Intervista con il Card. Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (GHANA)
Nel pomeriggio, i lavori del Sinodo proseguiranno con la “Relazione dopo la discussione”
del relatore generale, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente
dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Occidentale. Al microfono
di Paolo Ondarza, il porporato parla dell’impegno assunto dalle chiese africane,
dopo il sinodo del 1994, in favore della formazione dei laici:
R. - Il Sinodo
per l'Africa ci ha invitato a considerare la Chiesa come famiglia di Dio. Questa è
stata una delle grandi cose che il Sinodo ha lasciato alla Chiesa: pensare alla Chiesa
come ad una famiglia che è esistita nel passato, con gli antenati, ed esiste nel presente
e nel futuro, con i bambini che devono nascere. Ma ciò che è cambiato, nel frattempo,
è stato il fatto che parecchi Paesi e Chiese locali per fare questo lavoro, questo
compito di inculturazione, hanno dovuto cominciare a formare esperti. Non si può parlare
di inculturazione senza esperti, geologi, glottologi, esperti del genere per fare
questo lavoro. Parecchi hanno anche stabilito centri di studio in modo da dare ai
laici e ai religiosi la possibilità di approfondire la loro stessa conoscenza della
Chiesa e li hanno convinti a considerarsi responsabili per la Chiesa. In inglese c’è
un’espressione molto bella - “they need to own the Church” - dove si parla di gente
che deve considerare la Chiesa come propria, non solo dei preti e dei vescovi: loro
non fanno la Chiesa, la Chiesa siamo noi.
D. - Questa è la premessa per essere
sale e luce in Africa?
R. - Certo, considerando il ruolo che dobbiamo svolgere
come un tipo di testimonianza, si finisce per adottare la presentazione di Giovanni
Paolo II, che parlando ai laici dell’Africa dice che devono cercare di fare qualche
differenza nell’ambiente in cui si trovano. Quelle due metafore sono molto potenti:
il “sale” introduce la differenza e nel processo si perde; la “luce” illumina e poi
nel processo pure si perde. Diventano come immagini di passione, come la passione
di Gesù. Se gli africani amano la loro società e vogliono creare la Chiesa come famiglia
di Dio, dimenticando tutti gli abusi del potere, abusi che hanno sofferto a causa
dei politici, dei militari… Si deve dimenticare, si deve perdonare. Questa esperienza
è un’esperienza di sale e luce. Si deve rinunciare a qualcosa per stabilire la comunione
e i buoni rapporti fra la gente. Questo invito è suggerito a noi da queste due immagini.
D. - Al Sinodo si è anche molto parlato delle economie africane e dei principali
problemi, delle lacune che presentano…
R. - Quasi tutti i Paesi africani sono
deboli nel settore secondario, quindi non nella produzione delle cose primarie, ma
in quella secondaria che è l’industria. E’ lì che tutti i Paesi in Africa sono deboli.
Quando non c’è l’industria, vuol dire che mancano i posti di lavoro e non cresce l'economia.
Questo è il problema che dobbiamo affrontare in questi giorni.