Lettera pastorale dei vescovi dello Zimbabwe sulla riconciliazione nel Paese
“Per fermare la spirale della violenza, dell’umiliazione, dell’oppressione e dello
sfruttamento” in Zimbabwe occorre fare conoscere la verità su quanto avvenuto, e “riconoscere
apertamente e pubblicamente che la violenza è stata parte della nostra vita e della
nostra storia” . È quanto scrivono i vescovi dello Zimbabwe nella lettera pastorale:
“Guarigione nazionale e riconciliazione” pubblicata nei giorni scorsi, prima dell’inizio
del Sinodo. In questo senso, proseguono, “le vittime devono poter raccontare le loro
storie in un clima di libertà e sostegno”, mentre “i responsabili devono assumersi
la responsabilità dei loro peccati”. Nel documento i presuli esaminano in dettaglio
le radici delle ferite che hanno lacerato l’ex Rhodesia, distinguendo tre fasi della
storia del Paese: quella precoloniale, quella coloniale e quella successiva all’indipendenza.
Questo perché, scrivono, “ogni epoca ha le sue fonti di conflitto” e tuttavia “le
diverse epoche hanno profondamente influenzato le successive”. Cosi “i conflitti che
esistevano prima del colonialismo sono stati utilizzati dal sistema coloniale secondo
il principio del ‘divide et impera’ per mantenere il potere e alcuni di questi metodi
e strategie sono stati ereditati e perpetuati nel periodo post-coloniale”. Alle rivalità
tra le principali etnie che hanno preceduto la colonizzazione – ricorda la lettera
- si è aggiunta, durante la colonizzazione britannica, la discriminazione razziale,
che “ha creato risentimento tra i neri” e odio tra i diversi gruppi che costituiscono
la popolazione dello Zimbabwe. Se l’indipendenza sembrava, in un primo momento, avere
portato maggiore benessere e libertà “si è dimenticato di provvedere ai bisogni di
coloro che sono rimasti traumatizzati dalla guerra di indipendenza, specialmente gli
ex combattenti”. “Abbiamo ignorato – aggiungono - quelli che erano sconvolti fisicamente
e psicologicamente dalla povertà, dalla discriminazione e dall’oppressione”. Per guarire
le ferite di oggi occorre quindi guarire quelle lasciate dal passato. “Perché possa
avere luogo un’autentica riconciliazione e guarigione nazionale – sottolinea in conclusione
la lettera - è necessario che l’intera nazione partecipi a un vasto processo sostenuto
da una forte volontà politica e dal desiderio di riconciliare e guarire il Paese”.
Un’impresa – ribadiscono i presuli - a cui la Chiesa locale vuole continuare a dare
il suo attivo contributo. Lo Zimbabwe è da poco uscito da una grave crisi politica
precipitata dopo le elezioni presidenziali del 2008. Le consultazioni, infatti, sono
state contrassegnate da tumulti, violenze, intimidazioni, ed accuse di brogli tra
la maggioranza, guidata dal presidente Robert Mugabe al potere da 29 anni, e l’opposizione
di Morgan Tsvangirai. All’inizio dell’anno si è giunti ad un accordo per un governo
di unità nazionale, con Mugabe come presidente e Tsvangirai primo ministro. Il Paese
è anche alle prese anche con una grave crisi economica che ha costretto molti cittadini
a emigrare. (L.Z.)