Unicef: bambini immigrati discriminati nei Paesi industrializzati
I bambini e adolescenti immigrati in otto Paesi ricchi sono in condizioni di svantaggio
rispetto ai ragazzi autoctoni. E’ l’importante denuncia che arriva dal rapporto “Innocenti
Insight”, uno studio dell’Unicef reso noto ieri. Una situazione – avverte l’agenzia
Onu – che rischia di compromettere il futuro delle società che li accolgono. Australia,
Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti sono gli
8 Paesi industrializzati monitorati dall’Unicef con lo scopo di fornire un quadro
preciso della condizione dei bimbi e adolescenti immigrati. Un panorama variegato
nel quale è comunque possibile trovare dei tratti comuni. Nonostante le differenze
culturali, religiose, linguistiche ed etniche, i figli di immigrati presentano spesso
situazioni simili ai loro coetanei autoctoni in particolare per quanto riguarda la
composizione della famiglia – vivono con entrambi i genitori e con uno o più fratelli
- e la condizione lavorativa dei genitori. Affrontano però sfide educative ed economiche
maggiori e tassi di povertà più alti che vanno dal 6-7% dell’Australia fino al 12-13%
di Germania, Francia e Stati Uniti. Un dato importante che il rapporto evidenzia riguarda
la salute e l’inclusione sociale, ambiti nei quali esistono notevoli differenze tra
i bambini delle famiglie immigrate e di quelle autoctone soprattutto in campo sanitario
mentre il successo nell’inclusione sociale è più evidente in bambini immigrati che
integrano la loro cultura d’origine con quella del Paese di accoglienza e che parlano
entrambe le lingue. Negli otto Paesi presi in esame, la presenza dei minori rappresenta
con il suo 23% una larga parte della popolazione complessiva infantile: il 10% in
Italia; 16% nel Regno Unito; il 17% in Francia; il 22% negli Usa e Paesi Bassi; il
26% in Germania; il 33% in Australia e il 39% in Svizzera. L’Italia è la nazione che
vanta il più ampio ventaglio di Paesi d’origine: nel 2001 le comunità più consistenti
erano marocchine e albanesi, oggi provengono dal Pakistan, Macedonia e Senegal. Sull’accesso
all’istruzione – altro punto sensibile – pesa il rischio di evasione scolastica e
i risultati dei bambini immigrati sono anche condizionati dal loro Paese d’origine.
Aspetti che non bisogna sottovalutare perché saranno questi bambini i futuri lavoratori
e genitori nei Paesi accoglienti. Infine, l’Unicef evidenzia un’importante difficoltà
quella di conoscere con certezza le condizioni di vita dei minori: si sa molto poco
della loro salute e del loro grado di inclusione sociale. A volte i dati, soprattutto
in Italia, arrivano da studi locali e le risposte politiche risultano disomogenee
e non riflettono una visione d’insieme. (A cura di Benedetta Capelli)