2009-10-23 15:23:24

Si aggrava la crisi politica in Honduras


L’improvvisa interruzione del dialogo in Honduras, comunicata oggi dal presidente deposto, Manuel Zelaya, al governo de facto di Roberto Micheletti, aggrava le tensioni politiche nel Paese. Lo scontro riguarda l’eventuale reinsediamento di Zelaya alla guida del Paese prima delle elezioni presidenziali del novembre prossimo, alle quali né Zelaya né Micheletti sono candidati. I favoriti sono Porfirio Lobo del Partito Nazionale, che si opponeva a Zelaya, accreditato dai sondaggi del 42% dei consensi, ed Elvin Santos, del Partito Liberale, già vicepresidente di Zelaya, al quale potrebbero andare il 37% dei voti. Su questi ultimi sviluppi Giancarlo La Vella ha raccolto l’analisi di Luis Badilla Morales, esperto della nostra emittente di America Latina:RealAudioMP3

R. – Secondo me la situazione diventa ancora molto più delicata, perché in definitiva sembra che l’ex presidente Zelaya, in sostanza, chieda che non si facciano le elezioni presidenziali, che sono state da lui stesso fissate per il 29 novembre. E quindi chiede che venga preventivamente dichiarata questa tornata elettorale illegale ed incostituzionale. Ciò naturalmente non potrà essere accettato da parte né del governo ad interim di Micheletti, né da parte dei sei candidati che, nonostante la sospensione delle garanzie costituzionali, hanno continuato la campagna elettorale come se la situazione fosse normale.
 
D. – Si può prevedere un ritorno delle proteste di piazza?
 
R. – Penso di sì perché ci sono già dichiarazioni in questo senso. I sei candidati, compreso il candidato del partito liberale, che è il partito del presidente Zelaya, hanno detto che l’eventuale sospensione del voto è da escludere ed invitano la gente alla protesta. Quindi, i prossimi giorni potranno essere molto delicati per questo Paese, che si trova già in una situazione estremamente difficile.
 
D. – Dopo gli interventi dell’inizio di questa crisi, la comunità internazionale sembra ora un po’ assente. Sarebbe auspicabile invece un intervento?
 
R. – Da una parte, la comunità internazionale, o settori della comunità internazionale, si sono allontanati dalle posizioni intransigenti di Zelaya e, dall’altra, verbalmente continuano ad esprimere solidarietà all’ex governante. Succede allora che si è creato una sorta di polo di quelli che vorrebbero il ripristino dell’ordine costituzionale. Ma se si va a guardare all’interno dell’Honduras, la gente vuole le elezioni presidenziali. Dare ascolto a Zelaya, nel senso di dire che queste elezioni presidenziali non si faranno, che cosa significa? Significa andare avanti con questo negoziato altri cinque, sei, sette mesi, per non arrivare ad alcuna soluzione. Nel frattempo, il Paese sta crollando economicamente, politicamente e internazionalmente.
 
D. – In questa situazione, la Chiesa locale potrebbe avere un ruolo teso a favorire la distensione?
 
R. – Già lo ha avuto e lo sta avendo, perché per la ripresa del dialogo nelle ultime tre settimane, il contributo della Chiesa è stato fondamentale. Il problema è che la Chiesa non può fare più di tanto: interviene quando viene richiesta da tutte le parti. La Chiesa continua a battersi per la ricerca di una soluzione politica. La soluzione politica sembrerebbe essere proprio quella delle elezioni presidenziali regolari fissate molti mesi fa dallo stesso Zelaya.







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