Il vescovo di Man in Costa d'Avorio, Gaspard Beby Gneba, sul Sinodo per l'Africa:
bilancio positivo, il futuro del continente va progettato insieme
“Africa alzati, non sei sola”. Queste parole pronunciate dal Papa a conclusione del
secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa sono state motivo di grande speranza per i
presuli che nelle ultime tre settimane hanno partecipato ai lavori in Vaticano. Molti
i temi affrontati e le sfide sollevate dai padri sinodali sui temi della giustizia,
della riconciliazione e della pace. Per un bilancio, Paolo Ondarza ha intervistato
mons. Gaspard Beby Gneba, vescovo di Man in Costa D’Avorio:
R.
- Secondo me, il bilancio è molto positivo. Il primo punto da sottolineare è la comunione
ecclesiale: tutti i vescovi che pensano e che pregano per l’Africa attorno al Santo
Padre, per me è una bellissima esperienza ecclesiale. Il secondo punto è la preghiera
perché noi cristiani sappiamo che la pace, la riconciliazione, la giustizia vengono
da Dio, cioè dal Signore Risorto. Pregare per tre settimane specialmente per l’Africa
secondo me è stato molto importante. Infine c’è la riflessione: prima di agire, è
importante essere insieme a pensare e progettare il programma pastorale per l’Africa.
D.
- Nel messaggio conclusivo c’è un’esortazione: “Africa, alzati!”, che riprende le
parole che Gesù ha detto al paralitico. Quindi, se da una parte è un’esortazione all’Africa,
dall’altra si dà per sottinteso che deve essere Gesù, Dio, ad aiutare questo movimento…
R.
- Al centro di tutto quello che facciamo come cristiani, come Chiesa, c’è la presenza
salvifica del Signore Risorto: è lo Spirito Santo che deve sostenere i vescovi, i
laici, i religiosi che lavorano in Africa, affinché trovino il coraggio di aiutare
la gente a vivere in pace. Per noi cristiani la riconciliazione, la pace, la giustizia
sono soprattutto un dono, un dono di Dio.
D. - Dopo
questo Sinodo, la Chiesa universale cosa può fare per l’Africa?
R.
- Questo Sinodo è per l’Africa, ma secondo me non è l’Africa che fa il Sinodo: è tutta
la Chiesa che pensa e che prega per l’Africa, il Papa stesso è stato sempre con noi.
Questo per me già è abbastanza, è già tanto. Adesso viviamo in un mondo globalizzato,
nessuno può risolvere tutti i suoi problemi da solo, non è più possibile. Quindi anche
le altre Chiese - in Europa, in America, in Oceania - possono aiutare l’Africa ad
alzarsi, soprattutto con la preghiera ma anche con la carità, con l’aiuto. In Africa
abbiamo tanti problemi e bisogni: la salute, l’educazione, la formazione dei giovani…
Noi da soli non possiamo farcela, abbiamo bisogno di Dio, ma anche dei nostri fratelli,
delle Chiese negli altri continenti: abbiamo bisogno di tutti.