Intervista con Padre Jean Pierre Henry, sacerdote algerino
Anno Sacerdotale: la testimonianza di padre Henry in Algeria Ascoltiamo la storia
di una vocazione nata in terra musulmana, trasmessa l'11 ottobre 2009 dalla Radio
Vaticana, nell'ambito della consueta rubrica domenicale dedicata all’Anno Sacerdotale.
E’ il racconto di padre Jean Pierre Henry, algerino, infaticabile sacerdote
74enne che da anni si spende per i cattolici della diocesi di Algeri e coltiva un
buon rapporto con i fedeli dell’islam. Un’esperienza, la sua, in una realtà a volte
difficile ma dove la convivenza tra cristiani e musulmani consente una conoscenza
più profonda dell’essere umano. Al microfono di Tiziana Campisi padre Henry
racconta la sua vita in Algeria:
R. – Sono nato
ad Orano e l’idea di farmi sacerdote mi è venuta quando avevo 24 anni. Avevo paura
di fronte a questa prospettiva, però mi sono affidato ad un padre gesuita che mi ha
fatto aspettare un po’ e sei mesi dopo sono entrato nel seminario di Lione, poi ho
fatto il servizio militare, quindi sono diventato sacerdote a 32 anni.
D. –
Che cosa ha significato per lei scegliere il sacerdozio?
R. – Non so, sono
stato affascinato da questa idea. All’inizio era terribile per me, ma poi, poco a
poco, ci ho preso gusto e ora sono molto contento di essere sacerdote in un Paese
musulmano, dove non incontro tanti cristiani. Io vivo a 40 km da Algeri e vado ogni
giorno, da 10 anni, a lavorare ad Algeri, in curia.
D. – Cosa caratterizza
le sue giornate?
R. – Mi dedico a questioni amministrative in curia, e devo
dire che mi sono occupato anche di cose interessanti, perché sono stato incaricato
dell’archivio storico della diocesi che risale al 1838. Quindi, ho avuto begli incontri,
sia con i musulmani che con cristiani o studiosi, ad esempio della Sorbona di Parigi.
E’ stata un’occasione che mi ha consentito di conoscere diverse persone. Parlare della
vita della Chiesa dal XIX secolo fino ad oggi è stato anche un modo per fare pastorale
e far capire alla gente cosa è il cristianesimo.
D. – A quali attività si dedica
in particolare?
R. – Sono un tuttofare ed ho varie responsabilità. Sono economo
della diocesi ed ho anche l’incarico di occuparmi di un gruppo di giovani musulmani
che si riuniscono nella casa diocesana e sono guidati da animatori musulmani. Sono
incaricato anche della formazione biblica. Poi raggiungo quei cristiani che vivono
da soli; una suora, ad esempio che vive in Cabilia e ha un laboratorio di ricami,
un diacono che vive in montagna, sempre in Cabilia. Verso Orano c’è una piccola città
che si chiama Tenès, un porto, dove vado a fare visita a delle suore e a dire Messa.
Quindi, sono sovente in viaggio.
D. – Dal punto di vista umano che cosa le
ha dato il sacerdozio in tutti questi anni?
R. – Il sacerdozio non mi ha fatto
vivere soltanto esperienze dal punto di vista umano. Penso che il rapporto con gli
uomini di fede, anche musulmani, sia un’esperienza spirituale molto importante. Quindi,
rendo grazie a Dio per quest’esperienza di servizio. La gente talvolta non capisce
quello che faccio, ma a volte mi fa intravedere un’efficacia che non conoscevo fino
ad oggi.
D. – Lei è felice?
R. – Sì, io sono felice. E’ difficile, ma
interessante ciò che io faccio. Anche se ho 74 anni, sono contento di impegnarmi,
di darmi così.