2009-10-24 14:04:06

Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica


In questa 30.ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui un cieco, di nome Bartimèo, grida verso Gesù per essere guarito. E nonostante molti lo rimproverino continua a gridare ancora più forte: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». Gesù gli dice:
«Va', la tua fede ti ha salvato».

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:RealAudioMP3

Bartimeo, il mendicante cieco di Gerico gridava, gridava sempre più forte, perché il Signore lo sentisse. Il suo grido era una preghiera e il grido è la sostanza di ogni preghiera.
 
Al momento del parto il bambino emette un grido. Anche nell'ultimo momento della vita c'è il grido. Di Gesù i Vangeli dicono: «ed emesso un alto grido, spirò» (Mt 27,50).
 
Ma se il primo grido è necessitato, l'ultimo no, l'ultimo deve essere preparato dal grido della vita intera. Così l'uomo giusto e fedele dice: «Non abbia sosta il mio grido» (Gb 16, 18); «Davanti a Te, Signore, grido giorno e notte» (Sal 87, 2); «A Te grido, Signore, non restare in silenzio, mio Dio, perché se Tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa» (Sal 27,1).
 
La preghiera e il grido vanno insieme e salgono dalla povertà e dall'esilio: «Dal profondo a Te grido, o Signore!» (Sal 129, 1).
 
C'è una grande semplicità ed integrità nella voce dell'uomo che grida a Dio. Al punto che anche di Gesù si dice: «Nei giorni della Sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarLo» (Eb 5, 7).
 
Tutta la vita serve, da questo punto di vista, per imparare a non cercare consistenza in altro, se non in quel grido: «Gesù, abbi pietà di me!»







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