Afghanistan: il ballottaggio Karzai-Abdullah si terrà il prossimo 7 novembre
In Afghanistan è stato fissato per il 7 novembre il ballottaggio tra il presidente
Karzai e l'ex ministro degli Esteri, Abdullah. Un secondo turno, dopo le elezioni
del 20 agosto scorso, resosi necessario viste le numerose schede invalidate "per brogli"
in ben 210 seggi. Karzai, che ha ottenuto il 49, 67%, ha salutato la consultazione
come "un passo avanti per la democrazia nel Paese". Precedentemente all'annuncio era
circolata l'ipotesi di un governo di unità nazionale. Quali ricadute ci possiamo attendere
ora sul già difficile processo di normalizzazione del Paese? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto ad Emanuele Giordana, direttore dell’associazione “Lettera22”:
R. – Possiamo
dire che la buona notizia è l’accettazione da parte di Karzai, cosa che non era così
scontata, come non era scontato il fatto che la Commissione per i reclami, cioè quella
che ha avuto il compito di vedere in profondità il processo elettorale, avrebbe deciso
di tornare a votare e di fare il ballottaggio. Queste elezioni si sono svolte in una
maniera molto opaca. Ci sono state notizie di brogli da parte degli osservatori, delle
persone che hanno fatto i conteggi, delle Nazioni Unite e addirittura della stampa.
Di conseguenza questo significava avere un governo non legittimo. In questa situazione
particolare diventa fondamentale, soprattutto per gli americani, avere un governo
legittimo. D. – C’è chi parla, però, di una decisione abbastanza
rischiosa, soprattutto per quanto riguarda il fronte dei talebani che si trovano adesso
fortificati? R. – Certo, nessuno avrebbe voluto rifare le elezioni!
Noi abbiamo visto come si sono svolte: sono andati a votare quattro afghani su dieci
e, a parte la vicenda dei brogli, questo racconta di una situazione difficilissima
sul campo. Quindi, è stata la realtà ad inchiodare un po’ tutti a questa decisione,
nel senso che lo scontro è diventato molto forte, addirittura all’interno della missione
Onu a Kabul, dove il numero due della missione si è detto chiaramente favorevole al
riconteggio dei voti e a rifare nuove elezioni scontrandosi con il suo responsabile. D.
– Il Paese vive, come purtroppo tutti sanno, un momento di grande instabilità. Quali
reazioni possiamo attendere a questo punto dalla società civile? R.
– Da una parte, penso che gli afghani saranno contenti di tornare a votare: questo
significa che il processo democratico in Afghanistan ha qualche elemento di credibilità.
Naturalmente, non si aspettano dalle elezioni una svolta sicura. La svolta dovrebbe
arrivare da un nuovo impegno, soprattutto un impegno civile con un’attenzione ai settori
più deboli di una società che ha lasciato indietro le persone maggiormente in difficoltà,
che ha puntato innanzitutto sull’aspetto militare dimenticandosi dei bisogni primari.
D. – Si può parlare, a questo punto, della necessità di avere
un governo di unità nazionale? R. – Naturalmente, Karzai deve
fare i conti con il suo rivale. Io mi permetto di segnalare il terzo candidato, Ramazan
Bashardost, una persona di cui si è parlato molto poco, l’unico che ha fatto una campagna
elettorale senza soldi e senza grandi appoggi e che è riuscito, pur essendo un azara,
a raccogliere una sorta di voto trasversale e non etnico: un voto afghano, nazionale.