2009-10-07 15:47:04

Lettera pastorale dei vescovi dello Zimbabwe sulla riconciliazione nel Paese


“Per fermare la spirale della violenza, dell’umiliazione, dell’oppressione e dello sfruttamento” in Zimbabwe occorre fare conoscere la verità su quanto avvenuto, e “riconoscere apertamente e pubblicamente che la violenza è stata parte della nostra vita e della nostra storia” . È quanto scrivono i vescovi dello Zimbabwe nella lettera pastorale: “Guarigione nazionale e riconciliazione” pubblicata nei giorni scorsi, prima dell’inizio del Sinodo. In questo senso, proseguono, “le vittime devono poter raccontare le loro storie in un clima di libertà e sostegno”, mentre “i responsabili devono assumersi la responsabilità dei loro peccati”. Nel documento i presuli esaminano in dettaglio le radici delle ferite che hanno lacerato l’ex Rhodesia, distinguendo tre fasi della storia del Paese: quella precoloniale, quella coloniale e quella successiva all’indipendenza. Questo perché, scrivono, “ogni epoca ha le sue fonti di conflitto” e tuttavia “le diverse epoche hanno profondamente influenzato le successive”. Cosi “i conflitti che esistevano prima del colonialismo sono stati utilizzati dal sistema coloniale secondo il principio del ‘divide et impera’ per mantenere il potere e alcuni di questi metodi e strategie sono stati ereditati e perpetuati nel periodo post-coloniale”. Alle rivalità tra le principali etnie che hanno preceduto la colonizzazione – ricorda la lettera - si è aggiunta, durante la colonizzazione britannica, la discriminazione razziale, che “ha creato risentimento tra i neri” e odio tra i diversi gruppi che costituiscono la popolazione dello Zimbabwe. Se l’indipendenza sembrava, in un primo momento, avere portato maggiore benessere e libertà “si è dimenticato di provvedere ai bisogni di coloro che sono rimasti traumatizzati dalla guerra di indipendenza, specialmente gli ex combattenti”. “Abbiamo ignorato – aggiungono - quelli che erano sconvolti fisicamente e psicologicamente dalla povertà, dalla discriminazione e dall’oppressione”. Per guarire le ferite di oggi occorre quindi guarire quelle lasciate dal passato. “Perché possa avere luogo un’autentica riconciliazione e guarigione nazionale – sottolinea in conclusione la lettera - è necessario che l’intera nazione partecipi a un vasto processo sostenuto da una forte volontà politica e dal desiderio di riconciliare e guarire il Paese”. Un’impresa – ribadiscono i presuli - a cui la Chiesa locale vuole continuare a dare il suo attivo contributo. Lo Zimbabwe è da poco uscito da una grave crisi politica precipitata dopo le elezioni presidenziali del 2008. Le consultazioni, infatti, sono state contrassegnate da tumulti, violenze, intimidazioni, ed accuse di brogli tra la maggioranza, guidata dal presidente Robert Mugabe al potere da 29 anni, e l’opposizione di Morgan Tsvangirai. All’inizio dell’anno si è giunti ad un accordo per un governo di unità nazionale, con Mugabe come presidente e Tsvangirai primo ministro. Il Paese è anche alle prese anche con una grave crisi economica che ha costretto molti cittadini a emigrare. (L.Z.)







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