Giornata nazionale dedicata alle persone affette dalla sindrome di Down
Si celebra oggi la Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down. Tra le iniziative
di sensibilizzazione si segnala il concorso “Pinguini nel deserto”, rivolto a tutte
le scuole d’Italia, promosso dall’Associazione Pianeta Down e patrocinato dal Ministero
della pubblica istruzione, che si concluderà il 5 dicembre prossimo. Proprio a nome
dell’Associazione Pianeta Down, Dario Mosconi - un ragazzo di 22 anni, affetto dalla
sindrome – ha donato a Benedetto XVI, a margine dell’udienza generale di mercoledì
scorso, la tessera “numero 1” dell’associazione e il bando del concorso, pensato per
favorire l’accoglienza di bambini e ragazzi disabili. Il Pontefice è particolarmente
sensibile alla tematica, avendo avuto un cugino Down ucciso dai nazisti nel 1941.
Sulle finalità dell’Associazione Pianeta Down, Eliana Astorri ha intervistato
il consigliere del sodalizio, Alessandro Mosconi, padre di Dario:
R. - L’associazione
ha come intento quello di diffondere la cultura della non diversità. Essendo nata
su Internet non si caratterizza da un punto di vista territoriale e quindi è diffusa
un po’ su tutto il territorio nazionale, per cui le sue iniziative sono essenzialmente
di carattere culturale. Nel 2006 abbiamo pubblicato un libro che si chiama “Come pinguini
nel deserto” e poi un opuscolo che parla di come affrontare la comunicazione della
diagnosi di un bambino con la sindrome di Down. Ora stiamo tentando di raggiungere
il mondo delle scuole dove in realtà si fa essenzialmente cultura ed educazione perché
ci siamo resi conto che quello è il luogo dove si formano le persone del domani e
quindi dove si gioca il futuro dei nostri figli e quindi la loro integrazione nella
società. D. – Lo slogan del concorso “Pinguini nel deserto”
sta a indicare cosa? R. - Indica essenzialmente quello strano
stato di smarrimento che può nascere, sia nei nostri figli all’interno di un ambiente
- che non è magari propriamente accogliente-, ma anche l’atteggiamento che magari
le persone - cosiddette normodotate - possono avere quando incontrano una persona
con cui magari non sanno precisamente come rapportarsi. D. –
Quindi da entrambe le parti? R. – Da entrambi le parti, sicuramente.
Quel piccolo muro di imbarazzo e di indifferenza che spesso è la causa principale
dell’incomprensione di due mondi e basta smontare mattoncino per mattoncino perché
a volte questo muro è proprio costruito sul nulla. D. – Lei
ha un ragazzo con sindrome di Down: il bambino con questo tipo di difficoltà è ancora
quindi percepito dagli adulti e dai coetanei come un diverso? R.
– Diciamo che questa difficoltà certamente esiste, però io la vedo quasi esclusivamente
come un problema di carattere culturale: penso che con l’abitudine, la frequentazione
e la possibilità di vivere insieme esperienze che siano costruttive e creative, può
sicuramente essere abbattuto. Mio figlio ha 22 anni ormai, dopo aver passato e concluso
tutta l’esperienza scolastica ora è felicemente inserito anche nel mondo del lavoro
e lavora come aiuto cuoco in un hotel della mia città. (Montaggio a cura
di Maria Brigini)