Intervista con Mons. Gabriel Mbilingi, Arcivescovo di Lubango (ANGOLA)
Al Sinodo dei vescovi, più volte è stato anche sottolineato il valore delle tradizioni
africane come base del processo di riconciliazione. Se da una parte i Padri sinodali
hanno condannato la superstizione e la stregoneria, dall’altra hanno evidenziato i
molti spunti positivi nella cultura africana, come il rito dell’ammissione della colpa
o della promessa di non ricadere nell’errore, che possono conciliarsi con il Cristianesimo.
Paolo Ondarza ne ha parlato con mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di
Lubango in Angola:
R.
– Innanzitutto, l’inserimento dell’uomo nella sua comunità sociale è un dato molto
importante: in Africa si sottolinea di più l’aspetto collettivo che non individuale,
per cui i valori come l’ospitalità, la solidarietà, l’inserimento nella vita della
comunità. Qualcuno in Aula ha anche parlato dei riti dell’Africa che riguardano la
riconciliazione e la pace, per esempio. Ci sono dei riti per riconciliarsi e ci sono
anche peccati che per qualche cultura non sono perdonabili. Allora, a questo punto,
bisogna che sia il Vangelo ad evangelizzare quelle culture, in modo che riescano a
cambiare questo aspetto che non è troppo positivo.
D. – A proposito
non tanto di una tradizione, quanto forse di superstizioni da superare, si è parlato
anche della stregoneria. Come contrastarla?
R. – La sfida in questo
campo culturale mi pare la più grande, nel senso che questi fatti di stregoneria,
di culti, tutto questo a mio avviso è pericoloso per il Vangelo, danneggia la vita
di tantissime famiglie della società in Africa. Comunque, dobbiamo rispondere a questo
con una fede più forte, con una conoscenza di Cristo, di Dio, del suo mistero di Salvezza,
del suo potere sul male. Quindi, sembra proprio che la risposta qui sia un’evangelizzazione
un poco più approfondita del mistero cristiano e anche della nostra risposta all’amore
di Dio, che ci viene incontro tramite la fede.