Domani la Chiesa avrà cinque nuovi Santi: li proclamerà il Papa nella Messa solenne
da lui presieduta in Piazza San Pietro a partire dalle 10.00. I cinque nuovi Santi
sono: Zygmunt Szczęsny Feliński, vescovo, fondatore della Congregazione delle Suore
Francescane della Famiglia di Maria; Francisco Coll y Guitart, sacerdote dell’Ordine
dei Frati Predicatori, fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane dell’Annunciazione
della Beata Vergine Maria; Rafael Arnáiz Barón, religioso dell’Ordine Cistercense
della Stretta Osservanza; Marie de la Croix Jugan, vergine, fondatrice della Congregazione
delle Piccole Sorelle dei Poveri. Tra i nuovi Santi figura anche padre Josef Daamian
de Veuster, sacerdote della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria e dell’Adorazione
Perpetua del Santissimo Sacramento dell’Altare: vissuto nel XIX secolo, nel 1873 si
offrì come volontario per assistere i lebbrosi che venivano confinati nell’isola lazzaretto
di Molokai, nelle Hawaii. Oltre che prete, è stato anche medico e si è prodigato in
diversi modi per i malati, perfino sperimentando su di sé nuovi farmaci quando ha
contratto la lebbra che lo ha condotto alla morte. Al microfono di Tiziana Campisi,
padre Alfred Bell, della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, postulatore
della Causa di Canonizzazione, descrive il modo in cui Damiano ha vissuto la sua vocazione: R. – Quando
Damiano ha detto “sì” ha continuato in questa missione fino alla fine. Al vescovo,
che domandava ai sacerdoti chi volesse andare ad aiutare questi poveri lebbrosi, egli
ha risposto: "Lo voglio io!" Si è quindi recato lì e vi è rimasto fino alla morte.
E’ rimasto 14 anni da solo, ha fatto esattamente ciò che Gesù Cristo ha detto: “Se
uno ama una persona, un amico, dà la sua vita per lui” e lui lo ha fatto nel vero
senso della parola. D. – Che esempio ci lascia? R.
– Il governo delle Hawaii aveva portato gli ammalati in un’isola molto piccola, così
la società non aveva più questo problema. Padre Damiano De Veuster ha fatto di questa
gente una vera comunità, ha dato loro la speranza. Era un missionario attivo, che
ha lavorato in ogni campo, con i lebbrosi. Con i più forti ha creato un ospedale,
con altri invece un coro con degli strumenti, ha fatto tutto ciò che potesse aiutarli.
E’ per questo che oggi egli è un esempio di comunità; in un tempo in cui tutti sono
egoisti e pensano per sé egli ha dato un esempio di come si può condividere in una
società e in una comunità in condizioni così difficili. Padre Damiano è anche un esempio
per coloro che non hanno voce nella nostra società: i lebbrosi non contavano niente
nella società delle Hawaii. Lui invece ha detto: “Voi contate, voi siete agli occhi
di Dio pietre preziose” ed oggi per molta gente che non ha voce nei diversi ambiti
della vita, padre Damiano è anche un “uomo della speranza”. D.
– Quale messaggio giunge all’uomo di oggi da padre Damiano? R.
– Damiano diceva: “Sì, io vado e non ritorno”. Questo non vuol dire che non abbia
avuto dei problemi, ma quello che ognuno dovrebbe fare è ripensare se quello che sta
facendo è giusto o meno. Damiano ha dato a molti l’esempio di come si può cambiare
la vita. Noi non abbiamo soltanto la via economica e professionale, ma c’è anche quella
che prevede l’aiuto all’altro. Quest’ultima via per lui ha significato anche isolamento,
solitudine e questa è una cosa che nella società di oggi sperimentano in molti. Lui
ha però mostrato che c’è sempre speranza. Oggi Damiano rimane chi ripete: “Voi avete
un valore indipendente dalla vostra situazione”. E’ stato un servitore di Dio e resterà
per tutti un servitore delle persone.