Afghanistan verso il ballottaggio: Abdullah chiama Karzai
Più di metà degli osservatori dell’Onu incaricati di monitorare le elezioni in Afghanistan
saranno sostituiti in vista del ballottaggio del prossimo 7 novembre per le presidenziali.
Lo ha annunciato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon che ha anche
respinto le accuse rivolte all’Onu di aver cercato di nascondere brogli. Intanto Abdullah
Abdullah, che sfiderà nel ballottaggio il presidente uscente, ha annunciato oggi di
aver telefonato a Karzai, nel loro primo contatto dal controverso scrutinio del 20
agosto, felicitandosi con lui per aver accettato che si tenesse un secondo turno elettorale.
Abdullah ha auspicato che il ballottaggio “si tenga alla data prevista, in condizioni
ottimali sia sul piano della sicurezza che della trasparenza”.Sul significato del
ballottaggio Antje Birgit Dechert, del Programma tedesco della nostra emittente,
ha intervistato il padre barnabita Giuseppe Moretti, superiore della Missio
Sui Iuris in Afghanistan, raggiunto telefonicamente a Kabul: R. – E’ un atto
di maturità democratica. D’altra parte, questo è previsto dall’art. 61 del capitolo
secondo della Costituzione: se il candidato non riesce ad ottenere al primo scrutinio
il 50 per cento dei voti, si deve andare al ballottaggio. Quindi, nonostante tutto
quello che si è detto in questi due mesi, il fatto che il presidente in carica abbia
accettato il ballottaggio, per me è un atto di democrazia. E’ incoraggiante. E’ chiaro
che andare a votare non sarà semplice. Poi, le perplessità sui tempi sono molte: si
riuscirà in 15 giorni ad andare al voto? Però, nonostante le perplessità, credo che
questo sia un insegnamento di vita democratica: il rispetto della Costituzione. D.
– Come si può far avanzare la democrazia in Afghanistan e che cosa, in particolare,
può fare la Chiesa nel Paese? R. – Noi, come Chiesa, offriamo
la nostra testimonianza. La Chiesa può semplicemente, attraverso i suoi fedeli, che
sono soltanto quelli della comunità internazionale, dare una testimonianza di vita
di come si può aiutare questa popolazione nelle specifiche mansioni che ogni cattolico
ha nel Paese. La Chiesa in Afghanistan può far capire che il cristiano lavora, si
impegna, fa il proprio dovere anche per una grande carica di amore che ha dentro di
sé, che gli viene dalla fede. Questo possiamo fare noi. Ricordatevi di questa comunità
cattolica internazionale, un granello di sabbia nel deserto, una goccia nel mare.
Anche noi ci sentiamo Chiesa. I fedeli partecipano perché credono fermamente e questa
è una testimonianza che non sfugge agli afghani. Gli afghani hanno molta stima di
coloro che, pur professando altre religioni, sono però coerenti con la religione che
dicono di professare.