Mons. Follo all'Unesco: la cultura sia legata alla verità
Uno dei compiti dell’Unesco è far comprendere che “una cultura vive in interazione
con le altre”, ma l’interculturalità, per essere autentica, deve permettere di essere
fedeli a ciò che di meglio c’è nel passato, per cercare di costruire un futuro positivo
per l’uomo e per lo Stato. Intervenendo all’Assemblea dell’Unesco, mons. Francesco
Follo ha spiegato che la cultura è il collegamento fra verità e Stato, è quella che
permette agli uomini di vivere assieme in una comunità, e al contempo porta con sé
i valori. Per questo la cultura non è un lusso che appartiene soltanto alle economie
più avanzate, ma esiste laddove gli uomini si preoccupano di cercare la verità. Perché
da un lato significa educazione, insegnamento, ma dall’altro apertura di spirito,
una forma di umiltà che accetta la ricchezza dell’altro. La risposta alla domanda
“che cos’è l’uomo”, ha detto poi mons. Follo, deve oltrepassare tutte le barriere
culturali senza ignorarle. E sta tutta nella verità. Bisogna colmare la separazione
fra scienza e umanità, fra cultura in generale e cultura scientifica. Così noi siamo
esseri umani perché abbiamo avuto il diritto di nascere. Per questo ogni diritto dell’uomo
si basa sul rispetto dell’uomo nella sua totalità, dal concepimento alla morte naturale.
Una cultura non si può dire nobile se non riconosce all’uomo i diritti che sono legati
alla verità del suo essere. Perché, come ha scritto Benedetto XVI, “l’uomo è sempre
al di là di ciò che si vede o che se ne percepisce attraverso l’esperienza”. (A
cura di Valentina Fizzotti)