Fede e scienza il tema del recente confronto pubblico tra mons. Gianfranco Ravasi
e il genetista Axel Kahn
“Fede e scienza” è la conferenza che si è svolta venerdì scorso a Roma presso il Centro
culturale San Luigi di Francia. L’iniziativa, che rientra nelle manifestazioni per
l’inaugurazione della nuova mediateca, ha visto la partecipazione di mons. Gianfranco
Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e del professor Axel Kahn,
genetista e presidente dell’università Descartes di Parigi. L’importanza di questo
incontro viene sottolineata dallo stesso mons. Gianfranco Ravasi al microfono
di Romilda Ferrauto:
R. - L’esperienza
prima di tutto è significativa anche per la cornice dell’ambasciata di Francia, un
Paese che tradizionalmente è laico nella sua stessa struttura ma che rivela sempre
di più, soprattutto in quest’ultimo periodo, un interesse anche per il dialogo interculturale
con espressioni che siano anche differenti che provengono dal mondo religioso. Io
con il professor Kahn affronto due temi in particolare. Da un lato, la necessaria
distinzione tra scienza e fede: due ambiti che devono custodire le loro frontiere.
Però, se è vero che i metodi, i percorsi, gli itinerari sono distinti, è anche vero
che possono esserci degli incroci, degli incontri. Qualche volta, gli incontri possono
avere anche scontri: però la via da seguire è quella di far sì che alla teoria dei
due livelli subentri una teoria del dialogo tra i due campi.
D. - Il
professor Kahn, pur autodefinendosi un agnostico, dice che i suoi ragionamenti alla
fine combaciano con quelli della Chiesa cattolica. Come accoglie, eccellenza, una
dichiarazione di questo tipo? R. - Da un lato, egli sottolinea
in maniera abbastanza netta la sua profonda formazione scientifica, però dall’altra
parte continua a marcare con insistenza il fatto di interessarsi alla metafisica,
alla filosofia, e anche a temi etico-religiosi. Questo fa sì che proprio una figura
di questo genere diventi estremamente interessante per un confronto e un dialogo,
perché anche la mia stessa esperienza personale nasce proprio da una matrice che è,
ovviamente, di tipo teologico-filosofico e umanistico, però dall’altra parte ho sempre
avuto una grande curiosità, un grande interesse per il mondo scientifico. Credo, quindi,
che su questo possiamo trovare una specie di crocevia. D. -
Si può arrivare alla fede passando per la scienza?
R. - La tradizione
cristiana, filosofica cristiana, afferma di sì. Anzi, se noi stiamo alla dichiarazione
di Sant’Agostino, una fede che non è pensata - lui diceva - è nulla: cioè, la ragione
e la fede devono ininterrottamente intrecciarsi tra di loro. D.
- Comunque, siamo di fronte a una delle più grosse sfide della società attuale... R.
- La società attuale, effettivamente, si trova di fronte, da un lato, a una tentazione
molto forte di emarginare il pensiero religioso considerandolo come una sorta di reperto
del paleolitico culturale. Questa tentazione qualche volta è espressa in un mondo
secolarizzato in forme anche aggressive: pensiamo alla cosiddetta “ateologia”, cioè
la negazione della religione in una maniera aggressiva, in una maniera molto superficiale,
certe volte perfino fondamentalista. Dall’altra parte, dobbiamo riconoscere che la
cultura, la società contemporanea si interessano sempre di più in maniera sorprendente
alle domande che fioriscono e che non hanno risposta nel mondo della scienza: hanno
risposta nel mondo della sapienza, cioè della filosofia, della teologia, di altri
orizzonti.