L'arcivescovo di Kirkuk ricorda i 1600 anni del massacro dei martiri iracheni
Da 1600 anni l’Iraq è “un Paese di martiri”, che trova nello “Spirito Santo e nell’Eucaristia”
la forza di “testimoniare la fede” nonostante le persecuzioni. È quanto dichiara ad
AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, alla vigilia della settimana di
celebrazioni per ricordare i 1600 anni dal massacro dei martiri irakeni. Una lunga
serie passata e presente di violenze, che non hanno però interrotto “la storia sacra
dei cristiani… e il loro cammino”. Nel 409 d. C. centinaia di cristiani sono stati
decapitati per la loro fede. “Fra loro – racconta mons. Sako – una vedova chiamata
Scirin-Miskenta, con due figli, e il generale Tahmazgerd, che ha eseguito il decreto
del re”, il quale aveva ordinato il massacro. “Vedendo la fede, la serenità e la fiducia
della vedova – continua il prelato – Tahmzgerd si è convertito al cristianesimo” e
per questo è stato “decapitato in seguito”. Verso il 470, per ricordare il massacro
dei cristiani, il vescovo di Kirkuk Maruta “ha costruito un santuario” sulla collina
in cui “sono stati sepolti i martiri”. La "chiesa Rossa", questo il nome dell’edificio,
unisce cristiani e musulmani ed è oggi “il cimitero dei caldei”; le reliquie dei martiri,
esposte sull’altare principale, sono da sempre meta di processioni dei fedeli. Per
celebrare l’anniversario del martirio, la diocesi ha organizzato una serie di eventi:
domani, mercoledì, una giornata di digiuno per la pace; giovedì sono in programma
gli inni dei martiri e una conferenza al Santuario, restaurato di recente; venerdì
verrà celebrata la messa; sabato una recita, allestita dalla corale della cattedrale
e della chiesa di San Giuseppe. All’insegna del motto “fedeli ai nostri padri nella
fede”, i cristiani di Kirkuk vogliono “testimoniare la fede, l’amore, la fiducia e
l’apertura”. La storia delle violenze e delle persecuzioni contro i cristiani non
è mai stata interrotta. Rapimenti, sequestri, omicidi mirati, famiglie in fuga sono
la drammatica testimonianza di una “catena di martiri – sottolinea mons. Sako – che
continua. Il nostro Paese è disseminato di santuari dei martiri che la gente visita
senza sosta, è una spiritualità del martirio”. I cristiani trovano la forza di “rimanere
fedeli” nello “Spirito Santo, ma anche nella liturgia, soprattutto l’Eucaristia”.
(R.P.)