Un anno dopo lo scoppio delle violenze nel distretto dell’Haut-Uélé, nel nord della
Repubblica Democratica del Congo, gli attacchi e gli scontri “si sono ora estesi a
nuove zone, obbligando centinaia di migliaia di persone alla fuga. Le organizzazioni
umanitarie non sono riuscite a fare fronte agli enormi bisogni creatisi, ed è ora
necessaria un’azione urgente e una maggiore presenza delle organizzazioni umanitarie
nelle zone rurali dell’Haut-Uélé e del Bas-Uélé”: è quanto sostiene oggi Medici senza
frontiere, denunciando nuove violenze. Dalla fine del 2008, la popolazione civile
dell’Haut-Uélé e del Bas-Uélé è infatti vittima degli attacchi perpetrati dal gruppo
ribelle ugandese della Lord’s Resistance Army, e dell’offensiva da parte delle forze
armate congolesi e ugandesi. “La popolazione locale è l’obiettivo delle violenze:
omicidi, rapimenti e abusi sessuali”, dichiara Luis Encinas, coordinatore delle operazioni
di Msf in Africa centrale: “Sono tattiche di violenza il cui obiettivo è quello di
terrorizzare le persone. I pazienti ci raccontano storie di estrema brutalità, di
bambini obbligati a uccidere i loro genitori, di persone bruciate vive nelle loro
case”. Centinaia di migliaia di persone - riferisce l'agenzia Sir - sono sfollate
nel corso dell’ultimo anno. A causa dell’insicurezza e dell’assenza di strade in queste
aree molto isolate, Msf ha dovuto utilizzare aeroplani per trasportare scorte e farmaci.
(R.P.)