2009-10-21 08:24:37

Per non dimenticare: presentato al Festival del cinema di Roma, il film su padre Popiełusko, martire della fede e della libertà


E’ stato presentato, ieri al Festival Internazionale del Film di Roma, Popiełusko, freedom is within us del regista polacco Rafał Wieczyński, un’opera impegnativa che ricostruisce la vita del sacerdote ucciso negli anni più duri e dolorosi della nazione polacca, raccontati con rispetto dei fatti e grande intensità emotiva. Perché le giovani generazioni non dimentichino il passato recente e la sofferenza che costò ad un intero popolo la recuperata libertà. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

“Per rimanere uomini spiritualmente liberi bisogna vivere nella verità. La coraggiosa testimonianza della verità è la strada che conduce direttamente alla libertà”. Sorretto e confortato dalla forza di queste sue parole che hanno contraddistinto la coraggiosa attività pastorale e sociale, padre Jerzy Popiełusko ha percorso la sua strada irta di sofferenze. Con un risvolto intimo, delicato e fragile, tutto chiuso dentro le mura segrete dell’anima di un uomo che diviene anche eroe, il film di Rafał Wieczyński dedicato al sacerdote polacco ucciso in Polonia, riflette e racconta di fatti ancora drammaticamente vivi e recenti per molti. Impresa non facile, per questo, scrivere una sceneggiatura che comprendesse la storia di una nazione, di un popolo e di un sacerdote, dirigendo duecento attori e migliaia di comparse in un film lungo e complesso, che ha impegnato non poco le capacità produttive polacche in termini finanziari e organizzativi. I grandi e spesso indimenticabili episodi della storia polacca, quelli che dalla fine degli anni ’70 la colpiscono e la infiammano e la fanno precipitare nelle violenze scatenatesi all’indomani del colpo di Stato del 1981 e delle leggi marziali che inaspriscono un regime comunista già di per sè odioso, sono stati descritti in modo epico e lineare, senza sbavature ed eccessi.
 
Nella durezza degli avvenimenti in cui testimonianza e pericolo ormai sempre più collimano nella vita di padre Jerzy, il film diventa poi meno distaccato e impersonale, acquista spessore e umore: un microcosmo di volti, parole, gesti, piccole e grandi forme di lealtà e di amicizia, si aggregano intorno a Popiełusko accompagnandolo nel suo faticoso e pericoloso pellegrinaggio polacco in cui, confessa, “Combatto il male, non le sue vittime”. Questo scontro tra il sacerdote sempre più debole e il male sempre più forte non ammette soste e il film genera in crescendo una tensione e un senso di solitudine che Adam Woronowicz nel ruolo del protagonista riesce a trasmettere con grande carisma e intensità. Di tutti i numerosissimi personaggi che entrano in contatto con lui il film, nella necessaria e mai distratta sintesi descrittiva, ne coglie bene lo spirito. Ci sono poi alcuni dettagli che riproducono con il massimo di verità ciò che accadde in quei giorni fatali, come quelli affidati al cardinale Glemp, allora Primate di Polonia, che si ritaglia il ruolo di se stesso in due colloqui decisivi avuti col sacerdote. Poi, nelle tenebre del martirio, la ricostruzione giustamente si allontana di nuovo, si fa pudica nell’orrore, perché mandanti e fatti non sono mai stati chiariti fino in fondo: è l’ora del sacrificio, quello che soltanto conta. Mentre per la Polonia si aprono altri drammatici giorni.







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