Intervento di Mons. Gianfranco RAVASI, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare,
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
S. E. R. Mons. Gianfranco RAVASI, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare,
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (CITTÀ DEL VATICANO)
La
mia è la voce di un europeo che con ammirazione e rispetto si rivolge ai fratelli
vescovi africani per proporre un intervento molto semplice e generale su un tema che
ha attraversato molte pagine dell' Instrumentum laboris e degli interventi già ascoltati
in aula. Anche se il colore nero è il simbolo tradizionale del continente, l’Africa
in verità si presenta come un arcobaleno cromatico multiculturale e multireligioso.
Solo per proporre un esempio, l’UNESCO nel Camerun ha censito almeno 250 idiomi differenti,
mentre le lingue bantù sono così ideologicamente sofisticate da usare ben 24 classificazioni
grammaticali delle diverse qualità delle varie realtà.
Di fronte a un simile
scrigno di tesori culturali e spirituali fatto di tradizioni popolari e familiari,
di simboli e riti religiosi, di sapienza, memoria, folclore vorrei proporre solo tre
osservazioni essenziali.
La prima contiene l’auspicio che il Sinodo stimoli
in molte forme l’Africa a custodire la propria identità culturale e spirituale, impedendo
che essa si dissolva sotto il vento della secolarizzazione e della globalizzazione
che soffia con forza anche sulle 53 nazioni africane. L’Africa deve, però, respirare
anche i valori positivi della moderna comunione universale e di conseguenza deve saper
combattere i nazionalismi, gli integralismi etnici, i particolarismi tribali, i fondamentalismi
religiosi.
La seconda considerazione propone, invece, che il Sinodo possa rivolgersi
anche all’Occidente e al Nord del mondo perché si instauri quel dialogo che in modo
suggestivo mons. Monsegwo Pasinya nella sua relazione ha chiamato il partenariato
non solo delle materie prime ma anche delle materie grigie, ossia dei valori, creando
spazi di comprensione e comunione e non di colonizzazione o al contrario di rigetto
reciproco. È ciò che era accaduto nei primi secoli cristiani con l'inestimabile dono
fatto alla Chiesa e alla cultura occidentale da Antonio, Pacomio, Tertulliano, Cipriano,
Clemente Alessandrino, Origene, Atanasio e il grandioso Agostino.
La terza
riflessione vorrebbe riproporre l’approfondimento metodologico e tematico della questione
delicata ma sempre necessaria dell’inculturazione del messaggio cristiano. L’inculturazione
- come Giovanni Paolo II suggeriva ai vescovi del Kenya nel 1980 - “sarà realmente
un riflesso dell’Incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata
dal Vangelo, produce dalla sua propria tradizione espressioni originali di vita, di
celebrazione, di pensiero cristiano”. In questa linea una funzione significativa potrebbe
essere espletata dalla rete dei Centri culturali cattolici che si distende per tutta
l’Africa e che presenta delle tipologie molto varie talora di livello accademico-universitario,
altre volte di natura popolare e parrocchiale.