delle anime”. Nel 1859, nella sola casa di Kaffa, vi erano nove tra sacerdoti
e chierici in sacris con undici studenti che “cantavano l'ufficio divino insieme,
a modo di convento con ammirazione di tutto il paese”. Non potendo ammettere
tutti i richiedenti al battesimo per via delle superstizioni e della poligamia, il
religioso ripristinò il catecumenato, fondò stazioni missionarie regolandone l'attività
secondo orari e ritmi di lavoro ben definiti e scegliendone con accuratezza la collocazione
geografica. Parlò anche della necessità di creare “congregazioni religiose maschili
e femminili” e di dare grande peso al laicato. Inoltre si propose più volte di mandare
molti giovani nel Collegio Urbano di Roma, ma ciò non fu mai possibile per le spese
e le difficoltà del viaggio. L'idea di un collegio però non tramontò e, nel 1866,
ne fondò uno a Marsiglia. Dopo una serie di vicende che ne avevano ritardato la realizzazione,
l'8 settembre 1867 vi celebrò la Messa e ammise i giovani galla alla prima Comunione
e alla Cresima “tra una calca incredibile di popolo e un entusiasmo indicibile”, come
scrisse al Cardinale Prefetto Barnabò. Le catechesi dell'Abuna Messias e dei suoi
collaboratori produssero frutti notevoli. In particolare il giovane Gabriele Gherba
– nato a Lagamara intorno al 1843 da genitori né cristiani né pagani (per questo considerato
di razza inferiore) – accolse così bene gli insegnamenti impartitigli dal sacerdote
indigeno Abba Hailù che Massaja, al suo arrivo, lo trovò già in grado di ricevere
il Battesimo, la Confermazione e la prima Comunione. “Gabriele – ricorderà il Vescovo
– era un angelo di purità e d'innocenza, una perla di virtù, una di quelle anime predestinate,
che il Signore crea, manda nel mondo e poi richiama presto a sé, quasi geloso che
altri le possegga. (...) il più valido argomento era la santità della sua vita, l'innocenza
ed il candore che gli trasparivano in volto, lo zelo per ogni opera che tornasse a
gloria di Dio, e finalmente il fecondo apostolato che esercitava fra i suoi compagni
e dovunque si trovasse”.
Le Memorie – Esiliato dal paese per decisione del
negus Johannes IV (1879), il missionario prese la via del ritorno viaggiando su di
un cammello. “Strappato dalla forza pubblica da frammezzo a figli carissimi – scriveva
in una lettera indirizzata a Gerusalemme –, fra gli urli e pianti, vi assicuro che
il mio sacrificio è stato superiore a quello della stessa morte che pure a preferenza
avrei molto desiderata”. Nelle sue tappe di avvicinamento a Roma l'anziano e malato
Cappuccino rassegnò le dimissioni dal Vicariato, dichiarandosi tuttavia pronto a tornare
come semplice missionario in Etiopia. Papa Leone XIII lo accolse con grandi onori,
gli assegnò la berretta cardinalizia (1884) e lo convinse a scrivere le celebri Memorie
autobiografiche che furono pubblicate in dodici volumi dalla Tipografia Poliglotta
di Propaganda Fide tra il 1885 e il 1895 e che divennero un best seller della letteratura
missionaria mondiale. Malgrado l'enorme notorietà in patria e all'estero, il
Cappuccino di Piovà mantenne intatte le abitudini spartane, dimorando nel romito
monastero francescano di Frascati. Morì presso Napoli, il 6 agosto 1889. Nel 1914
è iniziato il processo di beatificazione giunto oggi alle fasi finali.
“Guadagnare
nuovi discepoli fra i popoli neri grazie all'apostolato del lavoro”: l'Abate Franz
Pfanner OCR (1825-1909) e la Congregazione dei Missionari di Mariannhill (Sudafrica)
Il 26 dicembre 1882 il missionario trappista Franziskus Pfanner fondava nella
periferia di Durban, in Sudafrica, il monastero di Mariannhill (v Dossier Fides Missionari
di Mariannhill 1909-2009: cento anni di missione Ad gentes e di sviluppo integrale
dell'uomo, 16/05/2009). Animato dall'ideale di promuovere l'integrazione dei nativi
Zulu nella società bianca dei territori Transkei, padre Pfanner seppe imprimere uno
sviluppo straordinario alla comunità con la fondazione di scuole, cliniche sanitarie,
laboratori artigiani, tipografie, fattorie che impegnavano ogni giorno centinaia di
monaci, missionari laici, religiose e nativi. Impegnati nei settori più diversi,
dall'evangelizzazione all'assistenza sanitaria, all'educazione, i Trappisti di Mariannhill
– di fatto ancorati alla Regola dell'ora et labora seppure in una nuova formulazione
pratica – necessitavano di una nuova cornice giuridica e fu così che Papa Pio X, il
2 febbraio 1909, decise di separare il monastero dall'Ordine Trappista e di costituirlo
in Congregazione religiosa di diritto pontificio. La soluzione sarebbe stata resa
pubblica ufficialmente il 28 luglio 1909 (anniversario della consacrazione sacerdotale
e del primo arrivo in Africa dell'Abate Pfanner) ma l'anziano missionario morì anzitempo,
il 24 maggio 1909. Negli anni successivi l'Istituto si consacrò definitivamente
alla missione ad gentes e conobbe una diffusione internazionale, in particolare nei
paesi europei di area germanofona e nel Nord America, oltre al progressivo impegno
in Africa per l'animazione delle Chiese locali e le vocazioni sacerdotali e missionarie.
Franz Pfanner, un monaco missionario – Di temperamento energico e volitivo,
l'Abate Pfanner attuò con successo una stagione missionaria che fa del carisma di
impronta benedettina una precisa forma di evangelizzazione. Nato presso Bregenz
(Austria) nel 1825, il giovane Wendelin divise la sua adolescenza tra lo studio a
Feldkirch e Innsbruck e il lavoro nei campi. Nel 1845 frequentò il corso di filosofia
all'Università di Padova ma la salute precaria lo costrinse ad interrompere temporaneamente
gli studi. Maturata la vocazione al sacerdozio con un forte interesse per le missioni,
continuò a seguire le lezioni di teologia all'Università di Bressanone sebbene ancora
colpito da polmonite e meningite. “In quel tempo – ricorderà nelle sue memorie
– era abitudine pregare il Salmo 50 (Miserere) nel quale si prega: 'Insegnerò agli
erranti le tue vie e i peccatori a Te ritorneranno'. Ogni volta che ripetevo queste
parole ricordavo tutti quelli che non conoscono Dio. Con il tempo mi convinsi che
le missioni erano il mio unico desiderio. Decisi di comunicarlo al mio direttore spirituale,
ed egli lo disse al vescovo. La decisione ultima fu che, per la mia debole salute
fisica, non sarei mai potuto andare in America. In quel tempo parlando di missioni,
si pensava solo all'America”. Terminati gli studi fu ordinato sacerdote nel seminario
di Bressanone il 28 luglio 1850 all'età di 25 anni. Dopo le prime esperienze come
sacerdote diocesano in Austria e cappellano militare in Croazia, egli maturò la vocazione
per la vita monastica e nel 1863 fu ammesso nel monastero trappista di Mariawald (Germania)
con il proposito manifestato ai suoi familiari di “vivere povero e sconosciuto”. Durante
un soggiorno a Roma (1867-68) ricevette da Pio IX l'invito a ricostruire il monastero
trappista delle Tre Fontane, quindi fondò un nuovo monastero trappista a Banjaluka
(Bosnia) che egli intitolò a Maria Stern (“Maria Stella”). Per la sua elevazione
ad Abate padre Pfanner si recò nel settembre 1879 a Sept-Fons (Francia), in occasione
del Capitolo Generale dell'Ordine. Prima dell'inizio dei lavori venne però data la
parola a mons. James Ricards, Vicario Apostolico dei distretti orientali del Capo
di Buona Speranza in Sudafrica, che esibì alcune lettere di raccomandazione di Papa
Leone XIII e invitò i padri capitolari ad inviare dei monaci in aiuto della popolazione
indigena. Vedendo che nessuno degli Abati era disposto ad accogliere l'invito, padre
Pfanner si offrì come volontario, rifiutando di fatto la sua imminente nomina. Accompagnato
da 31 monaci, trascorse 3 mesi in Germania per reperire i fondi necessari alla spedizione
e finalmente, superato un attacco di malaria, partì per il Sudafrica il 22 giugno
1880. Giunse a Port Elizabeth il 24 luglio accompagnato dal Vescovo Ricards e accolto
festosamente dagli abitanti. Mons. Ricards contava di introdurre una comunità
trappista per stabilire un contatto con gli indigeni. Incoraggiato dal Cardinale Giovanni
Simeoni, Prefetto di Propaganda Fide, il Vescovo aveva acquistato una fattoria di
4 mila acri alla frontiera del Natal che sarebbe servita da base per una missione
fra le tribù Zulu dei Tambookie. La comunità si mise subito al lavoro per migliorare
la casa e il terreno, tuttavia due anni non bastarono ad ottenere i risultati sperati
soprattutto a causa della siccità persistente. Nell'agosto 1881 venne deciso di spostare
la comunità nel Vicariato del Natal. Intanto alcuni monaci individuarono un terreno
edificabile presso una collina fra le città di Durban e Pinetown. Padre Pfanner acquistò
il lotto il 4 dicembre e il 26 successivo, dopo aver celebrato il Natale nella periferia
di Durban, vi accompagnò tutta la comunità. “Qui – annunciò – edificheremo il nostro
monastero (...) e si chiamerà Mariannhill (...). Maria: perché i nostri monasteri
sono sempre dedicati a Maria. (...) Anna: perché questo in particolare è dedicato
anche a Sant'Anna (...) e hill (collina in inglese, ndr) perché si alzerà sopra una
maestosa collina”. L'attività dei monaci fu notevole e conobbe uno sviluppo ininterrotto.
Nel 1885 Pfanner venne consacrato Abate e negli anni successivi incoraggiò la presenza
dei cistercensi in tutto il Vicariato del Natal, al punto che nel 1907 si contavano
ben 19 filiazioni ed una Congregazione di religiose – le Missionarie del Preziosissimo
Sangue – già approvata dalla Santa Sede. I contatti con la popolazione andarono
intensificandosi di pari passo. Il lavoro dei campi attirò i giovani neri e già nel
1883 venne edificata la prima scuola, intitolata a San Francesco d'Assisi. Nel settembre
1884 la struttura diventò un collegio e poté ospitare in classi miste 150 studenti
tra africani e bianchi. Lo stesso anno i primi quattro ragazzi nativi venivano battezzati
in una solenne cerimonia pubblica e nel 1885 il registro battesimale contava 203 neofiti.
“Le nefaste pratiche ereditate nel tempo – scriveva l'Abate nel 1891 – non possono
essere sanate con le semplici parole, ma con l'esempio vivificante dei monaci Trappisti,
che la Divina Provvidenza ha trapiantato qui, nella sabbia del deserto africano, forse
solo per questo preciso obiettivo: guadagnare nuovi discepoli fra i popoli neri grazie
all'apostolato del lavoro”. Precorrendo i tempi egli accolse nel 1888 i primi due
aspiranti nativi, che dopo gli studi a Roma, prestarono il loro servizio come sacerdoti
secolari nelle missioni di Mariannhill. Per l'educazione e la catechesi dei nativi
organizzò viaggi di sensibilizzazione in Europa e predispose inoltre una macchina
informativa all'avanguardia. Già durante la permanenza a Dunbrody egli spediva regolarmente
un foglio di notizie destinato agli amici e benefattori europei e, a partire dal 1885,
creò un bollettino mensile. Numerosi articoli comparvero inoltre sui giornali sudafricani:
The Natal Mercury, Natal Witness e Natal Advertiser. In tali sedi l'Abate non di rado
assumeva posizioni avanzate in merito al problema dei nativi e alle separazioni razziali
(“native question”), sostenendo e pubblicizzando i primi tentativi di integrazione
operati in grembo alla comunità. Il suo programma scolastico venne osteggiato quando
risultò chiaro che l'istruzione sottraeva manodopera a basso costo al mercato del
lavoro e forniva una preparazione professionale più elevata agli Zulu. Inoltre, dopo
la nascita del primo istituto femminile gestito dalle volontarie laiche europee (febbraio
1885), anche le donne ricevevano una solida formazione e potevano dedicarsi al foyer
domestico, rifiutando le abituali mansioni presso le famiglie bianche.
Mriannhill,
un laboratorio interculturale per la missione ad gentes – A partire dalla II Guerra
Mondiale, la diffusione missionaria di Mariannhill ha conosciuto una marcata internazionalizzazione,
e quindi un'apertura missionaria anche extra-continentale in seno ai membri africani.
Nuovi seminari sono stati costruiti in Canada (Sherbrooke, 1947) e Spagna (Palencia,
1961). Parallelamente sono state consolidate le fondazioni nell'Europa centrale con
la costruzione, negli anni '60, di un seminario in Olanda (Eysden), due in Germania
(Arnsberg e Maria Veen) e un noviziato in Austria (Riedegg). Dopo il 1989 sono state
intraprese nuove fondazioni nell'est europeo, in Polonia e Romania. Su invito del
Beato Papa Giovanni XXIII la Congregazione si è aperta all'Oceania con una missione
in Papua Nuova (Lae) inaugurata nel 1959. In Africa il Vicariato di Mariannhill
(oggi Diocesi) è stato ripartito nel 1930 nella Prefettura Apostolica di Umtata e
in altre missioni indipendenti nella Rhodesia del Sud (Zimbabwe) gravitanti su Bulawayo,
elevato nel 1937 a Vicariato e quindi nel 1951 a Diocesi sotto la guida del Vescovo
Adolph Schmitt CMM. Mentre infuriava la guerra per l'indipendenza, il Vescovo venne
martirizzato il 5 dicembre 1976 assieme al missionario Possenti Weggartner CMM e alla
religiosa Maria Francis van den Berg CPS. Prima della fine del conflitto nel 1987
altri missionari, religiose e cooperatori laici della Famiglia subirono attentanti
e tre di essi vennero uccisi. Nel 1982 una nuova fondazione in Zambia è iniziata
per celebrare il centenario dell'arrivo in Africa dell'Abate Pfanner e quattro anni
dopo il Capitolo Generale ha deciso di aprire una casa a Mungwi, nell'Arcidiocesi
di Kasama. Nel febbraio 1990 i primi due giovani sono entrati nel noviziato di Mariannhill
e il 4 gennaio 1997 è stato ordinato il primo sacerdote autoctono. Oggi lo Zambia
è una realtà in piena espansione con un crescente numero di vocazioni e la diffusione
di case e centri pastorali a Kasama, Makeni e Woodlands. Nello stesso arco di
tempo Mariannhill ha cominciato ad accogliere i primi aspiranti dal Mozambico (oggi
riuniti nell'Arcidiocesi di Maputo assieme ad un gruppo di missionari europei) e dal
Panama (accolti il 24 giugno 1996 dalla provincia spagnola). Oggi il monastero
di Mariannhill (dominato dal monumentale campanile progettato da fratello Nivard Streicher
all'inizio del Novecento) è una città che fa capo all'omonima Diocesi di circa 700
mila abitanti e un'estensione che supera i 12 mila chilometri quadrati. La Congregazione
annovera circa 400 membri ed una diffusione in 22 paesi (Sudafrica, Zimbabwe, Zambia,
Tanzania, Zaire, Kenya, Mozambico, Botswana, Papua Nuova Guinea, Stati Uniti, Canada,
Germania, Austria, Svizzera, Olanda, Polonia, Romania, Spagna, Portogallo, Italia,
Danimarca, Colombia). Ad essa si affianca l'opera insostituibile delle Suore del Preziosissimo
Sangue, una comunità di circa 900 missionarie di cui oltre la metà di origine africana.
Carisma principale del ramo femminile è l'animazione missionaria della popolazione
locale. Ad oggi le religiose sostengono sette Congregazioni religiose africane in
Mozambico, Zimbabwe, Tanzania e Kenya per un totale di circa 2 mila membri. Come
ha ricordato all'Agenzia Fides padre Damian Weber CMM, Superiore Generale dei Missionari
di Mariannhill, “uno sviluppo importante è dato dal numero dei membri africani in
seno alla comunità, che oggi raggiunge un terzo del totale. Dobbiamo anche ricordare
che nel 1981 è stato consacrato il primo Vescovo africano per la Diocesi di Mariannhill,
mons. Paul Themba Mngoma, e da poco un nostro confratello africano, mons. Paul Khumalo
CMM, è il nuovo Arcivescovo di Pretoria”. In Sudafrica lo scolasticato interprovinciale
di Merrivale accoglie tutti i candidati africani nei loro studi di filosofia e teologia.
“O Nigrizia o morte”: San Daniele Comboni (1831-1881)
Devoto del Cardinale
Massaja – che incontrò nel 1865 e da cui ricevette l'approvazione del suo Piano per
l'Africa nonché l'aggregazione nel Terz'Ordine Francescano – San Daniele Comboni fu
il primo Vescovo cattolico dell'Africa Centrale (1877), eretta dalla Santa Sede in
Vicariato nel 1846. Nato a Limone sul Garda (Brescia) il 15 marzo 1831 da una
famiglia di contadini, Daniele frequentò la scuola a Verona presso l'Istituto fondato
dal Sacerdote don Nicola Mazza. Furono anni fondamentali per la vocazione al sacerdozio
e l'interesse per la missione in Africa Centrale, alla quale si dedicavano i primi
missionari mazziani. Nel 1854 venne ordinato sacerdote e tre anni più tardi partì
per l'Africa assieme ad altri 5 missionari dell'Istituto veronese, quindi raggiunse
Khartoum dopo 4 mesi di estenuante viaggio. “Dovremo faticare, sudare, morire – scriveva
ai genitori – ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della
salute delle anime più abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla
grande impresa”. Assistendo alla morte di un giovane compagno, Comboni si sentì profondamente
confermato nella missione in Africa, coniando l'espressione “O Nigrizia o morte”. Nel
1864, raccolto in preghiera sulla tomba di San Pietro a Roma, ha una folgorante illuminazione
che lo porta ad elaborare il famoso Piano per la rigenerazione dell'Africa, un progetto
missionario notevolmente in anticipo sui suoi tempi. Di esso esistono diverse redazioni
manoscritte e a stampa, di cui una per opera della Tipografia di Propaganda Fide nel
1867. L'accoglienza del Piano da parte del Cardinale Prefetto Alessandro Barnabò e
di Papa Pio IX fu molto positiva e questo sarà alla base della futura nomina del Comboni
a Vicario Apostolico dell'Africa Centrale. Il documento, sintetizzato nel motto “Salvare
l'Africa con l'Africa”, assegna ai popoli africani il ruolo di soggetti attivi dell'evangelizzazione.
Fra i punti principali del progetto sono da segnalare: la creazione di Istituti locali
in collegamento con i centri missionari ma dotati di una propria capacità di reclutamento
e formazione, capaci di sprigionare una forza missionaria verso le regioni ancora
non evangelizzate; l'istruzione della popolazione secondo ruoli specifici (catechisti,
insegnanti e lavoratori manuali); la promozione delle donne e il loro coinvolgimento
nelle attività formative; la formazione dei candidati al sacerdozio attraverso procedure
non necessariamente riprodotte sui modelli europei; la fondazione di università scientifiche
e teologiche. Nonostante le difficoltà Daniele Comboni si dedica ad un'instancabile
animazione in ogni angolo d'Europa, utilizzando anche la stampa come mezzo di sensibilizzazione
missionaria. Una volta fondati i due Istitui da cui avranno origine gli attuali Missionari
Comboniani (1867) e le Suore Missionarie Comboniane (1872), partecipa come teologo
del Vescovo di Verona al Concilio Vaticano I, facendo sottoscrivere a 70 Vescovi una
petizione a favore dell'evangelizzazione dell'Africa Centrale (Postulatum pro Nigris
Africæ Centralis). Il 2 luglio 1877 viene nominato Vicario Apostolico dell'Africa
Centrale e consacrato Vescovo il mese successivo. Negli anni 1877-78, dal Sudan, inizia
a lanciare i suoi accorati appelli all’Europa per scongiurare un’atroce carestia che
dimezzerà la popolazione del suo Vicariato. Tornato in Europa, organizza un gruppo
internazionale di missionari e li invia in Africa da Verona. Quindi, nel 1880, fa
ritorno per l'ottava ed ultima volta in Africa Centrale, deciso a sradicare la piaga
dello schiavismo e a consolidare l'attività del suo Istituto. Un anno dopo, provato
dalla fatica, dalle frequenti e recenti morti dei suoi collaboratori e dalle molte
difficoltà della sua missione, si ammala gravemente e il 10 ottobre 1881, a soli cinquant'anni,
muore a Khartoum, proferendo le sue ultime, profetiche parole: “Io muoio, ma la mia
opera non morirà”. Il 5 novembre 2003 è stato canonizzato da Giovanni Paolo II nella
Basilica di san Pietro in Roma.
Gli scritti – L'illuminazione per l'Africa
avuta in San Pietro il 15 settembre 1864 ebbe senza dubbio un posto fondamentale nella
vita del Comboni e fu raccontata, nei suoi contenuti, nell’introduzione alla prima
edizione del Piano datata 1864. “Il cattolico, avvezzo a giudicare le cose col lume
che gli piove dall’alto – scrisse –, guardò l’Africa non attraverso il miserabile
prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della Fede; e scorse colà una miriade
infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comune Padre
su in cielo, incurvati e gementi sotto il giogo di Satana. Allora trasportato egli
dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendice del Golgota, ed
uscita dal costato di un Crocifisso, per abbracciare tutta l’umana famiglia, sentì
battere più frequenti i palpiti del suo cuore; e una virtù divina parve che lo spingesse
a quelle barbare terre, per stringere tra le braccia e dare il bacio di pace e di
amore a quegl’infelici suoi fratelli”. Comboni, che avvertiva “l'ora della redenzione
della Nigrizia”, si appellò con parole vibranti al Concilio Vaticano I. “Se voi –
disse rivolgendosi all'Assise – non deciderete con grande benevolenza qualche rimedio,
se questo momento passerà portando con sé un'occasione così propizia (al solo pensarci
mi sento opprimere dal dolore), quanti secoli passeranno forse prima che cessi la
rovina degli Africani (...). Si deve dunque fare ogni sforzo perché la Nigrizia si
unisca alla Chiesa Cattolica (...). Questo lo richiede pure l'ufficio del ministero
affidato a voi che lo Spirito Santo ha posto come Vescovi per reggere la Chiesa di
Dio”. Dalle lettere pervenuteci emergono le enormi difficoltà della sua missione
pionieristica, ma anche un inesauribile affidamento alla Divina Provvidenza, che gli
farà dire: “Io adoro l'amorosa bontà di Dio che si degna di accordarmi il beneficio
di tante croci, e ci guida per le scabrose vie del Calvario, ai cui piedi nacque la
nostra ardita e santa impresa, e là appunto sul suo Calvario Dio svilupperà e farà
giganteggiare quest'Opera sì apostolica”.
2. Istituti missionari africani
Nel
presentare i principali Istituti religiosi missionari dell'Africa si tiene conto principalmente
di due criteri: la specificità del carisma missionario così come configurato nelle
Costituzioni o negli scritti fondativi e il grado di diffusione a livello continentale
e internazionale. In tale ambito l'Istituto degli Apostles of Jesus – sorto in Uganda
e oggi impiantato in Kenya – occupa un posto di rilievo per il suo fine espressamente
missionario e la notevole diffusione in tre continenti dopo appena 40 anni di esistenza.
Gli Istituti successivi vengono presentati in ordine strettamente cronologico.
Gli
Apostles of Jesus (Kenya) Gli Apostles of Jesus (vedi Dossier Fides: Gli “Apostles
of Jesus”. 40 anni del primo Istituto religioso missionario dell'Africa, 20/08/2008)
sono la prima Congregazione missionaria africana, una comunità che in quarant'anni
di vita si è diffusa su tre continenti con grande vivacità ed una particolare capacità
di adattamento in culture diverse da quella africana. L'Istituto venne fondato il
22 agosto 1968 dal Vescovo di Moroto (Uganda) mons. Sisto Mazzoldi MCCJ (1898-1987)
e dal missionario Giovanni Marengoni MCCJ (1922-2007). I due Comboniani – che avevano
alle spalle una lunga esperienza in Sudan – erano convinti che la Chiesa africana
avesse bisogno non solo di un clero diocesano autoctono, ma anche di religiosi missionari
africani, necessari per la sua sopravvivenza e il suo sviluppo. Fu così che, in seguito
all'espulsione dal Sudan caduto in preda al fondamentalismo islamico, essi entrarono
nel nord dell'Uganda e decisero presso Moroto, il 16 agosto 1967, di dare vita alla
nuova comunità. Il Cardinale Prefetto di Propaganda Fide, mons. Gregorio Pietro
Agagianian, autorizzò la fondazione il 3 maggio 1968 con un lettera inviata al Vescovo
Mazzoldi. “La Sacra Congregazione di Propaganda Fide – si legge –, dopo avere considerato
lo scopo di tale Istituto e la favorevole opinione della Gerarchia Ugandese, con questa
lettera dà a te l’autorità di emettere un decreto per l’approvazione di tale Istituto
e ti conferisce tutte le facoltà necessarie per realizzarlo”. Il 25 maggio 1968
mons. Mazzoldi emise il Decreto nel quale dichiarava lo scopo del nuovo Istituto,
riassunto in tre punti: evangelizzare; fortificare la Chiesa in terra di missione;
aiutare le Chiese locali a crescere e a diventare autosufficienti. Il primo seminario
venne aperto il 22 agosto 1968 e questo rappresentò a tutti gli effetti la nascita
del nuovo istituto.
Carisma e Missione – Si legge negli articoli 5 e 6 delle
Costituzioni approvate il 23 febbraio 1970: “Il nostro obiettivo è l'attività pastorale
missionaria, ogni sforzo per l'annuncio del Vangelo, per impiantare la Chiesa tra
i popoli e i gruppi che ancora non credono in Cristo e per portare la Chiesa al suo
pieno sviluppo dove essa sia già impiantata. Il campo privilegiato della nostra attività
è l'intera Africa, senza escludere ogni altra parte del mondo”. Ogni membro è chiamato
a “perseverare nella perfetta carità attraverso l'esercizio dei pubblici voti evangelici
di castità, povertà ed obbedienza alla Chiesa, vivendo una vita fraterna in comune”
(art. 3). “Come segno di testimonianza a Cristo e di aderenza ai valori spirituali,
per dimostrare il giusto ordine di valori in tutte le attività terrene – si legge
ancora – compiremo ogni sforzo per dare un esempio di preghiera e di perseveranza
nel vero spirito delle beatitudini evangeliche” (n. 4). La missione affidata da Gesù
ai suoi Apostoli di continuare il suo ministero affinché tutti “abbiano la vita e
l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10) è la missione fatta propria dalla Congregazione,
affinché una nuova civiltà di amore, giustizia e vita si diffonda sulla terra. Ogni
missione è preceduta da una visita sul luogo ed è previsto un accordo scritto tra
il Vescovo e il Superiore Generale con il consenso del suo Consiglio. L’accordo definisce
il tipo di lavoro a cui saranno assegnati i missionari, le risorse finanziarie per
il loro sostentamento e la durata (CJC 681,2). Per la stabilità e l’efficacia delle
missioni, è stabilito che il periodo minimo per il mandato sia di tre anni rinnovabili.
I campi di apostolato sono molti: evangelizzazione; fondazione di nuove parrocchie;
aiuti alle Chiese locali; organizzazione di ritiri e programmi di aggiornamento per
tutti gli stati di vita; promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa;
gestione di centri per la specializzazione dei catechisti e dei laici; promozione
del dialogo inter-religioso e dell'ecumenismo; diffusione della devozione al Sacro
Cuore di Gesù, al Cuore Immacolato di Maria e a San Giuseppe (un santuario è stato
costruito a Nairobi per promuovere tali devozioni); cooperazione per lo sviluppo dei
popoli e la soluzione dei problemi sociali; promozione dell'infanzia.
Comunità
nel mondo e statistiche - A quarant'anni dalla sua fondazione l'Istituto conta 367
sacerdoti, 10 fratelli laici, 22 novizi, 138 studenti di filosofia e teologia e 800
studenti nei seminari minori. I membri sono presenti in diverse parrocchie e diocesi
dell'Africa, dell'Europa e degli Stati Uniti d'America. Oggi si contano più di 60
comunità in oltre 30 Diocesi di Kenya, Uganda, Tanzania, Sudan, Sudafrica, Botswana,
Etiopia. Particolarmente rilevante è la diffusione negli USA con 50 religiosi operanti
in 18 differenti Stati federali. In Italia e Regno Unito alcuni membri in formazione
prestano servizio nelle parrocchie con particolare attenzione alle minoranze immigrate. “A
Karen, presso Nairobi, è situata la nostra Curia Generalizia e lì – ha spiegato a
Fides padre Speratus Kamanzi AJ, Superiore Generale dell'Istituto – ci sono altre
30 comunità di religiosi, maschili e femminili. I loro membri provengono da tutti
i continenti: Africa, Asia, Europa, Nord e Sud America. Non è strano dopotutto che
l'Africa mandi dei missionari in altre parti del mondo! È un modo per dire grazie
ai tanti Europei e Americani che hanno evangelizzato il nostro continente, una forma
di reciprocità e di complementarietà. L'Africa ha ancora bisogno di missionari dal
resto del mondo, così come il resto del mondo ha bisogno dei missionari africani”.
Molti Vescovi africani hanno espresso la loro stima negli Apostles of Jesus e
la speranza che essi contribuiscano all'evangelizzazione dell'Africa e del mondo intero.
Apprezzamenti negli anni sono giunti anche da diversi organismi della Curia romana.
In occasione della prima Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata all'Africa
(celebrata a Roma nel 1994), la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha ricordato
nei Lineamenta del Sinodo “l'Istituto missionario degli Apostles of Jesus, il primo
nel suo genere in Africa, che è stato fondato per proclamare il Vangelo ai non-cristiani
e indirizzare il lavoro pastorale nelle aree che ne hanno bisogno” (citato è anche
il ramo femminile dell'Istituto). Inoltre, nel Rapporto Annuale del 1991, la Congregazione
per l'Evangelizzazione dei Popoli, all'epoca guidata dal Cardinale Jozef Tomko, ha
“espresso in modo speciale il suo apprezzamento per il generoso contributo che gli
Apostles of Jesus stanno offrendo alla causa missionaria in venti Diocesi africane”.
Attività
pastorali, progetti di sviluppo e ministeri – Gli Apostles of Jesus svolgono il loro
servizio con un'attenzione particolare ai bambini poveri, gli orfani e gli affamati.
In Africa promuovono una serie di progetti accompagnati da attività pastorali in diversi
centri. AIDS Ministry è un progetto nato per mobilitare clero e laici contro la
drammatica e dilagante diffusione dell'AIDS nell'area di Ngong Hills, in Kenya. I
membri della Congregazione collaborano con le comunità locali e partecipano all'AIDS
Service Organization, un ente che raccoglie persone di ogni credo religioso per indirizzare
ogni sforzo contro la diffusione della pandemia. La missione è chiamata AJAM (Apostles
of Jesus AIDS Ministry) ed è in stretto contatto con la popolazione. Essa include
attività di ascolto, prevenzione e sensibilizzazione, supporto medico e scambio di
informazioni con altre organizzazioni. Gli Apostles provvedono concretamente ai bisogni
fondamentali: acqua, alimentazione, vestiti, istruzione, controlli sanitari, medicine.
In totale i bambini seguiti sono più di 200. Il Centro Medico Queen of Apostles,
nel distretto di Nakasete, in Uganda, è gestito dagli Apostles ed è destinato ai più
poveri. È aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e questo causa un'enorme necessità di
medicinali e apparecchiature mediche. L'Ostello Nsambya, a Kampala, in Uganda, offre
inoltre accoglienza ai religiosi e agli stranieri. Il Seminario di Rejaf, in Sudan,
è stato ricostruito dopo la sua distruzione durante la guerra civile. Gli Apostles
hanno bonificato i campi minati e rimosso le macerie e lavorano ancora per rendere
il centro pienamente operativo. Il Seminario di Uru, presso il Monte Kilimanjaro,
ospita circa 231 studenti ed è una delle migliori scuole del paese. Il Seminario Minore
di Kiserian, in Kenya, prevede un nuovo progetto per lo studio dei giovani nelle materie
scientifiche e matematiche. Il Seminario di Langata, in Kenya, è una tappa fondamentale
per tutti i seminaristi. La sua biblioteca serve le scuole e ogni abitante del paese.
Per il futuro è prevista la dotazione di computer e di e-book, mentre è in costruzione
un secondo edificio, destinato alla refezione e al pernottamento dei seminaristi.
Il Santuario del Sacro Cuore di Gesù e Maria a Nairobi è meta di pellegrinaggi e di
Adorazioni Eucaristiche. Al suo interno sono attivi corsi di catechismo e vengono
organizzati ritiri spirituali e di preghiera. In Tanzania è in costruzione
la St. James School, mentre a Nairobi è attivo l'Istituto Tecnico Giovanile, che forma
gli studenti in diversi campi (informatica, meccanica, falegnameria) permettendo loro
una preparazione adeguata nel mondo del lavoro. La Star High School, aperta nel gennaio
2007, prepara gli studenti – come ha riferito uno di loro – a diventare “buoni cittadini
del Regno di Dio”. Gli iscritti in continuo aumento hanno spinto a costruire altri
edifici e ad occupare nuovi spazi per dormitori e refettori. Vicino alla scuola sono
in costruzione una fattoria, una biblioteca e un emporio, che sono importanti, oltre
che per gli studenti, anche per lo sviluppo economico dell'area. A Nairobi è in costruzione
una Memorial Hall dedicata alla visita di Giovanni Paolo II, che ha lasciato una generosa
donazione. Il centro sarà un luogo di incontro per i giovani e servirà per ospitare
ritiri spirituali e programmi educativi. Ad Arusha (Tanzania) una piantagione
di caffè (Tengeru Farm) ha l'obiettivo di raccogliere fondi per i progetti ed inoltre
serve come luogo di ritiro e come ostello. A Kampala, in Uganda, la Lima Farm svolge
diverse attività – apicultura, allevamento del bestiame, piantagioni – e contribuisce
al mantenimento di due scuole e all'alimentazione dei bambini orfani e degli affamati.
Nelle aree rurali dell'Uganda il rischio che si muoia di fame è alto e la fattoria
gestita da padre Anacletus Mugabe e dagli Apostles of Jesus cerca di opporsi al tragico
destino della popolazione. Oltre a provvedere ai beni alimentari necessari (compreso
il latte) la Lima Farm incoraggia le famiglie a frequentare dei corsi per apprendere
come coltivare una varietà di semi da portare nel proprio villaggio. Le famiglie vengono
seguite per due mesi, finché le nuove coltivazioni non assicurino il sostentamento
dei bambini. La fattoria inoltre gestisce un progetto per la distribuzione di acqua
pulita.
Evangelizing Sisters of Mary – Nel 1974 padre John Massawe, un giovane
sacerdote africano della Tanzania, scrisse al Vescovo Sisto Mazzoldi per essere ammesso
nella nuova Congregazione degli Apostles of Jesus (nel 1984 ne sarebbe diventato il
primo Superiore Generale africano). La sua lettera riferiva anche di quattordici giovani
donne della parrocchia di Moshi (Tanzania) che volevano consacrarsi alla missione.
Le donne vennero inizialmente inviate dal Mazzoldi al lebbrosario diocesano di Morulem
(Moroto) e quindi, dopo il responso positivo emesso dalla Gerarchia locale (8 marzo
1977), la Santa Sede approvò l'Istituto delle Evangelizing Sisters of Mary. Padre
Massawe ricevette l'incarico di costruire una casa per le novizie su un terreno donato
dal Vescovo di Moshi mons. Joseph Sipendi. Il gruppo delle quattordici candidate –
cui si erano aggiunte altre sei postulanti – cominciò ufficialmente il noviziato il
23 marzo 1977. Le suore ricevettero il loro abito religioso dal Vescovo Sipendi, assistito
da padre Massawe e alla presenza di una folla entusiasta di parenti, amici e fedeli.
La cerimonia segnò l'inizio di una nuova avventura missionaria per le donne africane.
Suore
di Nostra Signora del Kilimanjaro (Tanzania) Tra la fine dell'Ottocento e i primi
anni del Novecento, i Padri dello Spirito Santo e le Suore del Preziosissimo Sangue
operavano congiuntamente nel Vicariato del Kilimanjaro, in Tanzania (oggi formato
dalle Diocesi di Tanga, Same, Moshi, Arusha e Mbulu). Le religiose iniziarono la loro
missione con pochissimi mezzi, soffrendo anche l'ostilità dei capi tribali. Con l'aiuto
delle donne del posto dissodarono le terre e piantarono alberi, banani, piante di
fagiolo, mais, patate, canne da zucchero per le necessità della missione. Suor Feliziana
Böser CPS svolse un importante ruolo di contatto con la popolazione grazie alla sua
conoscenza delle lingue Swahili e Kichagga e alle frequenti visite presso le case
di ammalati che erano affetti da infezioni, ulcere e tubercolosi. Dopo Kibosho, l'apostolato
delle religiose si estese ad altri paesi: Kilema (1904), Rombo (1906), Uru (1912). Un
evento destinato ad incidere nella vita delle prime comunità cristiane – così come
documentato dal volume From the Chronicle (1985) a cura delle Suore del Preziosissimo
Sangue – si ebbe a Kibosho il 2 febbraio 1914, allorché le prime sei ragazze africane
manifestarono la volontà di consacrarsi a Dio. Nonostante la tradizione del popolo
Chagga imponesse il matrimonio a tutte le giovani – secondo regole ben precise stipulate
dai genitori dei rispettivi coniugi – le aspiranti rifiutarono e si offrirono di pagare
l'equivalente della loro dote con il lavoro dei campi. Dopo la prima Guerra Mondiale
la colonia passò dalla Germania all'Inghilterra e nel 1920 le suore del Preziosissimo
Sangue furono espulse perché cittadine tedesche. Esse poterono rientrare cinque anni
dopo e furono accolte con entusiasmo indescrivibile dalla popolazione. “Una delle
cosiddette aspiranti – ricorderà suor Felizitas Tirpitz CPS (1895-1982), co-Fondatrice
e futura Superiora Generale del nuovo Istituto – si prostrò davanti alla nostra automobile.
Uscimmo e ci fu una sorta di tumulto (...). Per tutto il giorno gli abitanti festeggiarono
con canti e danze. Alcuni uscirono anche di sera. Ma la gioia più grande fu vedere
che le giovani candidate, durante la nostra assenza, si erano prese cura della missione
e con il loro esempio avevano ispirato altre candidate. Considerando tutte le stazioni
missionarie se ne contavano trenta”. Il Vescovo mons. Henry Aloysius Gogarty (1884-1931)
propose alla Superiora Generale madre Ebba Tirpitz CPS una nuova fondazione nel Vicariato
e, ricevuta una risposta positiva, formulò ufficialmente la richiesta di approvazione
a Propaganda Fide. Il dicastero vaticano approvò la proposta con il decreto del 7
giugno 1927, data di nascita dell'Istituto. Il Vescovo Fondatore pose l'“ora
et labora” alla base della regola di vita, quindi affidò alla nascente Congregazione
una fattoria facente parte della missione di Rombo a circa 60 km da Moshi e provvista
di 200 ettari di terreno. I lavori di dissodamento ed edificazione iniziarono a costo
di grandi sacrifici e il 29 gennaio 1931 vennero accolte nella struttura ancora in
costruzione le prime 32 candidate. “I locali della cucina – ricorderà suor Felizitas
– erano appena cominciati. Vivevano di espedienti, ma dopotutto eravamo nella casa.
Tutt'intorno il paesaggio appariva selvaggio, le erbacce erano alte un metro, c'erano
rovi, rocce, serpenti e i segni dei lavori dappertutto. Il pasto di mezzogiorno ci
fu portato dalla missione di Rombo finché le cucine non vennero completate. Al mattino
e alla sera preparavamo qualcosa sulle rocce”. Nel 1930 l'edificio provvisto di otto
camere fu completato, anche se mancavano ancora porte, finestre e forniture di ogni
genere, al punto che per diverso tempo si era costretti a dormire sul pavimento. Suor
Felizitas fu nominata Direttrice delle novizie, incarico che svolgerà ininterrottamente
per 42 anni. L'ingresso delle prime aspiranti nella struttura segnò la nascita
di fatto delle Suore di Nostra Signora del Kilimanjaro, comunemente chiamate “Huruma
Sisters”. Ogni anno l'Istituto riceveva dalle 10 alle 15 richieste di ammissione,
ma il maggior impedimento alla sua crescita era rappresentato dai ridotti spazi disponibili,
dal momento che fino al 1955 il solo convento esistente fu quello di Huruma. Molte
aspiranti si adattarono a vivere in capanne di paglia da loro volontariamente fabbricate.
Nonostante le difficoltà, il 2 febbraio e il 5 agosto 1934 avvennero le prime professioni
pubbliche con grande partecipazione di popolo. L'indipendenza dell'Istituto si
realizzò gradualmente. Nel 1950 le prime tre suore indigene cominciarono a partecipare
all'amministrazione della comunità. Cinque anni dopo, con l'arrivo di suor Hermania
Förg CPS, nominata Vicaria, cinque religiose africane vennero elette nel consiglio.
Quindi, nel 1960, il nuovo Vescovo di Moshi mons. Joseph Kilasara, africano, invitò
le singole comunità operanti nella Diocesi ad eleggere ciascuna la propria Superiora,
mentre 35 candidate furono inviate in Germania, Austria, Olanda, Inghilterra e Stati
Uniti per migliorare i propri studi. Parallelamente cominciò il coinvolgimento nelle
diverse stazioni missionarie fondate dalle Suore del Preziosissimo Sangue nelle Diocesi
di Same, Tanga, Mbul, mentre nel 1963 le Huruma Sisters assunsero la gestione domestica
del seminario San Tommaso d'Aquino da poco eretto a Nairobi. Nel 1965 – grazie
all'ente internazionale Memisa (Medical Mission Actio) ed ai finanziamenti raccolti
in Germania – iniziò la costruzione di un ospedale di proprietà della Congregazione,
comprendente reparti di ostetricia e cliniche per bambini. Cinque anni dopo, il 6
marzo 1970, la struttura poté accogliere i primi pazienti con grande apprezzamento
delle istituzioni pubbliche. Sotto la guida di madre Felizitas Tirpitz – ricordata
dalla popolazione come “Mother of Mercy” per il suo zelo missionario e l'ininterrotta
direzione per 42 anni – le Huruma Sisters divennero la più grande Congregazione religiosa
della Tanzania. Nel 1970 l'Istituto contava 348 professe, 60 novizie, 23 postulanti
e 33 aspiranti. A partire dagli anni '60, furono aperte nuove stazioni missionarie
in Kenya (Nairobi e Ngong). La possibilità di studio all'estero garantiva ai membri
della comunità un elevato livello formativo e la possibilità di ricoprire ruoli qualificati
(tre anni più tardi esistevano 62 suore insegnanti, 42 infermiere e 11 catechiste). Nel
1973 l'indipendenza dell'Istituto è ormai prossima. In agosto si hanno le prime votazioni
per l'elezione della Superiora Generale e del Consiglio. I risultati, affidati al
Pro-Nunzio Apostolico per la Tanzania, mons. Franco Brambilla, vengono da questi solennemente
proclamati il 24 settembre ad Huruma alla presenza del vescovo di Moshi mons. Sipendi.
Prima Madre Generale eletta è suor Cecilia Mbuya CDNK, già facente parte del quadro
amministrativo provvisorio. Le Huruma Sisters continuano oggi a conosce una forte
espansione. L'istituto è formato da 788 membri operanti in quattro paesi: Tanzania,
Kenya, Zambia e Stati Uniti d'America. L'apostolato è rivolto prevalentemente all'infanzia
(catechesi, istruzione, promozione degli orfani, disabili e albini) e al settore
sanitario (la comunità di Moshi è direttamente coinvolta nella gestione di tre ospedali
ad Huruma, Kilema e Kibosho).
Oblate Catechiste Piccole Serve dei Poveri (Benin)
Nel
settembre 1899 giunse nell'allora Dahomey, oggi Benin, il primo missionario SMA, padre
Èmil François Barril. Colpito dall'estrema povertà e dalla piaga dello schiavismo,
il sacerdote cercò di coinvolgere alcune volontarie per dare vita ad una comunità
religiosa autoctona che prestasse soccorso materiale e spiritale alla popolazione.
A tal fine fu provvidenziale l'incontro con Julia Nobre (1883-1942), una giovane –
proveniente da una famiglia di origine portoghese – che nutriva gli stessi ideali
e che raccolse un primo gruppo di volontarie. Le donne si dedicavano a diversi impegni:
visita ai poveri a domicilio, sostegno agli anziani e agli ex schiavi ridotti all'isolamento
dopo l'abolizione della tratta. La prima casa aperta a Porto Novo nel 1914 venne posta
sotto la protezione di Santa Teresa di Gesù Bambino, ancora oggi patrona spirituale
della Congregazione. Fu successivamente trasferita a Ouidah e quindi, in via definitiva,
a Calavi (1915). Intanto il 14 marzo 1914 avvennero le prime professioni temporanee
da parte di Julia Nobre (in religione madre Elisabetta della Trinità) e della compagna
co-Fondatrice Valentine Carvalho (madre Maria di Gesù). Per la loro formazione padre
Barril ottenne l'assistenza delle suore francesi della Santa Famiglia del Sacro Cuore,
che operarono nel Benin tra il 1919 e il 1965. Dopo la scomparsa prematura di
madre Elisabetta e madre Maria di Gesù, l'Istituto fu diretto da mons. François Steinmetz
SMA, Vicario Apostolico del Dahomey, e dal suo successore mons. Louis Parisot SMA.
Quest'ultimo, il 30 aprile 1954, ne dispose l'erezione canonica. Successivamente,
sotto la guida pastorale di mons. Bernard Gantin, si arrivò al primo Capitolo Generale
il 10 agosto 1968. Oggi la Congregazione è in piena crescita. Secondo i dati
raccolti da Fides presso la Curia della Società delle Missioni Africane, le religiose
sono diffuse in Benin e Nigeria con 54 case. Nel 1996 la comunità si è aperta alle
missioni inviando le prime quattro suore in Colombia (Diocesi di Carthagène), seguite
due anni dopo da un altro gruppo che si è stabilito nella Diocesi di Barranquilla.
Anche l'Italia, nel 2003, ha accolto alcune Oblate in formazione e missione presso
Ostia e Massa Marittima. “Dopo aver ricevuto il dono della fede – si legge in
un comunicato dell'Istituto – le Suore si sono sentite chiamate a prendere parte attiva
alla missione evangelizzatrice diffondendo a loro volta la Buona Novella del Vangelo”.
I principali campi di apostolato sono: l'educazione dell'infanzia; la formazione professionale
delle giovani ragazze; la cura degli orfani; i servizi assistenziali negli ospedali
e ambulatori; la catechesi nelle parrocchie.
Suore “Bene Tereza” (Burundi)
Le
Figlie di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, meglio conosciute come suore
“Bene Tereza”, sono una Famiglia religiosa pienamente inserita nel programma di nuova
evangelizzazione promosso dalla Conferenza Episcopale del Burundi. Fondata dal
Vescovo missionario Julien Louis Gorju e da madre Régine Stracke – appartenente alle
Suore Missionarie di Nostra Signora dell'Africa – la Congregazione mosse i primi passi
il 3 ottobre 1931, quando otto postulanti africane entrarono nel noviziato di Mugera.
Le prime cinque religiose pronunciarono i loro voti due anni dopo, il 15 agosto 1933,
considerata la data di nascita dell'Istituto. All'inizio le difficoltà furono molte,
legate soprattutto a fattori culturali e alla novità che rappresentava una comunità
di giovani burundesi consacrate alla vita religiosa. Nel 1970 l'apertura di una nuova
casa in Tanzania segnò la concreta attuazione dell'originale carisma missionario voluto
dai fondatori. L'anno seguente le suore di Bene Tereza si stabilirono nel Ciad e dal
1983 in Camerun e in Europa (nel Sud dell'Italia). Secondo quanto riferisce Entre
Nous, bollettino ufficiale dell'Arcidiocesi di Gitega, l'Istituto annovera oggi oltre
320 membri impegnati in programmi educativi e sociali e di cooperazione tra le diverse
chiese nazionali di Burundi, Ciad e Camerun. Ricordando nel 2008 il 75mo anniversario
dalla fondazione, la Superiora Generale madre Euphémie Kimuzanye ha rinnovato all'Episcopato
africano l'impegno per “una sempre maggiore evangelizzazione, secondo l'esempio di
umiltà di Santa Teresa di Gesù Bambino”.
Suore del Cuore Immacolato di
Maria (Tanzania)
L'idea di stabilire una Congregazione africana nel Vicariato
di Morogoro, in Tanzania, è fatta risalire – secondo il già citato volume From the
Chronicle (1985) – ai primi missionari che cristianizzarono l'area a partire dal 1882.
Già nel 1877 la prima donna africana si consacrò alla vita religiosa entrando a far
parte della Congregazione italiana delle Figlie di Maria. In seguito il progetto venne
discusso tra i Vescovi dell'area facenti capo ai maggiori Istituti missionari (Padri
dello Spirito Santo e Padri Bianchi). La fondazione fu infine possibile allorché
il missionario padre Bernard Gerhard Hilhorst CSSP (1895-1954) venne nominato Vicario
Apostolico di Bagamoyo nel 1934. Il Vescovo ottenne assistenza da parte delle Suore
del Preziosissimo Sangue (operanti nella regione a partire del 1908 e che fino al
1966 avranno la direzione del nascente Istituto), quindi, nell'agosto 1934, si ebbero
le prime tre aspiranti provenienti dalla regione limitrofa, ma etnicamente distinta,
di Usandawi Kurio. Due anni più tardi mons. Hilhorst acquistò una fattoria a circa
sei chilometri da Morogoro affinché servisse da casa di accoglienza e studio per le
aspiranti, il cui numero continuava a crescere. Fu questa la prima casa della comunità,
chiamata Mgolole, che si distinse soprattutto per l'apostolato della stampa da parte
delle giovani in formazione. Nel 1939 le prime novizie ricevettero il mandato
apostolico di partecipare alle attività missionarie della comunità, comprendenti il
servizio liturgico, l'educazione dell'infanzia e l'assistenza sanitaria, cui si aggiunsero
in seguito la gestione di un orfanotrofio costruito con i finanziamenti raccolti in
Germania dalle Suore del Preziosissimo Sangue (1956) e la direzione della stazione
missionaria diocesana di Mgeta (1966). Per far fronte elle necessità dell'Istituto
venne inoltre aperta una fabbrica di candele, mentre continuò la coltivazione di mais,
riso e cassava. Nel 1963 la Congregazione contava 97 professe e 40 suore in formazione,
numeri che permisero l'inserimento delle “Mgolole Sisters” nel quadro direttivo. Il
16 ottobre 1966 il Capitolo Generale elesse all'unanimità la prima Superiora Generale
africana, madre Micoleta Nyagatwa CICM, fatto che sancì l'indipendenza dell'Istituto.
Un altro avvenimento di rilievo (2 luglio 1967) fu la consacrazione del primo Vescovo
autoctono, mons. Adrian Mkoba, originario di Mgeta. Negli ultimi decenni le
“Mgolole Sisters” hanno assunto la piena direzione delle stazioni missionarie fondate
dalle Suore di Mariannhill (circa 13) e sono oggi diffuse in quattro Diocesi (Morogoro,
Dar-es-Salam, Zanzibar-Pemba, Same) impegnandosi in diversi settori: insegnamento
nelle scuole primarie, catecumenato per battezzandi adulti, cura degli orfani, assistenza
a malati ed anziani. A partire dagli anni '70 le religiose hanno esteso il loro apostolato
anche al campo sanitario dopo un lungo periodo di formazione in Austria. A Morogoro,
su autorizzazione delle autorità pubbliche, l'Istituto gestisce oggi dispensari e
centri per la distribuzione dei medicinali.
Ancelle del Bambino Gesù (Nigeria)
Nel 1923 il Vescovo Joseph Shanahan CSSP invitò nel Vicariato Apostolico della
Nigeria Meridionale madre Mary Charles Magdalen Walker, appartenente alla Congregazione
delle Suore della Carità. La religiosa suscitò un primo gruppo di aspiranti locali
che trovò ricovero nella St. Joseph’s Convent School di Calabar. Nell'aprile 1937
l'Istituto venne eretto canonicamente con la denominazione di Congregation of the
Handmaids of the Holy Child Jesus e tre anni dopo si ebbero le prime professioni religiose.
L'indipendenza fu raggiunta il 28 dicembre 1859 con l'elezione della prima Superiora
Generale africana. La natura inter-tribale e internazionale della comunità è
il risultato di una diffusione in Africa centrale (Nigeria, Ghana, Camerun, Togo,
Sierra Leone, Kenya) e in diversi paesi occidentali (Italia, Inghilterra, Germania,
Stati Uniti, Canada). “Fedeli ai valori del Vangelo, al carisma della nostra Fondatrice
e attente ai segni dei tempi – ha dichiarato il Capitolo Generale tenutosi nel 2008
–, vogliamo impegnarci a trasformare le vite con la testimonianza profetica dei nostri
voti religiosi, la vita in comunità, la guida e il ministero apostolico con un'opzione
speciale per i poveri, le donne e i bambini”. La comunità finanzia all'estero
– tramite la sua organizzazione non-profit con sede a Houston – numerose attività
a favore dell'Africa: scuole per disabili, dispensari, cliniche rurali, centri agricoli,
corsi di formazione professionale.
Suore di Nostra Signora della Chiesa (Togo)
Il
Fondatore dell'Istituto fu mons. Joseph Strebler, che nacque in Alsazia il 12 settembre
1892 ed entrò presto nella Società delle Missioni Africane. “Grande figura missionaria,
esempio di energia e dinamismo al servizi della Chiesa, appassionato dell'Africa –
riferiscono fonti SMA raccolte da Fides – mons. Strebler fu soprattutto un vero uomo
di Dio”. Ordinato sacerdote nel 1921, si imbarcò come missionario per l'Africa il
30 ottobre dello stesso anno e operò per 15 anni in Ghana. A partire dal 1937 fu Prefetto
Apostolico di Sokodé in Togo, quindi nel 1945 venne consacrato Vescovo e nominato
Vicario Apostolico di Lomé, di cui nel 1955 divenne il primo Arcivescovo. Al
fine di promuovere la formazione cristiana delle giovani e suscitare vocazioni autoctone
alla vita consacrata, mons. Strebler fondò il 15 agosto 1952 a Noepe, presso Lomé,
la Congregazione delle Piccole Serve Togolesi del Sacro Cuore di Gesù e Maria (Congregation
des Petites Servantes Togolaises des Saints Coeurs de Jésus et de Marie). In
seguito all'aggiornamento delle Costituzioni (1966) il nuovo Vescovo mons. Robert
Dosseh-Anyron – considerato co-Fondatore dell'Istituto – mutò la denominazione in
Suore di Nostra Signora della Chiesa (Soeurs de Notre-Dame de l'Eglise). Fino al 1969
la comunità non ebbe un'amministrazione propria ma fu affidata alle Suore Missionarie
Catechiste di Menton e alle Religiose dell'Assunzione di Parigi. Al momento dell'indipendenza
(15 luglio 1969) l'effettivo era di 180 professe, 35 novizie e 5 postulanti. L'Istituto,
ispirato alla Regola di Sant'Agostino, riconosce come proprio carisma “l'opera di
educazione e promozione della persona umana” e in particolare il “riscatto morale
e la formazione cristiana delle donne”. A tale scopo sono state create opere educative
di prima e seconda alfabetizzazione (asili nido, orfanotrofi, scuole primarie e secondarie)
e opere sanitarie (dispensari e ospedali). Alcuni programmi vengono finanziati con
la vendita di prodotti agricoli e di realizzazioni artigianali. L'attività
missionaria è in rapida espansione. Oltre alle sei Diocesi del Togo (Lomé, Aneho,
Atakpame, Palime, Sokodé e Dapaong) la Congregazione è presente in quattro paesi africani:
Costa d'Avorio (Abidjan), Ghana (Tema), Benin (Malanville), Ciad (Bongor).
Suore
di Nostra Signora di Usambara (Tanzania)
“Il maggiore impegno delle Sisters
of Our Lady of Usambara – riporta una nota ufficiale dell'Istituto – è la diffusione
della fede nella Diocesi di Tanga e in ogni altra regione”. Fondata nel 1953 dal Vescovo
di Tanga (Tanzania) Eugene Arthurs (1914-1978) con la collaborazione delle Suore del
Preziosissimo Sangue – in particolare di madre Willibalda Giesbers CPS (1902-1987),
co-Fondatrice e prima Superiora Generale – la Congregazione diocesana ha iniziato
la sua attività in una fattoria abbandonata di Rangwi, presso le Montagne Usambara
(regione a maggioranza musulmana), acquistata dal Vescovo per permettere alle prime
sette aspiranti africane di risiedere in una casa comune. All'inizio le donne
si dedicarono ai lavori di recupero del fabbricato e di dissodamento del terreno che
venne coltivato con piante di mais, alberi da frutto e una vigna. La maggior parte
delle candidate viveva e lavorava con le formatrici presso le diverse stazioni missionarie,
fino a quando, il 6 agosto 1954, la casa di Rangwi non venne formalmente riconosciuta
come noviziato della nascente Congregazione intitolata a Nostra Signora di Usambara.
Due anni più tardi le prime tredici postulanti ricevettero l'abito religioso da mons.
Arthurs in una cerimonia toccante che coinvolse la piccola comunità cattolica dell'area.
Tra il 1957 e il 1958 una nuova casa venne destinata alle professe, quindi nel 1965
fu edificata una nuova chiesa adiacente al convento. Nel 1967 – quando le prime otto
suore emisero la loro professione solenne – l'Istituto aveva ottenuto la direzione
della missione di Kongei ereditata dalle suore di Mariannhill ed il suo effettivo
era di un centinaio di membri (in maggioranza di etnia Wachagga dell'area del Kilimanjaro
oltre ad una postulante proveniente da una famiglia mista cattolica-musulmana). Il
contatto con la popolazione musulmana ispirò un atteggiamento di dialogo e di rispetto
che contraddistingue ancora oggi l'identità dell'Istituto. Nel 1971 il nuovo Vescovo
di Tanga mons. Maurus Komba favorì la formazione delle religiose grazie alla nuova
scuola per catechisti di Kifungilo che prevedeva corsi della durata di due anni. L'inserimento
delle religiose nell'apostolato catechetico e sanitario nelle missioni di Zannzibar,
Kongoi e Kongei fu affiancato da un'espansione delle attività formative per le novizie
a Tanga, Korogwe e Rangwi. Intanto, l'8 settembre 1976, il secondo Capitolo Generale
sancì l'indipendenza dell'Istituto con l'elezione della prima Superiora Generale africana,
madre Inviolata Mndeme COLU. Oggi, dopo diversi anni di ministero in Tanzania, le
“Rangwi Sister” hanno esteso il loro apostolato nelle isole di Zanzibar e Pemba, impegnandosi
principalmente nella pastorale catechetica e l'assistenza ai malati.
Suore
di Nostra Signora di Fatima (Nigeria)
Il Vescovo missionario John Reddington
SMA (1910-1994) fondò la Congregazione nel 1965 per inculturare l'ideale religioso
e promuovere una radicale evangelizzazione nella Diocesi di Jos e in tutta la Nigeria.
Una volta ottenuta l'approvazione da parte di Propaganda Fide (13 gennaio), mons.
Reddington invitò alcune missionarie di Nostra Signora degli Apostoli affinché seguissero
pastoralmente il primo gruppo di sei postulanti. L'incarico fu svolto dalle madri
Virgilius O' Sullivan NSA e Magdalene Cadogan NSA, entrambe della Provincia d'Irlanda.
Il 13 gennaio 1968 le prime tre novizie emisero i voti temporanei ed entrarono nella
casa di Jos che per l'occasione venne assegnata a madre O' Sullivan, nominata prima
Superiora. L'Istituto venne posto sotto la protezione di Nostra Signora di Fatima,
già Patrona della Diocesi di Jos. Tra il 1970 e il 1985 le attività si diversificarono
parallelamente all'aumento dei membri. Le religiose assunsero la direzione della Fatima
Private School Pankshin di Shendam e realizzarono il Virgilius Memorial Rural Health
Center presso Namu, al fine di offrire servizi educativi e sanitari alla popolazione
extraurbana. Nel 1985 il Capitolo Generale elesse la prima Superiora Generale africana
nella persona di madre Mary Patrick Dimlong OLF. Il I ottobre 1994 il Generalato è
stato trasferito a Tudun Wada (Jos) alla presenza del Nunzio per la Nigeria, Carlo
Maria Viganò. “Fondate per la missione evangelizzatrice della Chiesa –
si legge nel pamphlet The Parable of the Sisters of Our Lady of Fatima pubblicato
dall'Istituto nel 2001 – siamo benedette dal carisma di un generoso e spontaneo servizio
alla Chiesa. Il nostro Fondatore ha condiviso questo carisma con noi e ci ha chiamate
per lavorare a fianco dei sacerdoti indigeni con l'obiettivo di evangelizzare il nostro
popolo (...) secondo le necessità di oggi, siano esse educative, mediche, sociali
o pastorali. (...) La Congregazione, caratterizzata dal pluralismo etnico e culturale
– continua ancora il documento – è consapevole della ricchezza di valori e tradizioni
che possono suscitare un'evangelizzazione più profonda e sentita. L'inculturazione
e la provenienza dal medesimo popolo ci permettono di vivere la nostra identità di
missionarie in maniera radicale, così come saggiamente prefigurò il nostro Fondatore”.
Suore di Maria, Madre della Chiesa (Ghana)
L'Istituto fu fondato nel
1971 dal Vescovo di Keta (Ghana) mons. Anthony Konings SMA (1910-1991) per proporre
un ideale di vita consacrata e missionaria alla Chiesa locale. “Nel 1970 – ebbe a
dire anni dopo mons. Konings – era chiaro che l'epoca del cosiddetto 'missionario'
era praticamente finita ed altrettanto chiaro che l'impegno doveva essere affidato
a religiosi locali, che però mancavano del tutto. (...) Una Congregazione di Suore
Africane era dunque necessaria per far sì che il lavoro delle religiose europee nel
campo educativo, sociale e medico non andasse definitivamente perduto. Questa fu la
ragione principale per stabilire la Congregazione diocesana delle Suore di Keta”.
Il Vescovo invitò nella Diocesi le suore di Nostra Signora degli Apostoli per
favorire la nascita di una comunità religiosa locale. Grazie all'animazione di suor
Dolores Davis NSA e di suor Jane Frances Kenny NSA (entrambe della Provincia d'Irlanda),
il 6 gennaio 1971 vennero accolte le prime otto postulanti nella casa di Dzelukope.
Di esse, sette emisero la loro prima professione l'8 settembre 1974 e quella definitiva
nel 1984, formandosi anche presso diversi istituti professionali. Intanto nel 1975
avvenne la nomina del primo Vescovo autoctono nella persona di mons. Francis Lodonu.
In quell'occasione la sede episcopale venne trasferita presso Ho, città nella quale
le religiose aprirono successivamente nuove case. L'indipendenza si ebbe nel 1986
allorché madre Georgina Fuglo SMMC divenne la prima Superiora Generale – carica che
fu confermata dal primo Capitolo Generale celebrato nel 1995. Negli anni '90 la comunità
si è aperta alla missione partecipando ad alcuni periodi di studio e servizio in Zambia,
Togo, Stati Uniti e Italia. Oggi la Congregazione continua il suo apostolato
in tre campi principali: educazione, sanità e servizio pastorale. Essa è diffusa in
tre Diocesi della regione del Volta (Ho, Keta-Akatsi e Jasikan) con 16 comunità locali.
Secondo fonti della Curia SMA, i membri sono 65 (50 professe perpetue, 15 professe
temporanee) e le candidate in formazione circa 40. Tra le iniziative vi è la costruzione
di una clinica sanitaria in zona rurale.
Fratelli di Santo Stefano sotto
il Patronato di Maria Regina degli Apostoli (Nigeria)
La Congregazione è stata
fondata nel 1971 dal Cardinale Francis Arinze, all'epoca Arcivescovo di Onitsha (Nigeria).
Il gruppo di giovani dediti all'animazione parrocchiale e alla catechesi ricevette
una prima regola di vita, cui fecero seguito nel 1978 le prime professioni e infine
i voti religiosi perpetui (7 agosto 1983). Per una formazione più completa dei membri
Mons. Arinze organizzò viaggi di studio a Roma. Il primo cenacolo di consacrati fu
attivo nella Cattedrale di Onitsha e oggi è diffuso anche nelle Arcidiocesi limitrofe
di Awka, Nnewi ed Enugu. I membri sono 85 (70 professi, 8 novizi, 7 postulanti). Peculiarità
dell'Istituto è la sua natura laicale, tuttavia le Costituzioni (1983) consentono
che alcuni fratelli possano essere ordinati sacerdoti “secondo le necessità della
Congregazione”. “I Brothers of St. Stephen – si legge nel testo fondamentale – vogliono
offrire il loro contributo all'apostolato missionario della Chiesa. Cominciando dall'Arcidiocesi
di Onitsha, essi sono chiamati a servire in altre Diocesi della Nigeria e oltre, secondo
i disegni della Divina Provvidenza”. La formazione dei membri ha l'obiettivo principale
di “servire Cristo e la sua Chiesa attraverso il lavoro catechetico. I Brothers of
St Stephen – continuano ancora le Costituzioni – saranno formati per propagare la
fede nelle scuole e al di fuori di esse, per organizzare l'istruzione catechetica
e seminari destinati a varie categorie di persone, e per offrire una guida ispiratrice
ai catechisti laici”. Inoltre essi “testimonieranno Cristo rispondendo agli altri
bisogni della Chiesa a livello parrocchiale e diocesano quali cooperatori di sacerdoti
e Vescovi nel loro apostolato”. Società Missionaria di San Paolo (Nigeria)
Nel
1976 la Conferenza Episcopale Nigeriana (Nigerian Catholic Bishops’ Conference – CBCN)
accolse la proposta del Cardinale Dominic Ekandem (1917-1995) di stabilire un seminario
nazionale al fine di promuovere le vocazioni autoctone in chiave missionaria. “È tempo
– affermava mons. Ekandem – che la Chiesa in Nigeria si assuma la responsabilità di
portare la Buona Novella all'intera Africa e anche oltre”. L'apertura avvenne il 23
ottobre 1977 presso Iperu Remo, nello Stato di Ogun, e suo primo Rettore fu Mons.
Godwin P. Akpan, che svolse contestualmente anche l'incarico di primo Superiore Generale
della Società (1989-1995). La Missionary Society of St. Patrick giocò inizialmente
un ruolo significativo nella formazione dei candidati, provvedendo alla direzione,
al personale docente e all'animazione vocazionale, al punto che nel 1984 fu necessario
aprire un secondo campus a Gwagwalada-Abuja. La prima casa dell'Istituto fu
un ex collegio di Iperu-Remo offerto dal Vescovo di Ijebu-Odo mons. Sanusi. Le prime
due ordinazioni avvennero nel 1985 e da allora si susseguirono al ritmo di dieci all'anno,
tanto che nel 1998 la comunità contava già 121 membri ordinati e 75 seminaristi. Nel
febbraio 1978 la CBCN eresse la Società Missionaria di San Paolo in Pia Unione, quindi
nel 1995, su approvazione di Propaganda Fide, essa venne elevata a Società Apostolica
di diritto diocesano. Il primo Capitolo Generale fu celebrato nel settembre dello
stesso anno. L'apostolato missionario cominciò nel 1996 in Camerun, Liberia e
Stati Uniti ed è oggi esteso in altri otto paesi: Botswana, Malawi, Ciad, Sudafrica,
Gambia, Svezia, Gran Bretagna, Grenada (America Latina). L'Istituto possiede inoltre
una propria casa editrice specializzata nella stampa liturgica e nella letteratura
cristiana e dotata di due punti vendita a Iperu Remo e Abuja. Ambassador è il più
diffuso magazine cattolico con una tiratura di 50 mila copie. Particolare importanza
è data alla formazione dei membri. La durata complessiva degli studi è di nove anni
(2 di discernimento spirituale, 3 di filosofia e 4 di teologia), al termine dei quali
i candidati, su decisione del Superiore Generale, possono frequentare corsi di specializzazione
all'estero (in Italia, Irlanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Belgio, Austria) o di
primo inserimento nelle missioni. L'apostolato si articola nel primo annuncio, nel
servizio pastorale e nell'animazione delle comunità che ne fanno richiesta.
Altri
Istituti missionari africani
Bannabikira Sisters Daughters of Mary (Uganda)
– Fondate il 3 dicembre 1910 dal Vescovo missionario Henry Streicher M.Afr. (1863-1952)
– Vicario Apostolico di Victoria-Nyanza Settentrionale (Uganda) – le suore Bannabikira
furono uno dei primi Istituti religiosi femminili dell'Africa subsahariana. L'evangelizzazione
venne posta come carisma specifico della comunità mentre l'apostolato fu diretto soprattuto
all'infanzia abbandonata, i giovani poveri e malati. Proseguendo in questa direzione
la comunità è oggi attiva anche nel contrasto all'HIV e nell'assistenza dei bambini
rimasti orfani a causa del virus. L'Istituto si prepara a celebrare i cento anni di
vita nel 2010 con un percorso di preparazione dal tema: “Radicati in Cristo, osiamo
con speranza”. Suore del Cuore Immacolato di Maria, Madre di Cristo (Nigeria) –
Il Vescovo irlandese Charles Heerey CSSP (1890-1967) fondò l'Istituto delle Sisters
of the Immaculate Heart of Mary, Mother of Christ nel 1937 per promuovere la condizione
delle donne nel Vicariato Apostolico della Nigeria Meridionale (dal 1950 Diocesi di
Onitsha). L'attività di mons. Heerey fu inesausta nei suoi 40 anni di missione in
Nigeria. Egli fondò oltre 2 mila scuole primarie, 36 college, 108 scuole superiori,
2 seminari (tra cui il Bigard Memorial Senior Seminary) e diverse opere sanitarie.
L'Istituto vanta oggi una diffusione in 3 continenti: Africa (Nigeria, Kenya, Ghana,
Ciad), Europa (Italia, Inghilterra, Germania) e Nord America (Stati Uniti, Canada
e Caraibi). I membri sono impegnati soprattutto nell'educazione, l'assistenza sanitaria
e il servizio pastorale. Suore del Cuore Eucaristico di Gesù (Nigeria) – Nel 1940
mons. Antonio Riberi – Delegato Papale per le colonie britanniche dell'Africa Occidentale
– segnalò l'assenza di congregazioni autoctone in Nigeria. Fu questa dunque una delle
priorità del nuovo Vescovo missionario Leo Hale Taylor SMA (1889-1965), che operò
per 22 anni nel paese come Vicario Apostolico della Costa di Benin (1939-1950) e Arcivescovo
di Lagos (1950-1965). Le prime cinque postulanti vennero accolte nella casa di Abeokuta
nel 1943, evento che sancì la nascita dell'Istituto. Successivamente il noviziato
e la casa madre vennero trasferiti a Ibonwon sotto la direzione di madre Enda Barret
NSA. Nel 1966 fu raggiunta l'indipendenza con l'elezione della prima Superiora Generale
nigeriana, madre Mary Veronica Odusanya EHJ. Oggi la Congregazione conta 30 case in
Nigeria, 3 negli Stati Uniti ed una in Canada. I suoi membri, circa 170, sono impegnati
nei settori più diversi (educazione, comunicazioni sociali, animazione liturgica,
catechesi). Servi e Ancelle di Cristo Sacerdote (Lesotho) – Le due congiunte
fondazioni del missionario Andrés Blais OMI furono favorite da mons. Pius Bonaventura
Dlamini (1908-1981), primo Vescovo africano di Umzimkulu (Lesotho). Il 13 ottobre
1956 Propaganda Fide pubblicò il decreto di approvazione e per la prima volta in Africa
si sentì pronunciare la formula di professione di un Istituto secolare. I primi aspiranti
provenienti dal Sudafrica erano stati ospitati presso Lourdes (Lesotho) ma in seguito
all'affidamento del seminario al clero diocesano iniziò il trasferimento verso il
Transvaal (Diocesi di Lydenburd). Dopo aver subito un ordine di chiusura a causa delle
leggi segregazioniste sudafricane, la comunità fu stabilita nell'Arcidiocesi di Pretoria,
dove si trovano tutt'ora le sedi dei due Istituti. I Servi – secondo quanto riferisce
Missioni OMI – operano principalmente nelle missioni in Africa e America mentre le
Ancelle sono diffuse in piccole comunità in tutto il Sud dell'Africa impegnandosi
nella catechesi e nella cura spirituale dei convertiti adulti. “Il nostro ideale –
affermava padre Blais – è offrire al Signore e alla Chiesa un gruppo di uomini e donne
completamente donati al servizio degli altri in spirito di profondo amore e fermo
impegno; essere in mezzo alla gente una famiglia apostolica di uomini e donne, preti
e laici, testimoni, con la vita, della vita di Gesù e della Chiesa”. Da poco è nato
il ramo laicale della Famiglia (Ausiliari di Cristo Sacerdote). Suore Missionarie
di Maria Madre della Chiesa (Uganda) – L'Istituto posto sotto la protezione di Maria
Madre della Chiesa è stato fondato nel 1972 dal Vescovo di Lira mons. Caesar Asili
(1924-1988), che operava nella missione comboniana di Moyo (Uganda). A differenza
dagli altri Istituti locali, la comunità si è caratterizzata fin dall'inizio per una
spiccata multiculturalità interna. Le religiose, oggi circa 200, sono diffuse, oltre
che in Uganda, in Sudan, Kenya e Tanzania. Piccoli Fratelli del Vangelo (Togo)
– La comunità dei Petits Freres de l'Evangile è nata in Togo dalla fusione di due
precedenti Istituti (The Brothers of St. John the Baptist, fondati nel 1968 dall'Arcivescovo
di Lomé mons. Dossey Ampron, e i Disceples of Jesus fondati dal missionario comboniano
padre Francesco Grotto nel 1971). Obiettivi principali del sodalizio risalente al
1974 sono: la catechesi per giovani e adulti; la promozione di associazioni e movimenti
laicali; la promozione dell'educazione cattolica. Evangelizzatori Contemplativi
del Cuore di Cristo (Kenya) – Eretto canonicamente nel 1986, l'Istituto maschile fondato
da padre Giovanni Marengoni MCCJ nella Diocesi di Nakuru (Kenya) presenta la singolare
caratteristica di unire la vita contemplativa all'apostolato attivo attraverso diversi
strumenti: ritiri di preghiera, esercizi spirituali, animazione pastorale e partecipazione
a missioni in altri paesi africani con il carisma specifico della conversione. Dopo
l'erezione canonica fu raggiunto un accordo di cooperazione tra l'allora semplice
Associazione e la Provincia comboniana del Kenya per permettere la formazione dei
giovani candidati. Nel 1998 l'Arcivescovo Giovanni Tonucci, Nunzio Apostolico, organizzò
una visita canonica cui seguì l'invio dei due missionari Comboniani Charles Pasinetti
e Luigi Girardi che esercitarono rispettivamente gli incarichi di Superiore Generale
e Direttore Spirituale fino al 2002. Lo stesso anno si tenne il primo Capitolo Generale
che preparò le Costituzioni della nascente Congregazione clericale. Oggi i Contemplative
Evangelisers of the Hearth of Christ, con un effettivo di circa cento membri, possiedono
un seminario a Langata (Nairobi) ed una stazione missionaria nel Vicariato Apostolico
di Isiolo (Kenya). Istituto Secolare Gesù Nostro Maestro di Vita (Costa d'Avorio)
– Nella Diocesi di Bouaké (Costa d'Avorio) il missionario padre Eugenio Basso SMA
ha fondato il 28 settembre 1996 l'Istituto Secolare Jésus Notre Maître de Vie al fine
di “promuovere l'evangelizzazione attraverso la preghiera personale; l'insegnamento
del catecumenato e la catechesi; l'impegno in un movimento di Azione Cattolica; il
sostegno materiale alla missione”. La piccola comunità, approvata ad experimentum
dall'Arcivescovo di Bouaké mons. Vital Komenan Yao, si ispira alla spiritualità di
Santa Teresa di Gesù Bambino.
INTERVISTA al Cardinale Francis Arinze,
Fondatore della Congregazione dei Brothers of St. Stephen.
Città del Vaticano
(Agenzia Fides) – Eminenza, da oltre quarant'anni la Congregazione dei Brothers of
St Stephen, che Lei ha fondato nel 1971 quando era Ordinario dell'Arcidiocesi di Onitsha
in Nigeria, propone la testimonianza di laici che si consacrano alla vita religiosa
attraverso l'osservanza dei voti di castità, povertà e obbedienza e l'apostolato catechetico.
Quali circostanze ne resero possibile la realizzazione? “La Congregazione dei
Fratelli di Santo Stefano ha le sue radici in una Pia Unione che operava sin dal 1942
con l'approvazione di mons. Charlse Heerey CSSp, prima Vicario Apostolico e poi Arcivescovo
di Onitsha. Con il passare degli anni il gruppo continuò ad accogliere nuovi membri,
in particolare giovani che si dedicavano all'attività di catechisti nella Cattedrale
di Onitsha ed in altre parrocchie. Nel 1967, quando fui nominato Arcivescovo, essi
erano in tutto 8. Convocai allora una commissione e studiai il modo di trasformare
quel sodalizio assai prezioso per la nostra comunità, in una Congregazione religiosa
laicale. Fu così che venne abbozzata la prima regola di vita nel 1971 e quindi, sette
anni più tardi, si arrivò alla prima professione religiosa. In questo lasso di tempo
fui continuamente in contatto con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli,
affinché venissero rispettati tempi e modi prima di richiedere ufficialmente l'erezione
canonica dell'Istituto, cosa che avvenne il 25 marzo 1983 con la soddisfazione di
tutti. Il primo gruppo di fratelli laici emise la professione finale dei voti religiosi
il 7 agosto dello stesso anno”.
In che modo i Brothers of St Stephen sono protagonisti
di un nuovo processo di evangelizzazione fatta da africani? “La novità della Congregazione
è rappresentata dalla sua natura laicale, quindi essa ha innanzitutto il significato
di una presa di coscienza del laicato nell'evangelizzazione della società africana.
Per sua natura il cristiano è chiamato a farsi apostolo, portatore dello spirito di
Cristo in ogni ambito temporale, nell'arte, nella scienza, nella politica, nella famiglia.
Ma oggi sperimentiamo l'urgenza di vite cristiane impegnate a cominciare dalle necessità
pastorali della Chiesa locale. Se pensiamo ad una comunità come la parrocchia, allora
ci accorgiamo che essa ha bisogno di catechisti, formatori, animatori, persone che
si mettano al servizio dei più poveri e svantaggiati. A livello diocesano incontriamo
istituzioni più strutturate che necessitano – oltre che di sacerdoti e religiosi –
ancora di laici: scuole, Università, seminari, organizzazioni di vario tipo, centri
sanitari. Per quanto riguarda i Brothers of St. Stephen, possiamo osservare come un
gruppo di giovani impegnati abbia potuto farsi carico di alcuni bisogni della Diocesi
di Onitsha, in particolare della catechesi e dell'animazione pastorale. Ma questo
non è tutto. Nel tempo la Congregazione ha aggiunto a tali attività numerosi impegni
nel più vasto campo formativo. Oggi l'apostolato include l'organizzazione di seminari
per catechisti e insegnanti di religione, corsi presso vari istituti scolastici e,
in generale, una presenza costante in tutti i livelli ecclesiali. La scelta del nostro
Patrono non è stata casuale. Gli Atti parlano di Stefano e di sei compagni che furono
scelti per lavorare a fianco degli Apostoli. I Fratelli di Santo Stefano intendono
oggi porsi precisamente al servizio dei Vescovi e sacerdoti per contribuire alla diffusione
della fede e alla santificazione del popolo di Dio attraverso la professione dei consigli
evangelici di castità, povertà e obbedienza”.
Ci furono delle difficoltà legate
alla natura laicale dell'Istituto? “Sì, furono delle difficoltà soprattutto
di tipo sociale. Alcune persone facevano fatica a comprendere la vocazione di un fratello
laico, poiché davano per scontato il percorso che porta al sacerdozio ordinato. Altre
volte i membri dell'Istituto venivano visti come dei consacrati in tono minore se
messi in relazione ai sacerdoti, dimenticando la diversità ma al tempo stesso la complementarietà
dei due tipi di vocazioni. La Chiesa ha bisogno di tutti, altrimenti la sua testimonianza
sarebbe incompleta. E questo è tanto più vero se ci riferiamo alle necessità specifiche
della Chiesa locale. Oggi posso dire che le difficoltà legate a quel tipo di pregiudizio
sono state superate, anche grazie alla maggiore consapevolezza della vocazione del
cristiano, ad una più profonda compartecipazione del ruolo di Cristo Sacerdote, Profeta
e Re. Si tratta di una crescita comunitaria, che non viene da un singolo o da una
precisa situazione, ma dalla costante testimonianza di fede e dai frutti, visibili
e non, che essa genera”.
I Fratelli di Santo Stefano, come molti altri Istituti
religiosi, testimoniano una “africanizzazione” del corpo ecclesiale e della dinamica
missionaria. L'Africa oggi può essere protagonista della propria evangelizzazione
come prefigurò Paolo VI nel 1969? “Certamente sì, la vocazione missionaria è parte
costitutiva della vita cristiana, non è un'opzione aggiuntiva. I cristiani dell'Africa
sono chiamati ad evangelizzare ogni campo della vita sociale, politica, culturale,
economica. La Chiesa africana – nel mobilitare le proprie energie, sostenere programmi
catechetici, biblici, educativi e di promozione umana – sente al tempo stesso di aprirsi
anche alla missione universale, come già sta avvenendo grazie ad un mutuo scambio
con le Chiese degli altri continenti”. _____________________________________________________________________________