Sinodo per l'Africa: più spazio alle donne. L'arcivescovo di Accra: la sfida delle
sette
Mattinata densa di riflessioni, oggi, al secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa,
in corso in Vaticano, sui temi della riconciliazione, la giustizia e la pace. In presenza
di Benedetto XVI, i Padri Sinodali hanno concentrato la loro attenzione sull’importanza
dell’educazione, sul bisogno di pace nella Regione dei Grandi Laghi e sull’Anno Sacerdotale.
In chiusura di Congregazione, poi, spazio anche ad alcuni uditori. In programma per
oggi pomeriggio, invece, l’intervento di Rudolf Adada, già Capo dell’Unione Africana
delle missioni di pace per il Darfour. Il servizio di Isabella Piro: È
sopravvissuta al massacro del Rwanda, ha perdonato i suoi aggressori ed oggi porta
la riconciliazione nelle prigioni. La testimonianza di un’uditrice ha fatto tremare
l’Aula del Sinodo, stamani. Davanti alla prova concreta che la pace è possibile anche
nei contesti più atroci, le sue parole hanno lasciato tutti senza fiato. Ma
sono state tante le riflessioni che si sono rincorse durante i lavori di oggi e tanti
anche i suggerimenti arrivati dai Padri Sinodali. Innanzitutto, il grande tema dell’educazione:
i vescovi auspicano un sistema di gestione scolastica che garantisca la libertà della
Chiesa per una formazione di qualità dei giovani, sollecitando quindi un partenariato
diretto tra l’Unesco e le istituzioni ecclesiastiche. E ancora, il Sinodo pensa alla
creazione, in Africa, di un Istituto superiore cattolico, specializzato nell’insegnamento
sociale, a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Nella
riflessione dei Padri Sinodali, spazio anche alla comunicazione e all’informazione,
con l’esigenza, emersa in Aula, di dare vita ad un’agenzia di stampa continentale
per la Chiesa in Africa, continente in cui, tra l’altro, sono operative almeno 163
radio in 32 Paesi, gestite da diocesi ed organizzazioni cattoliche. Poi,
i presuli si sono soffermati sul significato dell’Anno Sacerdotale, indetto da Benedetto
XVI per commemorare i 150 anni dalla morte del Santo Curato d'Ars, colui
che può ispirare quella fedeltà a Cristo che aiuta ad illuminare le possibili zone
d’’ombra delle comunità ecclesiali. E ancora, i vescovi hanno
riflettuto sui problemi relativi all’aborto che, nel linguaggio definito “sconcertante”
delle organizzazioni internazionali, viene erroneamente associato alla salute riproduttiva.
Centrale anche il tema del dialogo interreligioso con la proposta, avanzata in Aula,
di inserire alcuni esperti del settore nelle Commissioni Giustizia e Pace. Altro suggerimento
applaudito, quello di convocare prossimamente una Conferenza Internazionale sulla
pace e la riconciliazione nella Regione dei Grandi Laghi. Poi,
spazio alle donne: “Cosa sarebbe la Chiesa senza di loro?”, si è detto in Aula. Loro
che donano la vita e non abbandonano mai i propri figli auspicano un maggior coinvolgimento
nell’evangelizzazione. Quindi, la parola è andata ad uno dei
delegati fraterni, Bernhard Ntahoturi, arcivescovo della provincia della Chiesa anglicana
del Burundi, che ha sottolineato l’importanza dell’ecumenismo per rivelare al mondo
il Dio dell’amore e della vita. L’Africa è il continente delle opportunità, ha continuato
il delegato fraterno, e la Chiesa deve essere segnata dalla fraternità, per liberare
il Paese dai suoi mali. Ieri pomeriggio, invece, il Sinodo ha
volto il suo sguardo verso le donne africane costrette alla poligamia e quindi lontane
dai sacramenti. Per loro, è stata chiesta una riflessione approfondita, così che possano
godere della misericordia di Dio. E ancora, in Aula si è detto
che la Chiesa non dimentica i malati di Aids, anzi: li aiuta e li sostiene, attraverso
alcune agenzie, come il Cafod(Catholic Agency For Overseas Development),
da più di vent’anni presente in Africa. Molti i risultati positivi ottenuti finora,
anche grazie all’aiuto dei farmaci retrovirali che, però, hanno sottolineato i vescovi,
restano ancora inaccessibili ai più poveri. Ampio spazio al Sinodo
dei vescovi è stato dedicato alla sfida posta alla Chiesa africana dalla diffusione
tra i giovani dei gruppi neo-pentecostali. Un problema presente in Ghana dove la comunità
cattolica, nata meno di 150 anni fa, svolge un ruolo di primaria importanza a livello
sociale, educativo e sanitario. Nel Paese il processo di inculturazione deve fare
i conti con un diffuso sincretismo religioso: infatti, nonostante il cristianesimo
sia la religione maggiormente professata, buona parte della popolazione resta legata
alle tradizionali forme di spiritualità. Lo conferma l’arcivescovo di Accra in Ghana,
mons. Gabriel Charles Palmer Buckle intervistato dal nostro inviato al Sinodo
Paolo Ondarza:
R. – In Ghana
il cattolicesimo è arrivato appena 129 anni fa. I cattolici, nel Ghana, sono più o
meno il 16 per cento della popolazione; è il gruppo religioso più grande. Come Chiesa
abbiamo più del 20-21 per cento di tutti i centri sanitari del Paese e più del 15
per cento delle scuole di tutto il Ghana è gestito dalla Chiesa cattolica. D.
– Lei diceva che è una realtà tutto sommato giovane, la Chiesa si è radicata in un
terreno che, da un punto di vista anche religioso aveva delle altre tradizioni ed
ecco che si presenta quindi il rischio di un sincretismo religioso… R.
– Certamente. L’otto per cento della popolazione è ancora adesso aderente a queste
religioni ancestrali. E’ compito nostro – particolarmente in quest’era in cui parliamo
dell’inculturazione – capire la differenza tra una cultura religiosa che magari agisce
contrariamente al cattolicesimo, al cristianesimo, e una cultura religiosa che si
presenta più come una cultura sociale che può aiutare l’inculturazione stessa. D.
– In Ghana sono presenti le comunità pentecostali, di cui si è parlato anche qui al
Sinodo. In particolare, si è evidenziato il fatto che queste comunità facciano presa
soprattutto tra i giovani… R. – Devo dire che questa è una preoccupazione
abbastanza grande. L’Africa è molto giovane, più del 65 per cento della popolazione
è al di sotto dei 35 anni. Dobbiamo ammettere che le sette, le chiese cosiddette pentecostali
utilizzano molto i mass media, la televisione ed internet per offrire un messaggio
diciamo religioso, pseudo-cristiano, una sorta di cristianesimo sentimentale. E allora
quando al giovane viene chiesto di fare delle scelte forti, per il cattolicesimo in
particolare c’è a volte qualche difficoltà e per questo abbiamo bisogno della pastorale
d’accompagnamento. Già il 23 per cento del Paese si dice aderente a queste sette pentecostali
e parecchi di questi aderenti sono cattolici che si sono allontanati dalla fede. La
verità è che dopo qualche tempo – cinque o dieci anni – si accorgono che quello che
viene offerto lì è fasullo e ritornano quindi alla Chiesa cattolica. Nel frattempo,
però, sono stati fatti danni allo spirito. E’ una sfida ma siamo pronti ad affrontarla. D.
– In che modo questo Sinodo può accompagnare e guidare la vita della sua Chiesa? R.
– E’ la mia prima esperienza. E’ tutta la Chiesa universale ad essere riunita in ascolto,
in preghiera sull’Africa e quest’Africa ha una potenzialità enorme. Basta vedere ad
esempio le vocazioni che provengono dall’Africa o anche quanti cattolici che provengono
dall’Africa siano all’altezza della vita politica. C’è perciò una potenzialità enorme
e certamente – come diceva il Santo Padre – ci sono anche delle sfide. Tutta la Chiesa
si preoccupa di vedere ed indagare in quale direzione lo Spirito Santo vuole che la
stessa Chiesa cattolica vada. La Chiesa è una famiglia ed è una: santa, cattolica
ed apostolica. Quest’esperienza la sto vivendo in modo molto forte e sento veramente
una gioia profonda. Come diceva un Padre della Chiesa: “Ex Africa semper aliquid novi”,
cioè dall’Africa viene sempre qualche novità. So che quest’assemblea ci porterà ad
una novità non solo per l’Africa ma per tutta la Chiesa universale.