Appello per la pace in Congo dal Sinodo per l'Africa
Sesta Congregazione generale, stamani, per il Sinodo del Vescovi per l’Africa, in
corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, la giustizia e la pace. Dopo il
suffragio per l’elezione dei membri della Commissione per il Messaggio, la discussione
è proseguita sui alcuni temi. Tra i principali, “la teoria del genere”, l’operato
delle Commissioni Giustizia e Pace, i rischi rappresentati dai gruppi neo-pentecostali.
In chiusura di Congregazione, poi, l’appello alla pace nella Repubblica Democratica
del Congo. Il serviziodi Isabella Piro: L’Africa
si racconta, nell’Aula del Sinodo, racconta le sue difficoltà, ma anche le sue speranze,
i suoi rapporti con il mondo Occidentale. Rapporti difficili, a volte, come nel caso
del “pensiero unico” che vuole imporre all’Africa ciò che non le appartiene. Un esempio
su tutti: la “teoria del genere” che nega il disegno di Dio, separando il sesso biologico
dall’identità maschile o femminile. In questo modo, si è detto in Aula, si distrugge
il senso della famiglia e si mira ad introdurre delle leggi favorevoli all’aborto
e alla contraccezione. Di scena anche la Guinea Conakry, devastata,
nei giorni scorsi, da violenze e disordini politici. I Padri Sinodali hanno quindi
ringraziato il Papa per il suo appello alla pace nel Paese, lanciato domenica scorsa
all’Angelus. E un secondo appello è giunto al termine della Congregazione, quando
è stata letta una lettera a firma di alcuni Padri Sinodali. Nel testo, si esprime
solidarietà nei confronti della Repubblica Democratica del Congo, in cui i cristiani
hanno subito violenze negli ultimi giorni, e si auspica la pace per l’intero continente
africano. Poi, spazio all’operato delle Commissioni Giustizia
e Pace, per le quali si è raccomandato il rafforzamento dei legami con le Conferenze
episcopali di competenza, per evitare strumentalizzazioni politiche. A questo proposito,
suggerita l’istituzione di Osservatori regionali sulla politica nazionale per far
sì che le istituzioni guardino sempre al bene comune. E ancora,
i Padri Sinodali hanno riflettuto sul problema dei gruppi neo-pentecostali, che tanta
presa hanno sui giovani. Per questo, si è detto in Aula, le parrocchie devono diventare
un punto di riferimento per tutti i ragazzi, in modo che nessuno si senta anonimo,
diventando preda delle sètte. Quindi,l’Aula ha guardato al grande
esempio dei Santi, definiti “vero tesoro della Chiesa locale”, capaci di evangelizzare,
inculturare e riconciliare. Ieri pomeriggio, invece, l’Aula
del Sinodo ha affrontato il tema della corruzione, ribadendo un “no” fermo contro
questa piaga, che a volte coinvolge anche politici cattolici, dimostrando che occorre
una seria formazione sulla Dottrina sociale della Chiesa. Poi, spazio ai bambini,
definiti “artigiani di pace” perché insegnano ai genitori che la violenza in famiglia
è intollerabile. Ribadita, inoltre, l’importanza della comunicazione ecclesiale con
l’auspicio che tutte le strutture della Chiesa dispongano di mezzi di comunicazione
appropriati, così da inculturare l’educazione civica e favorire l’evangelizzazione.
Infine, la riflessione sì è fermata anche sugli Ogm che offrono,
sì, grandi possibilità di sviluppo, si è detto, ma il cui utilizzo richiede ancora
uno studio accurato degli impatti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.
Come
abbiamo sentito particolarmente difficile la situazione per la comunità cristiana
nella Repubblica Democratica del Congo: ascoltiamo in proposito la testimonianza di
mons. Fridolin Ambongo Besungu, vescovo di Bokungu Ikela, al microfono di Paolo
Ondarza:
D. – Quali
sono le aspettative di questo secondo Sinodo dei vescovi che si svolge a 15 anni di
distanza dal primo dedicato all’Africa? R. – Ci aspettiamo tanto
da questo Sinodo. Il nostro Paese, la Repubblica Democratica del Congo, ha molto sofferto
in questi ultimi 10, 15 anni. Io non sono solo vescovo e pastore in Congo ma sono
anche presidente della Commissione Giustizia e Pace. Abbiamo vissuto delle realtà
dolorose e allora noi da questo Sinodo ci aspettiamo proprio che la Chiesa in Africa
parli con voce forte per porre fine alla sofferenza del popolo africano, in particolare
del popolodei Grandi Laghi, cioè del Congo, del Rwanda e del
Burundi, questi tre popoli hanno molto sofferto. Vogliamo anche sensibilizzare le
altre Chiese a questa dimensione internazionale del conflitto che stiamo vivendo.
Io penso in particolare allo sfruttamento delle risorse naturali di cui si approfittano
tutti ma non i popoli che vivono lì. D. – Come il resto del
mondo guarda a voi? Che percezione avete? Come la stampa parla di voi? R.
– Non parlano di noi molto. Parecchi non dicono la verità sulla nostra realtà. Ognuno
ha il suo punto di vista. Noi non abbiamo i mezzi di comunicazione come qui in Europa
e per questo tramite questo Sinodo vogliamo che la verità esca fuori. Poi le altre
Chiese possono anche aiutarci per far capire la realtà della nostra situazione in
Africa. D. – Quali sono le difficoltà della Chiesa nella Repubblica
Democratica del Congo? R. - Noi condividiamo la sofferenza del
nostro popolo: se il popolo soffre anche la Chiesa cattolica soffre. Ma la più grande
difficoltà è che a volte abbiamo l’impressione di predicare nel deserto, con tutti
questi capi che ammazzano i popoli: noi parliamo ma la nostre voce non è influente. D.
- In rapporto alle altre religioni come si pone la Chiesa cattolica? R.
– C’è una buona collaborazione fra noi e le altre Chiese. Ma ci sono anche nuove Chiese
e sètte che lavorano e che sono nate proprio dalla volontà di diminuire la forza della
Chiesa cattolica, perché alcune di queste Chiese sono fondate dai politici proprio
per… D. - …togliere consensi alla Chiesa… R.
– Sì, e poi anche per indebolire la Chiesa cattolica. D. – E’
un problema che voi come cercate di arginare? R. – Noi cerchiamo
di aiutare i fedeli cristiani a vivere la loro fede in profondità e anche a vivere
le conseguenze della loro fede in pratica nella realtà sociale.