2009-10-18 15:14:55

Dal Sinodo per l'Africa una forte spinta al rinnovamento del continente. Le testimonianze dei vescovi Norbert Mtega e Gabriel Mbilingi


Il Sinodo per l’Africa inizia domani l’ultima settimana di lavori: ieri, è stata presentata la bozza del Messaggio finale. Adesso si unificheranno le proposizioni dei Circoli minori. Da questa importante assemblea si attende una forte spinta al rinnovamento. Ne sono convinti molti dei Padri sinodali che, nei loro interventi in aula, spesso presentano i grandi traguardi raggiunti dalla Chiesa africana dopo il primo Sinodo del 1994. La Tanzania, ad esempio, negli ultimi 15 anni ha conosciuto un forte sviluppo dei mass media cattolici così come della promozione dei diritti umani. Significativi anche i progressi nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso, ma non mancano le difficoltà: prima fra tutte il rischio del fondamentalismo. Al microfono di Paolo Ondarza, la riflessione di mons. Norbert Mtega, arcivescovo di Songea in Tanzania:RealAudioMP3

R. – Dopo il primo Sinodo per l’Africa del ’94 ci sono adesso otto radio cattoliche nelle varie diocesi. Più di 15 diocesi ascoltano una radio cattolica. Questa è stata una novità perché prima c’era solo una radio statale. Inoltre, la Chiesa dal ’94 ha deciso di aprire un’università cattolica e adesso abbiamo più di ottomila alunni in questa università. Poi, dopo il Sinodo del ’94 la Chiesa si è veramente sforzata di infondere l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa. La gente comincia a capire bene i propri diritti umani, cosa è la dignità umana, la democrazia, cosa è la giustizia. 
D. – Il riferimento ai diritti umani come viene recepito? 
R. – La popolazione generalmente lo accetta e lo recepisce molto positivamente. Tuttavia, la maggioranza della popolazione nei villaggi è analfabeta, perciò non può leggere i giornali e allora qui il risveglio avviene un po’ lentamente. Cominciano a capire tante cose che non sapevano prima. Ma i partiti politici, quelli che sono più ideologici, sono contro questi sviluppi perché vedono che il popolo scopre molte cose: loro preferiscono che la popolazione rimanga ignorante. I diritti delle persone semplici nei villaggi sono talvolta violati da chi è al potere. I pastori della Chiesa levano la loro voce come profeti. La presa di coscienza della società è un processo che avviene lentamente. Ci vuole tempo per i popoli dell’Africa per capire queste parole. Qui in Italia avete sentito questi discorsi già da bambini, non sono cose nuove per voi, ma da noi sono nuovissime e perciò la Chiesa deve parlare!
 
D. – Che rapporti avete con le altre religioni e sul fronte ecumenico?
 
R. - Generalmente sono rapporti buoni. Tra noi cristiani c’è una collaborazione buonissima. Io sono presidente della Commissione per i servizi sociali ecumenici e adesso con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane stiamo scrivendo il programma di studi per le scuole, a tutti livelli: la morale sarà al centro di questo studio che verrà riconosciuto dal Ministero dell’Educazione. Anche i musulmani stanno partecipando. C’è un'ottima cooperazione anche con loro. Tuttavia, c’è un duplice pericolo: il primo deriva da coloro che portano gli argomenti della religione nella politica, in parlamento, siano cristiani o musulmani. Questo secondo me è pericoloso. In secondo luogo, c’è da evidenziare che i musulmani vengono finanziati da Paesi stranieri che vogliono spingere l’Islam ad avere contrasti con i cristiani. Quando si parla di Al Qaeda, c’è da dire questo: usano i soldi per comprare i poveri dell’Africa, per farli diventare strumenti di conflitto e di terrorismo. Questo è il pericolo da noi e preghiamo Dio che ciò sia evitato dalla comunità mondiale.

Al Sinodo dei vescovi, più volte è stato anche sottolineato il valore delle tradizioni africane come base del processo di riconciliazione. Se da una parte i Padri sinodali hanno condannato la superstizione e la stregoneria, dall’altra hanno evidenziato i molti spunti positivi nella cultura africana, come il rito dell’ammissione della colpa o della promessa di non ricadere nell’errore, che possono conciliarsi con il Cristianesimo. Paolo Ondarza ne ha parlato con mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango in Angola:RealAudioMP3

R. – Innanzitutto, l’inserimento dell’uomo nella sua comunità sociale è un dato molto importante: in Africa si sottolinea di più l’aspetto collettivo che non individuale, per cui i valori come l’ospitalità, la solidarietà, l’inserimento nella vita della comunità. Qualcuno in Aula ha anche parlato dei riti dell’Africa che riguardano la riconciliazione e la pace, per esempio. Ci sono dei riti per riconciliarsi e ci sono anche peccati che per qualche cultura non sono perdonabili. Allora, a questo punto, bisogna che sia il Vangelo ad evangelizzare quelle culture, in modo che riescano a cambiare questo aspetto che non è troppo positivo.
 
D. – A proposito non tanto di una tradizione, quanto forse di superstizioni da superare, si è parlato anche della stregoneria. Come contrastarla?
 
R. – La sfida in questo campo culturale mi pare la più grande, nel senso che questi fatti di stregoneria, di culti, tutto questo a mio avviso è pericoloso per il Vangelo, danneggia la vita di tantissime famiglie della società in Africa. Comunque, dobbiamo rispondere a questo con una fede più forte, con una conoscenza di Cristo, di Dio, del suo mistero di Salvezza, del suo potere sul male. Quindi, sembra proprio che la risposta qui sia un’evangelizzazione un po' più approfondita del mistero cristiano e anche della nostra risposta all’amore di Dio, che ci viene incontro tramite la fede.







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