Per non dimenticare: presentato al Festival del cinema di Roma, il film su padre Popiełusko,
martire della fede e della libertà
E’ stato presentato, ieri al Festival Internazionale del Film di Roma, Popiełusko,
freedom is within us del regista polacco Rafał Wieczyński, un’opera impegnativa
che ricostruisce la vita del sacerdote ucciso negli anni più duri e dolorosi della
nazione polacca, raccontati con rispetto dei fatti e grande intensità emotiva. Perché
le giovani generazioni non dimentichino il passato recente e la sofferenza che costò
ad un intero popolo la recuperata libertà. Il servizio di Luca Pellegrini:
“Per rimanere
uomini spiritualmente liberi bisogna vivere nella verità. La coraggiosa testimonianza
della verità è la strada che conduce direttamente alla libertà”. Sorretto e confortato
dalla forza di queste sue parole che hanno contraddistinto la coraggiosa attività
pastorale e sociale, padre Jerzy Popiełusko ha percorso la sua strada
irta di sofferenze. Con un risvolto intimo, delicato e fragile, tutto chiuso dentro
le mura segrete dell’anima di un uomo che diviene anche eroe, il film di Rafał
Wieczyński dedicato al sacerdote polacco ucciso in Polonia, riflette e racconta
di fatti ancora drammaticamente vivi e recenti per molti. Impresa non facile, per
questo, scrivere una sceneggiatura che comprendesse la storia di una nazione, di un
popolo e di un sacerdote, dirigendo duecento attori e migliaia di comparse in un film
lungo e complesso, che ha impegnato non poco le capacità produttive polacche in termini
finanziari e organizzativi. I grandi e spesso indimenticabili episodi della storia
polacca, quelli che dalla fine degli anni ’70 la colpiscono e la infiammano e la fanno
precipitare nelle violenze scatenatesi all’indomani del colpo di Stato del 1981 e
delle leggi marziali che inaspriscono un regime comunista già di per sè odioso, sono
stati descritti in modo epico e lineare, senza sbavature ed eccessi. Nella
durezza degli avvenimenti in cui testimonianza e pericolo ormai sempre più collimano
nella vita di padre Jerzy, il film diventa poi meno distaccato e impersonale, acquista
spessore e umore: un microcosmo di volti, parole, gesti, piccole e grandi forme di
lealtà e di amicizia, si aggregano intorno a Popiełusko accompagnandolo
nel suo faticoso e pericoloso pellegrinaggio polacco in cui, confessa, “Combatto il
male, non le sue vittime”. Questo scontro tra il sacerdote sempre più debole e il
male sempre più forte non ammette soste e il film genera in crescendo una tensione
e un senso di solitudine che Adam Woronowicz nel ruolo del protagonista riesce a trasmettere
con grande carisma e intensità. Di tutti i numerosissimi personaggi che entrano in
contatto con lui il film, nella necessaria e mai distratta sintesi descrittiva, ne
coglie bene lo spirito. Ci sono poi alcuni dettagli che riproducono con il massimo
di verità ciò che accadde in quei giorni fatali, come quelli affidati al cardinale
Glemp, allora Primate di Polonia, che si ritaglia il ruolo di se stesso in due colloqui
decisivi avuti col sacerdote. Poi, nelle tenebre del martirio, la ricostruzione giustamente
si allontana di nuovo, si fa pudica nell’orrore, perché mandanti e fatti non sono
mai stati chiariti fino in fondo: è l’ora del sacrificio, quello che soltanto conta.
Mentre per la Polonia si aprono altri drammatici giorni.