2009-10-21 15:19:52

Campagna di solidarietà per i profughi iracheni


La guerra in Iraq ha provocato uno dei più grandi esodi del Medio Oriente. Le agenzie delle Nazioni Unite parlano di quasi 2 milioni e mezzo di iracheni fuggiti nei Paesi vicini: Siria, Giordania, Libano, Egitto e Turchia. Altri 2 milioni di iracheni sono sfollati all’interno del Paese. Un movimento enorme e incessante, di cui poco si parla. È in questo contesto che nasce la campagna per la raccolta fondi di "Un Ponte Per...", dal titolo “Emergenza profughi iracheni”, con l’obiettivo di portare assistenza sanitaria e psicologica alla comunità di rifugiati iracheni in Giordania. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paola Gasparoli, dell’Ufficio comunicazione di “Un Ponte Per…”:RealAudioMP3

R. – Attualmente, la situazione rimane drammatica ed anche con conseguenze politiche importanti per i Paesi che hanno subìto l’arrivo dei rifugiati iracheni, anche perché le loro economie sono già deboli. Pensiamo alla Giordania, ma anche alla Siria. Internamente, l’esodo di oltre 2 milioni di persone ha portato ad ulteriori sfasamenti politici all’interno del territorio. Per quanto riguarda i rifugiati esterni, il grosso problema è che non sono riconosciuti come rifugiati, ma sono considerati ospiti dalla Siria, dalla Giordania, dal Libano, dall’Egitto, e sono pochissimi, se non inesistenti, le strutture per dargli un appoggio e un aiuto. La stragrande maggioranza di loro non ha accesso alle strutture sanitarie, non ha accesso alla scuola.

 
D. – Tra questi due milioni e mezzo di iracheni fuggiti nei Paesi vicini ovviamente ci sono anche centinaia di migliaia di cristiani, che vivevano soprattutto nel nord dell’Iraq. Qual è la loro condizione?

 
R. – Personalmente ho incontrato molti dei profughi cristiani, soprattutto nel nord del Paese, nell’area del Kurdistan iracheno e in Siria, e la loro situazione è una situazione molto spaesata. Lì ho incontrato cristiani che arrivavano da zone come Baghdad, per esempio, e che abitavano in zone anche ricche culturalmente. La loro situazione è decisamente di tristezza, di frustrazione, per un Paese nel quale prima vivevano serenamente, dove sentivano un contatto religioso. Parlando, per esempio, con il vescovo di Kirkuk, Louis Sako, diceva: “Noi eravamo distribuiti sul territorio. Questa nostra condizione adesso può diventare un pericolo futuro per il dialogo e il rapporto tra di noi”. Quindi, è veramente una condizione psicologica, umanitaria e anche per loro sanitaria, che implica spesse volte un lavoro molto forte.

 
D. – In questo contesto davvero drammatico nasce la campagna di "Un Ponte Per...", intitolata “Emergenza profughi iracheni”. Come è possibile aiutare queste persone?

 
R. – E’ partito un progetto di assistenza sanitaria sia con unità mobili sia con degli ambulatori. L’assistenza sarà sia sanitaria, di pronto soccorso e distribuzione di medicinali, sia socio-psicologica per i bambini e per le donne. Come si può aiutare? Si può aiutare fino al 30 ottobre, mandando un messaggio sms al 48587. E tutta la campagna, il progetto, le testimonianze dei profughi e dei rifugiati possono essere lette sul sito del Ponte, www.unponteper.it.







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