2009-10-08 18:41:50

Intervento di Mons. Cornelius Fontem ESUA, Arcivescovo di Bamenda (CAMERUN)


S. E. R. Mons. Cornelius Fontem ESUA, Arcivescovo di Bamenda (CAMERUN)



In molti nostri paesi ci rallegriamo nell’osservare che la nostra popolazione cristiana sta crescendo. La liturgia viene celebrata con gioia e con un’attiva partecipazione. D'altra parte ci rattrista il fatto che esistano tensioni e conflitti non solo nella società in generale, ma anche tra le nostre comunità cristiane. Non è insolito che dietro azioni di ingiustizia sociale, disonestà e corruzione vi siano dei cristiani. Esistono pregiudizi familiari e tribali che vengono da lontano, che spesso danno origine a conflitti che si trasmettono da una generazione all’altra, senza nessuna intenzione di giungere al perdono reciproco e alla riconciliazione. Eppure molti di loro possono essere considerati ferventi cristiani praticanti che si adoperano onestamente per fare il bene. La riconciliazione, la giustizia e la pace sono opere della grazia di Dio, che ci giunge attraverso la Parola di Dio e i sacramenti, soprattutto quello della Confessione e dell’Eucaristia. Sono dunque necessarie due cose: 1) Una celebrazione più regolare del sacramento della confessione e dell’Eucaristia, che sono i sacramenti di salvezza, comunione e servizio. 2) Una proclamazione più profetica della Parola di Dio, sempre e comunque.

Stanno diminuendo i cristiani, soprattutto i giovani, che si accostano al sacramento della Confessione e, quando lo fanno, non ne vengono toccati nel profondo. Si tratta piuttosto di un atto rituale, come le cerimonie tradizionali di riconciliazione e purificazione. Quanti vi partecipano, anche se esteriormente riconciliati, covano ancora sentimenti di odio e rancore che possono condurre alla vendetta qualora se ne presenti l’occasione.

Una celebrazione più frequente e comunitaria del sacramento della Confessione secondo il nuovo rito pubblicato pochi anni fa, che fa profondo riferimento alla Parola di Dio, potrebbe far emergere più efficacemente la dimensione sociale del peccato e delle sue conseguenze e sottolineare il fatto che la riconciliazione non è semplicemente un fatto privato con Dio, ma comporta anche la riconciliazione reciproca; essa ristabilisce la pace e l’armonia in seno alla comunità ed esige l’adempimento degli obblighi sociali e la pratica della giustizia. Una tale celebrazione invita l’intera comunità a rallegrarsi come si legge nella parabola del figliol prodigo.

Abbiamo bisogno di Sacerdoti che siano più disponibili ad amministrare il Sacramento della Confessione, sull’esempio del Curato D’Ars, e che lo facciano in modo significativo, con un tocco personale e dispensando una consulenza spirituale basata sulla Parola di Dio.








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