Stati generali dell'Antimafia. Don Ciotti: insieme contro la globalizzazione del crimine
Si aprono domani a Roma gli Stati generali dell’Antimafia. L’iniziativa promossa dall’Associazione
Libera, riunirà fino a domenica, nell’Auditorium di Via della Conciliazione, 2500
persone della società civile - tra cui rappresentanti delle istituzioni e del governo
- che si confronteranno sul contrasto e la lotta al crimine organizzato in economia
e politica, ma anche nella cultura e nel sociale. Al microfono di Luca Collodi,
il fondatore dell’Associazione Libera, don Luigi Ciotti: R.
– Abbiamo creato una rete europea che è presente in 30 nazioni diverse perché c’è
una globalizzazione del crimine. E’ questa volontà di mettere insieme – io spero con
molta umiltà ma anche con molta concretezza - l’impegno dei cittadini, dei gruppi
e delle associazioni. E’ un lavorare concreto: bisogna fare meno parole e più fatti,
è un momento molto delicato. Dietro a questa crisi economica - che solo economica
non è ma innanzitutto è una crisi politica ed etica - ci sono delle ricadute sullo
sviluppo ma anche sulle forme di illegalità, di corruzione, di crimine, non indifferenti.
Mi sembra importante e fondamentale trovarsi a lavorare in 2.500 persone per tre giorni,
in un confronto, in un approfondimento, in un reciproco ascolto per fare delle proposte
alla politica ma anche per interrogarci, per dare più senso, più significato, più
forza, più coraggio, più impegno a ciascuno di noi. Perché non basta sempre e solo
chiedere conto allo Stato e alle Istituzioni: dobbiamo anche chiedere più conto a
noi stessi.
D. – Don Ciotti, cosa fa la Chiesa contro
il crimine organizzato e la corruzione?
R. - Noi
abbiamo avuto anche sacerdoti che hanno subito violenze, abbiamo avuto anche delle
morti per la loro forza e il loro coraggio. Non vorrei mai dimenticare, a 15 anni
dalla sua uccisione, proprio quest’anno, don Peppino Diana quando invitava la sua
gente a riannunciare la Parola di vita, di speranza e di impegno. La Chiesa deve anche
interrogarsi e noi dobbiamo sentire di più con forza la testimonianza cristiana ma
anche la responsabilità civile: essere capaci di saldare di più la terra con il cielo.
Nella Chiesa e nella lotta al contrasto alla criminalità, all’illegalità, alla corruzione
si trovano delle bellissime espressioni, delle belle esperienze, delle grandi attività
ma non basta: anche la Chiesa deve fare di più.
D.
– Il popolo di Dio dove rischia di più?
R. - Noi
abbiamo bisogno di stare dalla parte di chi fa più fatica. E’ necessario veramente
sporcarci di più le mani per quel “fame e sete di giustizia” che è molto categorico
nel Vangelo. Ma noi da soli non ce la faremo mai. Abbiamo bisogno di politiche sociali,
politiche per la famiglia, politiche per il lavoro, per lo sviluppo, un sano protagonismo
di giovani. Abbiamo bisogno di una società civile, ma non basta: una società responsabile
che si assuma di più questo ruolo e questo impegno. E’ questo il nostro compito che
va dalla dimensione educativa alla prevenzione, e quindi il ruolo dell’informazione:
ci sia proprio un fermento sociale. Quindi il nostro impegno ad essere a fianco dei
famigliari delle vittime, il nostro impegno alla confisca dei beni, l’uso sociale
di questi beni e l’apertura di lavoro vero sui beni confiscati ai grandi boss. Il
nostro compito è essere questo fermento nella società perché ognuno prenda coscienza
che il cambiamento ha bisogno del noi, ognuno per la propria parte e per il proprio
ruolo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)